Capitolo 1.0

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BECKY

-All'inizio eravamo indecisi sul da farsi, ma quando ho letto che la ragazza sarebbe stata italiana ho firmato subito!- mi racconta la mia nuova 'mamma' entusiasta in un perfetto italiano.
-Ma lei ha origini italiane?- le chiedo. Non uso l'inglese. Purtroppo il mio accento è davvero orribile e non mi sento ancora di usarlo.
-Oh, cara, dammi del tu! Comunque, no, ho vissuto a Milano giusto un anno nella mia specialistica ma non ho origini italiane-. Sono seduta nel mezzo in macchina, tra Lawson e Holly, sua sorella gemella. Lei è molto divertente e gentile, mentre suo fratello... Non mi ha rivolto più la parola da quando siamo entrati in macchina, o meglio, da quando ho conosciuto i suoi. Il viaggio dura relativamente poco, gli Alden vivono in una villetta a due piani, con giardino e piscina. Scendiamo dall'auto e mi affretto a prendere le valige.

-Oh, no cara, lascia che ci pensiamo noi, tu devi essere stanca dal volo!- mi dice Nancy, la madre di Lawson e Holly.

-Tony, prendi la grande!- dice poi rivolgendosi a suo marito -Law l'altra la prendi tu-.
Lui annuisce e la afferra.

Io mi blocco all'entrata della casa mentre gli altri portano dentro le due valige più grandi.
-Wow- sussurro.

-Cosa c'è? Non hai mai visto una casa?- mi dice Lawson con una fastidiosa calma nella voce è un malizioso ghigno.

-In Italia non si usano case così, non in città...- spiego. Mi sento nervosa. Perché cavolo si comporta così? E perché mi fa sentire nervosa?!

-Guarda che sei qui per imparare l'inglese. Non ha senso se parli costantemente in italiano-.
Non mi ero accorta di averlo fatto...   Lo so che ha ragione, ma il tono che usa mi dà ugualmente fastidio...

-Ma si può sapere che problema hai?- sbotto.
Lui mi guarda stranito -Come prego?- chiede alzando un sopracciglio.
-Mi hai sentito, prima mi dai della stupida, poi smetti di parlarmi, e infine mi dai di nuovo della stupida? mi prendi in giro?- punto le mani lungo i fianchi -Se pensi di potermi trattare così ti sbagli di grosso. I miei genitori hanno pagato per farmi passare un anno con un"amorevole famiglia americana"- dico citando con voce sdolcinata l'opuscolo del viaggio studio -e non ho intenzione di passare un anno d'inferno a causa di un mio coetaneo maleducato, sono stata chiara? perciò o riprendi a ignorarmi o ricominciamo daccapo- dico tutto d'un fiato aspettandomi come minimo un 'mi dispiace' ma niente...

Lawson rimane li a fissarmi con gli occhi pensierosi, come se fossi uno strano animale esotico.

-Tu parli davvero tanto- dice solamente cacciandosi la mano destra in tasca mentre con la sinistra prende il mio trolley e si avvia verso casa sua. Io rimango ferma immobile.

-Muoviti lumaca- pronuncia in tono annoiato. E io eseguo.

La mia camera è al piano di sopra, un enorme stanza arredata con mobili in legno bianchi e pareti grigiochiare. Al centro di essa, appiccicato ad una parete c'è un enorme letto a baldacchino. la valigia presa dal signor Alden è già qui, così ne approfitto per prenderla e sistemarla temporaneamente sul letto ma è troppo pesante così cado... cado io, la mia valigia superpesante addosso...

-Merda!- grido in Italiano.

proprio nel momento in cui scanso quel mattone da sopra di me entra Lawson che getta l'altra per terra e simane a guardarmi per un secondo buono. Poi, senza accennare il minimo intento a aiutarmi mi dice -Mia madre ha detto di ricordarti che la scuola inizierà il 10, voleva sapere se ti serve qualcosa- dice.
Ormai sono in piedi e mi massaggio la testa nel punto dove ho preso la botta -beh, si, mi servirebbe giusto qualche quader...-
-Allora vestiti- mi dice lui interrompendomi e uscendo dalla stanza.
Io sbadiglio e mi stiracchio, poi vado in bagno e mi sciacquo la faccia con dell'acqua fredda per svegliarmi. Il jet leg mi sta uccidendo.
-Pronta?- mi chiede Holly entrando in camera con un grande sorriso stampato in faccia.
È carina come suo fratello: ha gli stessi capelli biondi e gli stessi occhi verdi. Magra con un naso all'in su' è poco più bassa di me... E io supero di poco il metro e sessanta.
-Certo!- ma nel dirlo sbadiglio un altra volta.
-Se sei stanca possiamo rimandare- mi dice.
-No no, non voglio rovinare i vostri programmi, prendo i soldi e arrivo- dico avvicinandomi alla mia borsa per prendere qualche dollaro scambiato mentre ero in Italia.
Holly senza dire niente riprende il borsellino e lo rimette in borsa sorridendomi -Non crederai sul serio di poter pagare qualcosa qui vero?- chiede sorridendomi -Partiamo tra venti minuti- poi si alza -Vado a vestirmi-.
Io mi infilo degli shorts neri e un top bianco con delle scritte blu. Mi lego i capelli in una coda di cavallo.
Mancano ancora quindici minuti così mi sdraio sul letto e prima che me ne accorga finisco tra le braccia di Morfeo.

