Dialoghi Inaspettati

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Dopo avergli raccontato ogni cosa da quando avevo incontrato Luke, al fatto che volessi aiutarlo, delle scappatelle di James – tralasciando ovviamente i baci con Luke e la faccenda di Yuri –, attendevo una sua reazione, che arrivò quasi nell'immediato: una fragorosa risata che si stava protraendo più del dovuto.
«Si può sapere che hai da ridere?» sbottai, sentendo un bruciore alimentarsi all'altezza del petto; non mi aspettavo certo di essere consolata, ma neanche che ridesse delle mie sventure.
Dato che l'unica risposta che ottenni fu il prolungarsi delle sue risa, mi alzai di botto, aprendo la porta che divideva le nostre stanze.
«Vattene!» pronunciai decisa, riuscendo a farlo smettere. La sua espressione tornò normale e si alzò, piazzandosi di fronte a me con un sorrisino divertito.
«Non te la prendere, ma è buffo.» Si lasciò andare a un'ulteriore risata, anche se più lieve, facendo scaturire in me solo altra rabbia.
«È divertente che il mio ragazzo mi tradisca? È divertente che Luke gli abbia tirato un pugno? È divertente che la mia vita stia andando letteralmente in frantumi?!» Alzai il tono della voce, esternando completamente tutto ciò che mi stava facendo male al cuore e all'anima.
«No, Amanda, quello no... mi riferisco al fatto che tu voglia aiutare Luke senza un motivo.» Il suo sguardo troneggiò su di me, tornando leggermente serio. Non sapevo come ribattere, non ero ancora pronta a raccontare a qualcuno quella parte della mia vita, del college, delle sofferenze, delle prese in giro, delle insicurezze; solo mia sorella ne era a conoscenza e, ovviamente, chi ne aveva fatto parte, ossia Candice e Francisco.
«Cosa c'è di male? Mi spiaceva vederlo così... indifeso» borbottai, non sapendo cosa inventarmi sul momento.
«Indifeso?» rise di nuovo «Amanda, è un ragazzo, i ragazzi non sono... indifesi» replicò con ovvietà, ridendo ancora.
Aveva ragione, ma non potevo certo raccontargli il vero motivo, anche perché ormai non ne ero più sicura nemmeno io.
«Senti Gregg, il punto non è perché ho deciso di aiutare Luke.» Sospirai, tornando a sedermi sul letto a gambe incrociate. Iniziavo a pensare di aver fatto un enorme sbaglio a dirgli tutte quelle cose, alla fine aveva solo diciannove anni. Cosa ne poteva sapere lui della vita?
«Infatti, il punto è che ti piace.» Sbarrai gli occhi, guardano la sua figura ancora in piedi accanto alla porta semi aperta.
«Mi... piace? Cosa vuol dire che mi piace? È ovvio che mi piace, siamo amici!» Assunsi un'espressione confusa, non capivo dove volesse andare a parare.
«Ti piace e siete amici? Che razza di senso ha?!» Aprì le braccia, guardandomi confuso, quasi quanto lo ero io.
«Tu hai detto che mi piace!» Gli puntai il dito contro e lui scosse la testa per poi ridere di nuovo.
«Ok, sarò più chiaro. Tu provi qualcosa per Luke che va oltre l'amicizia» concluse, incrociando le braccia al petto e avvicinandosi a me.
«Cosa!? Ma come ti viene in mente?! Oddio, dovete smetterla tutti di pensare che io e Luke potremmo stare insieme.» Sbuffai irritata, passandomi le mani nei capelli; era stata davvero una pessima idea dirgli tutto.
«E tu vuoi farmi credere che stai aiutando Luke ad acquisire più fiducia in se stesso, senza un apparente motivo e senza provare nulla per lui?» Si sedette accanto a me senza staccarmi gli occhi di dosso.
«Sì, è così. All'inizio volevo aiutarlo a conquistare Stacy, ma ora che c'è Rachel...» Mi interruppe bruscamente.
«Rachel?! Cosa? Rachel Morris?» Strabuzzò gli occhi, guardandomi.
«Non lo so... so solo che si chiama Rachel.»
«Se è quella con cui l'ho visto prima di partire è sicuramente lei... porca troia... non credevo potesse davvero mettersi con lui, cioè dai andiamo lei è una figa pazzesca, mentre Luke è uno sfigat...» Mi ero resa conto stesse parlando da solo, in quanto non mi degnava più di attenzione, ma ciò non mi vietò di tirargli uno schiaffo sulla nuca per impedirgli di dire quelle parole.
«Smettila di fare il coglione, Luke non è uno sfigato, è un ragazzo dolcissimo» protestai, tirandogli un altro schiaffetto sul braccio.
«E poi vorresti dirmi che non provi nulla per lui?! Oh, Amanda, l'ho capito io e non lo capisci tu? Si vede da come ne parli!» Si passò le mani nei capelli, frustrato, alzandosi e iniziando a camminare per la stanza.
«Scusa, ma cosa ne vuoi sapere tu di cosa provo io?!» mi impuntai, alzandomi a mia volta.
«Perché è come mi sento io quando parlo di Stacy o quando sto con lei, io la amo.» Mi rivolse uno sguardo fugace, continuando a camminare disperato. Aggrottai la fronte e lo studiai.
«Se la amassi non la tradiresti con tutte quelle ragazze.» Indicai verso la sua stanza, ricordandomi della sera precedente.
«Ma loro non sono nulla!» urlò, cogliendomi alla sprovvista e facendomi sobbalzare. «Tutto ciò che ho fatto con loro e che ho provato non è lontanamente vicino a ciò che provo quando sto con Stacy! Lo so che ho sbagliato, le ho fatto del male, ma io la amo davvero. A volte bisogna provare a stare con altri per capire quanto si ami davvero qualcuno.» Si fermò in un punto della stanza per voltarsi a guardarmi: aveva un'espressione rammaricata e potevo cogliere tutto il suo dispiacere.
E se anche per James fosse stato così? Se anche lui aveva bisogno di stare con altre per capire che mi amava? E io non gli avevo dato neanche il tempo di spiegarsi.
No.
Quel ragionamento non funzionava.
Se ami una persona non la tradisci per nulla al mondo.
«Ed ecco perché Luke sta con Rachel, lui vuole te.» Quelle parole mi lasciarono spiazzata. Niente di tutto ciò aveva un senso; stare con una persona e volerne un'altra? No, era illogico e dannatamente stupido.
«Gregg, sarò sincera, tutto ciò che stai dicendo non ha senso, non stai con qualcuno perché vuoi qualcun altro e soprattutto non tradisci la persona che ami.» Sbuffai guardandolo e lui scosse la testa.
«Va bene, pensala come vuoi, non spetta a me farti capire come stanno le cose, ma riflettici.» Uscì dalla mia stanza come un lampo per poi sbattere la porta, lasciandomi a bocca aperta. Non c'era nulla su cui riflettere, aveva torto e basta.




