Capitolo 25.0

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BECKY

-Che cazzo mi significa?- sbraita Lawson.
-Fa silenzio!- gli intimo urlando a mia volta -Cosa stai dicendo? Come può essere stata avvelenata?- mi rivolgo poi a Nancy.
-Non lo sanno ancora, i dottori vanno avanti e indietro ma tutto ciò che continuano a ripetere è 'è troppo presto per dare risposte certe'! Non hai idea di quanto io li stia odiando. La mia povera bambina...-.
Una parte di me cerca di capire il suo dolore, ma infondo, il dolore di una madre è quasi impossibile da immaginare...
Tutto ciò che stava succedendo iniziava ad annebbiarmi la mente... Ripensai ai due desideri espressi quella sera al parco con Lawson, il primo si era subito avverato quando le sue labbra hanno toccato le mie, ma il secondo? Non doveva andare così. Tommy avrebbe dovuto scoprire di essere figlio di Law per mano del padre ed essere felice... Ma immagino bisogni stare attenti ad desideri che esprimiamo.
-Eccoci- mi distrae dai miei pensieri Lawson indicando l'edificio alla nostra destra.
-Ora devo andare- dico alla signora Alden -Ci sentiamo dopo. Tienici aggiornati per messaggio-
-Cercherò di farmi sentire, ma qui non prende bene!-.
Corriamo verso l'entrata del palazzo per ripararci dalla pioggia ma, anche nel caos del l'acquazzone, non riesco a fare a meno di notare come il giardino sia ridotto male: La terra, diventata fango a causa dell'acqua, è riversata sulla strada fatta di mattonelle sconnesse; nonostante solo una piccola area sia disastrata quel caotico assortimento di verde a marrone getta nel più totale scompiglio il classico ordinato giardino scolastico.
La porta è aperta e anche se il gelo dell'acqua è servito per svegliarmi ringrazio mentalmente il riscaldamento automatizzato scolastico per il caldo tepore che ci accoglie.
Il mio telefono squilla.
-Ty- rispondo -A che punto sei?-.
In auto gli avevo mandato un messaggio, così come a Kaori e a Niko, informandoli del nostro arrivo.
-Sono passato a prendere Kaori, stiamo arrivando, dacci solo... Ma che cazzo?-
-Tyler?- lo chiamo -Tyler- tutto ciò che sento è il vociare di sottofondo.
-Merda!- impreco quando la chiamata si chiude.
-Che succede?- mi chiede Lawson.
-Non so, un attimo prima parlavo con Tyler e un attimo dopo lo sento imprecare- provo a richiamarlo ma quando mi porto il telefono all'orecchio il telefono squilla senza che però nessuno risponda.
-Merda, merda, merda!- sbuffo cacciandomi nervosamente il telefonino in tasca.
-Calmati ora Angelo- mi prende per le spalle -La cosa più importante ora è cercare Thomas-.
-Tu vai- dico -Io vado a chiamare Nico, ci vediamo sul campo tra due minuti- gli do un bacio a stampo e salgo forensi le scale del dormitorio maschile.
Nel frattempo provo a richiamarlo, quanta finalmente mi risponde mi sento tutt'altro che gentile nei suoi confronti -Nico, mi spieghi che fine hai fatto?- sbraitò mentre arrivo al suo piano e mi dirigo verso la porta della sua camera -Abbiamo bisogno del tuo aiuto, Thomas è scappato! Nico?- lo chiamo quando arrivò in camera. La porta è aperta e con ancora il telefono in mano esatto cautamente nell'abitacolo.
Sento un leggero mormorio provenire dalla mia sinistra e lo vedo: nell ombra della stanza, in un angolo, un corpo giace immobile con la schiena poggiata poggiata sull'angolo della cassettiera in mogano, con il capo chino, privo di sensi.
-Nikolas!- spaventata mi avvicino a lui poggiando la mano sulla sua guancia facendogli inclinare il capo verso sinistra mentre inginocchiata poso due dita della mano destra sul collo per sentire il battito. Non sono un medico, ovvio, ma sarà anche per colpa della suggestione dovuta al momento lo sento debole.
Tolgo delicatamente lo scotch che gli copre la bocca.
La mia mano su cui ora poggia la guancia è sporca di sangue, nonostante io suo viso ne sia pieno è per la maggior parte secco.
-Niko, Hey, sono Becky, mi senti?- chiedo avvicinandomi di più a lui.
Lo sento mormorare qualcosa ma essendo l'inglese la mia seconda lunga non lo capisco, se contiamo pure il suo accento Australiano.
-Andrà tutto bene- sussurro in italiano -Dobbiamo chiamare Lawson- dico poi.
Chiunque l'ha conciato così potrebbe essere ancora qui..
Mi alzo e chiudo la porta raccogliendo il telefono di Niko da terra. Il mio è rimasto fuori. Merda...
-Law, avanti rispondi - dico mentre sento il telefono squillare.
Non sapendo cosa fare prendo una bottiglietta d'acqua dal mobile al mio fianco e un pacchetto di fazzoletti. Dopo averne bagnata uno pulisco il volto del mio amico dal sangue tamponando nei punti in cui è fresco.
-Avanti!-. Imprecò in italiano.
Mi abbasso per sbirciare da sotto la porta il telefono. Non c'è.
Cazzo, cazzo!
Quando non mi risponde mi alzo in piedi e iniziò a girare in tondo.
-Il mio ragazzo è là fuori con un possibile pazzo, suo figlio è scomparso, il mio amico mezzo morto è qui e i miei altri due amici non si fanno vedere...- il mio monologo viene bruscamente interrotto da uno sbattere forte alla porta.
-Becky, apri, sono JJ!- mi chiama -Cosa stai...?- mi avvicino per aprire la porta ma tutto ciò che sento è qualcuno che inspira, spaventato, poi un rumore forte, come qualcuno che cade e più niente.
D'istinto mi lanciò verso la porta -JJ!- grido e la spalanco. Nulla, tutte le luci sono spente e l'interruttore interno alla stanza al fianco della porta non me le fa accendere. Ha staccato un generatore.
Richiudo la porta con un rumore secco e mi accascio contro di essa ma solo dopo aver chiuso con foga il chiavistello.
Mi metto al fianco di Niko e prendo a ispezionarlo meglio, farsi prendere dal panico è inutile, devo portarlo via di qui, ma come?
Accendo la torcia del cellulare e mi avvicino al ragazzo dai capelli castani.
Sul volto, oltre alla contusione vicino alla tempia, ha un livido nero che gli copre l'occhio e una parte dello zigomo.
Gli alzo la maglietta è noto che lievi chiazze scure gli ricoprono lo stomaco, infine passo alle gambe.
Solo ora mi rendo conto di un taglio al polpaccio anche se più che un taglio è come un escoriazione. Il jeans strappato mi permette di vedere meglio la gamba, andrebbe disinfettata ma il bagno è infido alla stanza.
-Ok, è il momento di fare qualcosa- dico tra me e me. Non posso chiamare la polizia, l'ho promesso a Lawson per mantenere l'affidamento del bimbo.
Seleziono ugualmente sulla tastiera il 911, in chiamata rapida, lo copio e chiamò la madre di Lawson.
-Rebecca?-
-Nancy, devi aiutarci!- sussurro cercando di scandire bene le parole -Siamo al dormitorio, un pazzo ha preso Lawson e JJ, Niko è quasi morto-.
-Cara che stai dicendo un pazzo?-
I colpi alla porta ricominciano ma questa volta molto più decisi, di sicuro non è JJ...
-Devi venire qui!- grido, ormai mi ha sentita. Un ultimo calcio e la porta viene scassinata -Subito!-
Una leggera luce mi definisce i contorni della persona, bassa, magra... Una donna!?! No, non è una donna. La voce alterata dalla rabbia è strana, melodiosa ma al contempo gutturale.
D'istinto mi allontano gattonando all'indietro fino a mettermi al fianco di Niko. Il buio mi dà un vantaggio non sufficiente a fuggire ma provo ugualmente a rintanarmi sotto al letto per poi scappare. Due mani mi affettano trascinandomi indietro, ma non mi sfugge come la sua forza si eguaglia l'ala mia perciò faccio ugualmente un altro tentativo di fuggire e prima che me ne accorga grido esprimendo tutta la rabbia, la frustrazione e la paura di quel momento in un unico inquietante suono.
Sento un tonfo e il mio aggressore cade per terra. Perso quasi di avercela fatta ma stretta tra il mobile e il letto, con Nikolas svenuto al mio fianco la mia capacità di movimento si ridimensiona rasentando la nullità.
Con un grugnito chi mi sta sopra mi colpisce alla testa. Forte.
Il dolore è lancinante, inspiro di colpo mentre la vista mi si appanna e le mie orecchie si riempiono di un bianco suono.
-Ora capirà cosa si prova!- è tutto ciò che sento prima di svenire, e penso: io questa voce la conosco...

