Pasqua

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La continua vibrazione del mio telefono mi costrinse ad aprire gli occhi, trovandomi a fissare il soffitto della mia stanza. Sbuffai, mettendo fine a quello strazio e rispondendo.
«Pronto?» Il mio tono scontroso non avrebbe dato scampo a chiunque fosse dall'altra parte.
«Amanda, tesoro, come stai? Non mi hai più risposto, stai bene?» La voce preoccupata di Jennifer, al posto di confortarmi, mi rese ancora più irrequieta.
«Sì, sto bene Jenni, non ti preoccupare.» Sbuffai, ributtandomi sul letto ad osservare il soffitto.
«Ma se ieri stavi male... vieni da noi quindi?» Mi ero dimenticata del suo invito; la serata con Luke era riuscita a farmi dimenticare ogni cosa. Sorrisi al solo pensiero.
«No, cioè non sto bene, ma non è così grave... però è meglio se sto a casa, davvero Jenni, fidati, potrei contagiare Carly.» Fortunatamente potevo usare la bimba come scusa; forse leggermente meschino, ma il mio cervello non era ancora del tutto attivo per riuscire a distinguere il bene dal male.
«Va bene... riprenditi.» Chiuse la chiamata e non diedi nemmeno tanto peso al tono triste con cui mi aveva risposto; avevo una cosa molto più importante di cui occuparmi quella mattina. Il secondo test.
Mi alzai ancora nervosa per il risveglio brusco e mi diressi in bagno, prendendo quella scatoletta. Osservai la stecca per qualche secondo, in cui il mio cuore aveva preso a batter come un treno, e mi decisi a porre fine alla mia tortura mentale.
Mentre attendevo l'esito mi feci una bella doccia, spostando i pensieri dalla gravidanza a quello che avrei potuto preparare da mangiare per il pranzo; Luke sarebbe dovuto venire prima di mezzogiorno e non avevo ancora idea di cosa cucinare.
Una volta che mi fui asciugata i capelli, andai a recuperare lo stick da sopra il lavandino.
Positivo.
Un tremolio improvviso mi costrinse ad appoggiarmi per evitare di cadere, mentre il mio cuore esplodeva in un ritmo impazzito e l'immagine di me madre si stava impadronendo della mia mente.
Negativo e poi positivo.
Quale dei due diceva la verità?
Mi mancava ancora un ultimo test, ma come potevo essere sicura del risultato?
Dovevo avere l'assoluta certezza di essere o meno incinta e c'era un solo modo per ottenerla: la ginecologa.
Buttai quel dannato test nel cestino e andai in camera a prepararmi, cercando di dare una calmata ai miei pensieri impazziti; Luke non doveva intuire che c'era qualcosa che non andava, se fosse venuto a conoscenza del mio dubbio probabilmente avrebbe dato di matto e non ce l'avrei fatta a sopportare anche una sua esplosione.



Arrivò puntualissimo e quando gli aprii, lo trascinai praticamente dentro, chiudendo poi la porta per lasciargli un bacio veloce sulle labbra.
«Siamo di buon umore, vedo.» Rise, avvolgendo le braccia attorno alle mie spalle. In realtà non ero affatto allegra, ma volevo accantonare tutto per passare una bella giornata con lui.
«Buona Pasqua.» Sorrisi, alzandomi in punta di piedi per lasciargli un bacio sulla guancia pungente a causa della barba. «Quando ti tagli quel cespuglio?» chiesi, mentre andavamo in cucina.
«Vuoi davvero togliermi l'unico segno della mia virilità?» Ridacchiò, fingendo un'espressione indignata.
«La virilità si dimostra con i gesti.» Mi sentii afferrare da dietro per poi avvertire la sua barba sfregarmi la guancia e il solletico fastidioso mi provocò una risata incontrollata.
«Ammettilo che ami la mia barba.» Mi fece girare verso di lui, appoggiando le mani sul mio sedere.
«Forse...» Alzai gli occhi al cielo, in un'espressione pensierosa, avvolgendo le mani al suo collo mentre il suo sorriso si allargava; mi avvicinò al suo corpo annullando la distanza tra di noi.
«Lo sapevo e scommetto che c'è un'altra cosa che ami di me» sussurrò, assumendo un sorriso malizioso.
«E cosa?» sussurrai a mia volta, facendogli avvicinare il viso al mio.
«La vuoi vedere? Ce l'ho proprio qui...» Mi sfiorò le labbra con le sue e chiusi gli occhi pronta ad assaporarlo, ma lui premette più forte il suo corpo al mio, facendo scontrare i nostri bacini; un'ondata di eccitazione mi invase il corpo, spingendomi a baciarlo con foga.
Mi trovai seduta sul bancone della cucina con la sua eccitazione tra le gambe, che fremeva per essere soddisfatta; le sue mani si erano già impossessate del mio seno, massaggiandolo con un ritmo lento che mi stava facendo impazzire. Lo volevo mio, in quel momento, ma non avevo preservativi in casa e non potevo permettermi di fare un altro errore; mi staccai contro la mia volontà dalle sue labbra.
«Non... non possiamo.» Riuscii a dire, riprendendo fiato.
«Lo so... maledetto ciclo.» Sbuffò, togliendo le mani dal mio seno, ma tenendo gli occhi puntati su di esso. Mi ero dimenticata di avergli detto di avere il ciclo e anche se in quel momento mi stava salvando, avrei tanto voluto non averglielo detto: avevo un dannato desiderio di possederlo.
«Eh... sì.» Mi sedetti meglio sul mio appoggio, staccando le nostre parti intime; per quanto fosse bello, era meglio cercare di placare i miei ormoni che stranamente erano in fermento.
Che fosse un segno di un imminente ciclo? Ci sperai veramente molto.
«La smetti di fissarmi?» Risi, mentre mi allacciavo la camicia che mi era stata slacciata poco prima da lui.
«No ti prego, non coprire quelle meraviglie.» Si imbronciò, facendomi sorridere, ma scaturendo anche la voglia di baciarlo. E lo feci, lo baciai, stando attenta non far entrare in contatto i nostri corpi o sarebbe degenerato tutto.



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