Il giorno seguente ci impegnammo a preparare le valigie per il nostro ritorno, senza toccare in alcun modo l'argomento della sera prima.
«A che ora c'è il volo?» mi chiese, affacciandosi alla porta della mia stanza, mentre finivo di ritirare il pigiama.
«Alle due e quaranta, ma andiamo là per le due, così siamo sicuri» riposi, senza neanche guardarlo.
«Sì, sì così non lo perdiamo e bla bla bla...» Sbuffò e mi girai spazientita.
«Sì, infatti, non voglio perdere il volo per nessuna ragione al mondo!» Sbuffai a mia volta, trafiggendolo con lo sguardo.
«Per rivedere Luke.» Alzò le sopracciglia più volte e in tutta risposta si beccò il flacone di bagnoschiuma sul braccio, la prima cosa che mi era capitata tra le mani.
«Smettila!» Raccolsi il flacone mentre si allontanava ridendo. Non ero più una ragazzina, ma lui mi mandava davvero su tutte le furie.
Soprattutto non capivo perché mi desse così fastidio il fatto che alludesse a me e Luke come una possibile coppia.
Chiusi la valigia a fatica e la portai sulla porta d'ingresso, dove un facchino era già pronto a portarle nella hall.
Scesi dopo aver controllato di non aver dimenticato nulla e subito mi accorsi di Andrea, il barista; cercai di non farmi vedere, ma prima che potessi sparire mi vide, facendomi cenno di avvicinarmi.
«Amanda, ciao.» Mi sorrise gentilmente, come se la nostra conversazione non avesse mai preso quella piega negativa.
«Hey, ciao.» Sorrisi di rimando, avvicinandomi, quando una voce mi chiamò, salvandomi.
«Amandaa!» Mi girai verso Gregg che si avvicinava a passo svelto verso di noi.
«Dimmi.» Sorrisi raggiante, come per ringraziarlo di avermi salvata.
«C'è stato un problema con l'aereo, parte tra mezz'ora e non ce ne saranno altri!» A quella notizia i miei occhi si spalancarono come non avevano mai fatto: non potevamo perdere quel volo.
Per arrivare all'aeroporto ci avremmo messo un quarto d'ora, se ci fossimo dati una mossa ce l'avremmo fatta.
«Allora muoviamoci!» lo esortai, iniziando a muovermi verso l'uscita; salutai in fretta Andrea, andando verso la macchina che già ci aspettava.