Mi sveglio sentendo gocce fredde scorrermi lungo tutto il volto.
Non riesco ad aprire gli occhi, così stanca che ogni respiro sembra incendiarmi i polmoni, ogni movimento una frustata sul mio corpo debole e malmesso.
La labbra mi fanno male, quando provo a muoverle le sento bloccate.
Nastro adesivo.
Se apro gli occhi saprà che sono sveglia penso.
Cercando di controllare il mio respiro mi inumidisco le labbra delicatamente, cercando di bagnare con la saliva la superficie appiccicosa del nastro.
Sempre cercando di non farmi notare tasto ciò che tiene legato i polsi, non sembra corda, più che altro sembrano quelle fascette che si usano per bloccare i gioielli al cartoncino con il prezzo nei negozi, o nel giardinaggio per raddrizzare una pianta che cresce storta grazie ad un paletto piantato saldamente nel ferendo come appoggio.
Te passi mi fanno immobilizzare e mozzare il respiro.
È vicino a me...
La paura mi attanaglia lo stomaco facendoli venire voglia di vomitare.
Come sempre quando sono nervosa conto i secondi: Uno... Due... Tre...
Il mio aguzzino mi fa un lancio alla spalla facendomi cadere sulla schiena e gemere dal dolore.
Chiunque sia deve avermi picchiata mentre ero prova di sensi perché sento ogni singola parte del mio corpo dolente.
-Lo so che sei sveglia, apro gli occhi- dice.
Non posso crederci!
Conosco davvero questa voce!
Apro gli occhi in preda allo shock ed alla rabbia più grande.
Con le labbra ancora sigillate cerco di articolare il più accusatorio dei: -Tu?!-.

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