Una Serata Diversa

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Le parole comparirono sullo schermo e spostai lo sguardo altrove. Denise stava ancora scrivendo al computer e di Victor non c'era neanche l'ombra; passato qualche minuto, dopo che lo schermo si era oscurato, decisi di leggere ciò che stava scritto in quelle due righe.

- Amanda, stasera puoi passare da me? Ti prego, ho bisogno di parlarti. -

Non volevo vederlo, o meglio, non volevo vedere quei segni sul suo collo.

- Non nella tua stanza, è deprimente, andiamo altrove -

Rilessi la risposta più volte. L'avevo davvero inviato?

- E dove andiamo? -

- Dove vuoi -

Le dita iniziarono a tremare, segno che erano sicuramente impazzite. Chiedevo loro di smetterla, di mettere via il telefono e lasciar perdere tutto, ma non mi davano ascolto.

- Andiamo a bere, ti ho vista "assetata" l'altra sera ahahahahahah -

Rimasi impassibile di fronte alla sua risposta: non c'era nulla da ridere.
Cosa cercava di ottenere?

- Sarò da te alle otto, fatti trovare pronto -

Finalmente spensi il telefono, anche se ormai il danno era fatto.









La mattinata trascorse lenta, cercavo di pensare il meno possibile a Luke e a quello che sarebbe potuto succedere quella sera.
Se ci avessero visto insieme? Se James ci avesse visto insieme? Cosa gli avrei detto, dato che sarei tornata a casa più tardi? Dirgli che rimanevo al lavoro mi sembrava esagerato: mentirgli così spudoratamente mi faceva pensare che forse quello che stavo facendo non era del tutto giusto.
«Cosa farai stasera?» Alzai subito gli occhi verso Denise, che mi stava fissando seria.
«Nulla di particolare, tu?» Non capivo perché si interessasse tanto a me; parlavamo ben poco nonostante ci conoscessimo da oltre un anno, o meglio, eravamo colleghe da oltre un anno. Lei si faceva i fatti suoi, limitandosi a relazionarsi con me per il lavoro e io, di conseguenza, facevo altrettanto.
«Il figlio di Victor fa diciannove anni e ha chiesto a tutti i dipendenti di venire al Fabber stasera, quindi mi chiedevo se ci fossi anche tu.» Mi stupii di come il suo tono fosse rimasto neutro per tutto il tempo, senza che trapelasse nessun tipo di emozione.
«No, non vengo, meglio se sto a casa a riposare, sai per evitare altri acciacchi.» Ridacchiai, ma mi resi conto di essermi sforzata più del dovuto. Vidi il suo sopracciglio incurvarsi lievemente per poi riprendere a fare il suo lavoro, come se non mi avesse chiesto nulla.
"Meglio così", pensai tornando seria e concentrandomi sul lavoro che mi attendeva.





Finalmente potei rilassarmi con la pausa pranzo.
Mi diressi alla mensa dell'azienda per gustarmi un bel pezzo di pizza, quando delle voci interruppero la mia quiete. Mi voltai, notando un gruppetto di miei colleghi che entrava, seguito da Victor e un altro ragazzo che, purtroppo, riconobbi all'istante.
«Ciao, Amanda.» Ormai avrei riconosciuto quel timbro fastidioso ovunque; guardai Gregg che sorrideva in modo palesemente falso, aspettando una mia risposta.
«Ciao.» Sorrisi più falsa di lui, mentre il gruppetto con cui era arrivato si fermò di fronte a noi.
«Vedo che conosci mio figlio.» Victor mi sorrise lievemente e io, mio malgrado, annuii.
«Sì, l'ho conosciuto un giorno che era qua in ufficio.» Incurvai le labbra in modo più sincero, sentendo la sedia accanto a me strisciare.
«Papà, rimango a fare due chiacchiere con Amanda, voi andate pure.» Il padre sorrise in segno di assenso, allontanandosi insieme agli altri, mentre Gregg puntò gli occhi su di me, fissandomi con talmente tanta insistenza da farmi venire il nervoso; ero adulta e, di conseguenza, dovevo dimostrarmi tale e trattenermi.
«Che diavolo vuoi da me?» Come non detto.
«L'hai coperto, vero?» Mi squadrò ancora, in cerca di qualcosa, e allora capii che forse si riferiva alla maledetta macchia rossa che mi aveva lasciato qualche giorno prima.
«Sì, l'ho coperto. E tu sei un idiota!» Ripresi a mangiare la mia pizza, cercando di ignorarlo; era incredibile come riusciva a tirare fuori la ragazzina che era in me. Mi consolai pensando che era una reazione al fatto che lui lo fosse, ma in fondo sapevo che non era del tutto così.
«Lo so, mi dispiace, non volevo, ma tu eri così...» Lasciò la frase sospesa nel nulla e, con un pizzico di curiosità, mi voltai a guardarlo, notando il suo sguardo perso.
«Vai avanti» lo esortai.
«Eri così bella.» Tornò a guardarmi negli occhi e quasi mi mancò il respiro. I suoi erano scuri, ma con leggere sfumature di verde che, in quel preciso istante, sembrava potessero penetrarmi l'anima. Sembrava sincero.
«Grazie...» Riuscii a dire per poi tornare a mangiare il mio pranzo. Mi sentivo a disagio, all'improvviso.
«Non avrei dovuto farlo, mi dispiace.» Si stava scusando? Incredibile. Stentai a crederci, ma lo guardai con un mezzo sorriso a sfiorarmi le labbra, per poi alzarmi e riporre le stoviglie sporche nell'apposito contenitore.
«Tanto non accadrà mai più.» Rimasi fissa su di lui, osservando il suo volto farsi più cupo.
«Lo so, preferisci Luke, anche se non capisco cosa ci trovi.» Sbuffò e immediatamente roteai gli occhi; ancora credeva che tra me e Luke ci fosse qualcosa? Ma se era andato a letto con la ragazza del ballo!
«Togliti dalla testa che tra me e Luke ci sia qualcosa e possa mai accadere, siamo amici e basta... e poi è piccolo.» Sbuffai anche io, spazientita, e lui si alzò, guardandomi con un mezzo sorriso beffardo.
«L'amore non ha età, ricorda.» E detto ciò si allontanò, senza neanche darmi il tempo di ribattere, non che avessi nulla da dire. Di certo non era il mio caso.



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