Niente.
Non c'era stato niente da fare, eravamo riusciti a perdere l'unico aereo della giornata.
Tornammo sconsolati all'hotel e mi rivolsi alla receptionist per informarla che avremmo usufruito della stanza ancora per quella notte.
«Mi spiace, ma la camera l'abbiamo già data via e non abbiamo altre stanze disponibili.»
«Come?! Neanche una singola?» La ragazza scosse la testa e si limitò a fissarmi con aria desolata.
Perfetto. Eravamo bloccati lì senza neanche un posto in cui andare.
Presi un respiro profondo prima di tornare da Gregg che se ne stava comodo sulle poltrone dell'hotel; appena mi vide balzò in piedi.
«Quindi?» chiese, guardandomi con un barlume di speranza negli occhi.
«Niente, non possiamo stare qui, stanze tutte occupate.» Sospirai sconfitta, lasciandomi cadere dove poco prima c'era lui.
«E dove dovremmo stare?!» Alzò la voce, facendola risultare stridula e fastidiosa. Ero stanca e neanche a me allettava molto l'idea di girovagare senza meta in una città che non conoscevo.
«Non lo so Gregg, non lo so.» Mi lasciai andare sul divanetto, chiudendo gli occhi: lo stress mi aveva fatto venire mal di schiena.
«Bene.» Sbuffò e si mise accanto a me, producendo uno spostamento d'aria che mi fece riaprire gli occhi; aveva il broncio e si era impuntato a guardare la parete di fronte a sé.
Repressi l'istinto di sbuffare e dato che in quella situazione l'adulta ero io, dovevo comportarmi di conseguenza e di certo un altro luogo in cui alloggiare per la notte non sarebbe caduto dal cielo.
«Dai, andiamo a cercare un posto.» Mi alzai, anche se controvoglia, prendendo le nostre valigie e dirigendomi fuori senza neanche aspettarlo.
Ero sull'orlo di una crisi di nervi e la fame mi stava attanagliando lo stomaco, ma dovevo resistere.


Camminavamo ormai da un'ora, prima che mi decisi a fermarmi in un bar: non ce la facevo più, sarei svenuta da un momento all'altro se non avessi mangiato qualcosa.
Dissi a Gregg di aspettarmi fuori mentre entravo a prendere due panini; mi avvicinai al bancone per ordinare e appoggiai le mani su di esso, sospirando, in attesa di essere presa in considerazione, quando una figura troppo familiare si girò verso di me.
Francisco.
«Hey, ancora da queste parti?» Il suo solito ghigno era stato sostituito da un sorriso molto più bello e spontaneo.
«Sì, abbiamo perso l'aereo e...» Mi interruppe, guardandomi accigliato.
«Abbiamo?» Si guardò intorno, cercando qualcosa.
«Sì, io e il figlio di Victor, siamo venuti insieme.» Subito il sorriso tornò ad abbellirgli le labbra.
«Oh, quindi siete bloccati qui?» E il sorriso si trasformò in un ghigno.
«Sì e non sappiamo dove stare» mi lasciai sfuggire, pentendomene subito dopo.
«Oh, bene, allora ho un motivo in più per farti tornare a casa mia.»




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*revisionato*

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