Mi sveglio al suono di un telefono. Il mio telefono.
-Pronto?- rispondo senza nemmeno guardare il display.
-Hey tesoro, fatti sentire ogni tanto eh! Come va? Com'è la nuova famiglia?- mi chiede mia madre.
-Ciao mamma! Qui tutto bene, loro sono...- penso a Lawson ma decido di non parlarne con lei. Paranoica com'è mi farebbe tornare indietro -..fantastici-.
-Sono contenta! Mi manchi tanto tesoro!- mi dice e io non posso pensare che anche lei mi manca da morire e prima che possa farci qualcosa gli occhi mi si riempiono di lacrime -Anche tu mamma- dico tentando di trattenermi.
-Senti mamma ci sentiamo più tardi, loro... Loro mi stanno chiamando...-
-Ok..- dice ma percepisco l'incertezza nella sua voce -Ti voglio bene tesoro!- mi dice.
-Ti voglio bene anch'io mamma- ma proprio quando sto per chiudere... -Mamma, papà?- chiedo anche se conosco già la risposta a questa domanda.
-Lui è al lavoro cara...- mi dice senza riuscire a trattenere la sfumatura di tristezza nella voce.
-Ok, capisco, a dopo mamma-
È chiudo la chiamata.
Lui è al lavoro e sai che novità!

Esco dalla stanza notando per prima cosa il silenzio, secondariamente il freddo. Nonostante siamo ad agosto la temperatura dev'essere bassa.
Mi avvio verso la camera di Holly ma la porta è aperta e le luci spente.
Mi fermo e ascolto con più attenzione: silenzio totale.

-C'è nessuno?- chiedo. Solo dopo mi rendo conto della mia stupidità: un ladro o un serial killer non direbbe ma 'sono qui'!
Sento un rumore di passi attutiti dal parquet.
Ok, ragiona Rebecca, ragiona. Ti trovi in una casa che non è la tua in un paese estero a più di 10.000 chilometri da casa nel quale non conosci nessuno tranne la tua nuova 'famiglia' apparentemente svanita nel nulla. Che fai?

Guardo fuori dalla finestra e noto che è già buio.
Ok, via l'opzione di scappare fuori.
D'un tratto mi ricordo di quando Tony mi spiegava della passione di tutta la famiglia per il baseball così scendo in punta di piedi le scale, raccolgo una mazza dal soggiorno e torno su.
La prima stanza è la mia: vuota.
La seconda è quella di Holly: vuota.
La terza, la camera dei genitori di Lawson e Holly: anch'essa vuota.
Poi trovo una camera socchiusa: quando la apro con un piede mi accorgo che è la camera di un bambino: a giudicare dai giochi non può avere più di 5 o 6 anni ma anche essa è vuota.
La penultima porta è chiusa ma non a chiave. È come se nessuno la aprisse poi così spesso. Mi basta forzare un po' la maniglia per far sì che la porta si apra anche se svogliatamente. La scena all'interno mette i brividi ma allo stesso tempo mi incuriosisce: la stanza è immersa nell'ombra tranne per la fioca luce della luna che entra dalle due finestre coperte da sottili tende azzurre.
Sembra quasi uno sgabuzzino, con miriade di scatoloni impilati uno sopra l'altro, una vecchia culla rotta e dei pezzi di legno rotti. Sto quasi per uscire quando notò un piccolo dettaglio nella stanza: una cornice su pavimento. Lentamente mi avvicino è noto che non è coperta di polvere come tutto il resto, ma il vetro è rotto. Sulla fotografia c'è...

-CHE DIAVOLO CI FAI QUI?- sbraita una voce dietro di me facendomi sobbalzare e impugnare la mazza da baseball. Mi volto di scatto per trovarmi di fronte un Lawson non arrabbiato, nei suoi occhi non c'è ombra di semplice rabbia. C'è odio, ira, e... Dolore?
Nel voltarmi la mazza da baseball colpisce la sua spalla e io sobbalzo per il suo dolore anche se lui non dà segni di aver sentito nulla.
-TI HO CHIESTO CHE CAZZO CI FAI QUI DENTRO!-
-Io... Io...- balbettò stringendo a me la mazza rossa lucida per mettere qualcosa tra noi due.
-FUORI!- urla ed io scappo fuori, lui mi segue sbattendo la porta alle sue spalle -NON TI PERMETTERE DI METTERE PIÙ PIEDE QUI CAZZO, SONO STATO CHIARO?-
-Mi dispiace, io...- provo a scusarmi ma lui mi da le spalle e scappa nella sua camera lasciando dietro di se la scia del suo dolore e la sensazione di aver cambiato come lui mi vede persempre...

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