Dopo pranzo andai a trovare mia sorella.
Non capivo perché Luke si comportasse così, però non sarei andata a cercarlo; forse era anche meglio staccarmi, prima di tutto dovevo accertarmi della possibile presenza di un bambino nel mio grembo.
Rabbrividii al solo pensiero.
Non sarei mai stata in grado di essere madre; se a malapena riuscivo a star dietro ai miei problemi, come potevo credere di poter prendermi cura di una creatura così indifesa?
Arrivai da Jennifer con tutti quei pensieri nella testa; scesi dalla macchina lisciando la gonna a pieghe che indossavo. Ero nervosa, sapevo che se l'era presa per la storia di Pasqua, ma non potevo certo dirle di Luke.
Quando aprì la porta e mi vide, la sua espressione contenta cambiò radicalmente.
«Che ci fai qui?» Il suo tono fece trasparire tutto il suo disagio.
«Volevo vedere come stavate.» Le sorrisi, ma lei rimase seria.
«Non stavi male? A me sembra che tu stia benissimo...» Incrociò le braccia al petto, socchiudendo leggermente gli occhi e trafiggendomi con lo sguardo.
«Sì, ora sto meglio... non volevo contagiare la piccola Carly» provai a difendermi, iniziando a tormetarmi le mani. Era ancora più difficile mentirle davanti agli occhi.
«Beh, non vorrei mai che mia figlia stesse male, soprattutto a causa tua. Ti conviene riprenderti e tornare solo quando sarai davvero guarita.» Poi fece una cosa che non aveva mai fatto: mi chiuse la porta in faccia.
Avevo percepito benissimo il sarcasmo nelle sue parole, avevo capito che c'era rimasta ancora più male di quanto potevo immaginarmi, come avevo capito che non si era bevuta la storia della malattia; ma cos'altro potevo fare?
Possibile che nessuno riuscisse mai a capire le mie motivazioni?
Certo, Jennifer non sapeva cosa le stavo nascondendo e, nonostante fosse così arrabbiata, dirle di Luke non le avrebbe fatto di certo passare il nervoso. Era molto meglio se rimanesse dell'idea che le avessi mentito per niente, anche se probabilmente mi avrebbe portato ad un suo silenzio per parecchio tempo.
Tornai in macchina perdendomi un attimo nei miei pensieri: Luke, James, Jennifer, il bambino, il lavoro.
Tutto stava andando lentamente in frantumi ed ero rimasta sola.
Magari non completamente, ma Luke mi era parso arrabbiato e non sapevo quanto sarebbe durata.
Lacrime amare iniziarono a scivolarmi lungo le guance. Stavo crollando di nuovo, stavo scappando dai miei problemi, di nuovo; ma era ora di smetterla, di affrontare quello che il destino mi stava riservando e sapevo anche da dove avrei dovuto iniziare: la gravidanza.Erano passati due giorni ed era mercoledì, i primi di aprile.
Come al solito avevo il pomeriggio libero; Luke non si era fatto vivo e io sicuramente non avevo intenzione di scrivergli.
Tra l'altro mi ero riempita di impegni per quel giorno: avevo deciso di prendere quel maledetto appuntamento dal ginecologo dell'ospedale e sarei andata anche a fare un po' di spesa, oltre che fare una scappata dall'estetista: mi sarebbe servito un bel massaggio.
La prima cosa che feci fu andare dritta al supermercato, approfittando che gli altri fossero ancora al lavoro e quindi non ci fosse troppo casino; sistemai le buste nel bagagliaio e salii in macchina diretta a casa.
Una volta riposto tutto il cibo, mi sedetti sul divano, cercando il numero del ginecologo; chiamai sentendo il cuore che pompava forte.
«Dottor Alec del reparto ginecologia, desidera?» Sembrava una voce giovanile. Il pensiero che fosse un maschio mi metteva di per sé in soggezione, ma se fosse stato anche più giovane mi avrebbe messa completamente a disagio.
«Buongiorno, vorrei prendere appuntamento per venerdì.» Sentivo la voce tremare, insieme alle mie mani.
«Certo... signorina... ?»
«Seyfried.» Deglutii, cercando di rimandare giù il nodo che mi si era formato in gola.
«Perfetto, venerdì pomeriggio per le cinque andrebbe bene?»
«Benissimo, grazie.»
«Bene, arrivederci.» Salutai, chiudendo la chiamata per poi trarre un respiro profondo: finalmente avrei saputo la verità.Passare dall'estetista per eliminare altri peli superflui e farmi fare un massaggio fu un'idea magnifica. Mi sentivo molto più rilassata e la maschera al viso che mi aveva regalato vedendomi stressata mi aveva fatto solo bene; Hilary era la migliore nel rinvigorire la sua clientela: l'avevo scoperta tramite un annuncio, qualche anno prima, quando mi ero trasferita in quella casa e da allora non l'avevo più mollata.
Tornai a casa che erano pressapoco le cinque, stanca ma rilassata; mi buttai sul divano, decidendo che avrei passato quelle ore per guardare un film. Passai diverso tempo a scartare drammi, fantasy, horror e azione; finché me ne ritrovai uno che destò la mia curiosità.
"20 anni di meno" era il titolo e, leggendo la trama, rimasi stupita da come praticamente stesse descrivendo la mia situazione sentimentale, con la piccola differenza che loro avevano più anni di differenza.
Mi alzai solo per prendere delle patatine che giusto qualche ora prima avevo comprato, risistemandomi subito dopo a gustarmi quel film, cogliendone similitudini e differenze con me.
Quando il film terminò erano quasi le sette; mi si era chiuso lo stomaco e non solo perché avevo praticamente finito il pacchetto di patatine, ma soprattutto perché mi venne una strana nostalgia di Luke.
Vedere quella coppia che come me stava lottando contro la differenza d'età, mi fece uno stranissimo effetto. Desideravo solo vederlo, baciarlo e dirgli che l'unica cosa che volevo era stare con lui; non m'importava se avevamo dieci anni di differenza, se la gente diceva che non era normale, non m'importava di nulla.
Volevo averlo, averlo per davvero.
Presi il telefono senza neanche pensarci e gli inviai un messaggio.
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Changes.
Fanfiction|Completa| A ventinove anni, Amanda stava riuscendo a costruirsi una vita lontana dal passato solitario della sua adolescenza. Eppure, quel giorno, tutto cambiò. Lì, nello stesso college in cui non era mai riuscita ad adattarsi, si riconobbe nello s...