Incertezze

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I giorni passavano lenti, al lavoro tutto sembrava normale; Victor non mi aveva detto nulla riguardo a quella specie di abbraccio a cui aveva assistito e soprattutto non mi faceva più uscire prima, anche se il venerdì mi lasciava comunque il pomeriggio libero.
Non capivo, non riuscivo proprio a concepire la sua scelta; avevo pensato a qualunque cosa: dal possibile licenziamento a... no, poteva essere solo quello e la paura si stava lentamente insidiando nella mia mente.
Di positivo c'era che con Luke stava andando tutto per il meglio; non eravamo più usciti in pubblico, ma almeno procedeva tutto liscio, il che mi rincuorava molto.
La seconda settimana di marzo stava iniziando e lui mi aveva già avvisato che la sera del suo compleanno l'avremmo passata insieme.

- Buongiorno ❤ -

Finalmente stavamo cominciando ad essere leggermente più dolci nei messaggi, anche se a volte la mia razionalita spuntava fuori, ricordandomi quanto fosse sbagliato quello che stavamo facendo.

- Buongiorno ❤ -

Risposi, uscendo dalla macchina per entrare nel mio ufficio.

- Stavo pensando... ma se stasera passassi da me e stessimo insieme? Mi manchi -

- Ma se ci siamo visti l'altro ieri! Ahahahaha -

- Appunto ahahahah, è già troppo tempo. Dai ti prego, magari ci vediamo un film, qualcosa, stiamo insieme... ti prego -

Accennai una lieve risata, entrando in ufficio; posai le mie cose sulla scrivania per poi prendere posto e accendere il computer.

- Va bene, quando esco dal lavoro passo da te, ma per le dieci vado a casa, intesi? -

- Sissignor Capitano ahahahah a stasera 😘 -

Scossi la testa senza nascondere un sorriso e proprio in quel momento comparve Victor sulla porta dell'ufficio, scrutandomi seriamente.
«Amanda, devi dirmi qualcosa?» Il suo tono era sicuramente accusatorio, anche se non ne capivo il motivo.
«No, cosa dovrei dirle?» Ritirai il telefono, alzandomi per andargli incontro.
«Lo sai, Amanda... vi ho visti.» Ridusse gli occhi a due fessure e lì capii che la domanda che voleva farmi fin dall'inizio se l'era tenuta dentro, sperando che fossi io a parlare. Ma non c'era proprio nulla da dire, non avevo neanche idea del perché Gregg mi fosse saltato addosso in quel modo.
«So che può sembrare qualcosa che in realtà non è, ma appunto... non lo è!» Mi sentivo agitata, per qualche inconscio motivo, era come se avessi fatto davvero qualcosa di sbagliato.
«Amanda, hai trent'anni e mio figlio diciannove... lo capisci anche tu che non è normale, vero?» Il suo sguardo severo mi mise addosso un senso di inadeguatezza. Anche se non riferito a Gregg, era comunque vero che stavo frequentando un diciannovenne, come era vero che non fosse normale.
«Infatti non c'è nulla... non... non farei mai una cosa del genere.» Il mio stesso tono mi stava tradendo e sapevo che lui aveva colto il mio turbamento, lo capii da come mi guardò prima di tornarsene nel suo ufficio.

La giornata passò lenta, davvero troppo lenta per i miei gusti e soprattutto pesante; ogni volta che Victor passava davanti alla mia scrivania mi lanciava occhiate fulminee e non sapevo come comportarmi, quindi mi limitavo a svolgere il mio lavoro in silenzio.
Una volta uscita dall'ufficio, mi concessi qualche minuto per rilassarmi in macchina; non volevo far vedere a Luke come mi sentivo in realtà, non volevo fargli sapere che ero ancora incerta sulla nostra sottospecie di relazione.
Accesi la radio rilassandomi sulle note di Save my Heart, così annunciavano la canzone, mentre nella mia testa non smettevano di risuonare le parole di Victor: "Hai trent'anni e lui diciannove... non è normale".
Poi quelle di Luke soppiantarono tutto: "Nessuno mi impedirà di stare con te".
Non comprendevo come a lui non importasse di cosa dicevano gli altri, ma forse dovevo smetterla anche io.
Se ero felice, chi erano gli altri per giudicare?

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