Capitolo 29.0

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BECKY

-Sei pronta Rebecca?- chiede mio padre con naturalezza, come se poche ore prima non lo avesse colpito con uno schiaffo così forte da lasciare la sagoma rossa sulla mia guancia solo per aver cercato di spiegare come mi sentivo. Non avevo fatto storie all'idea di andare via, avevo solo tenuto 'il muso' più di quanto mio padre accetta... L'America si era portata via una parte di me, il mio sorriso, e sarebbe rinato qui per sempre, quindi quello schifo non mi fece né caldo né freddo.
-Si- sussurro. Dopotutto sono le 5 di mattina.
La mia valigia è stata caricata in macchina sta notte alle tre, la riservatezza è il prezzo che i miei genitori devono pagare per la mia arrendevolezza.
-Bene, entra in macchina ora...- dice avviandosi verso la Opel nera parcheggiata fuori il cancello d'entrata.
-Hai preso ciò che ti ho chiesto?-.
Lui annuisce e mi passa la busta in cartone di un supermercato aperto ventiquattr'ore su ventiquattro.
Salgo le scale silenziosamente fino ad arrivare alla camera di Tommy, lui dorme profondamente.
Mi avvicino baciandogli la nuca, poi poso al suo fianco un elefantino grigio con al collo un grande fiocco giallo a pois blu scuro.
Sul comodino un biglietto di carta:
I Love You, Becky
Poi mi dirigo in camera di Lawson.
Lo vedo, abbandonato pancia in giù mentre respira pesantemente, indossa dei pantaloni del pigiama grigi e una maglietta con scritto '69er'. Alzò gli occhi al cielo, uomini...
Mi sdraio sul letto posando la testa al centro della schiena e giocando con l'elastico dei pantaloni dispenso alla sera che siamo tornati a casa dall'ospedale.

-Non lascerò che ti portino via- mi dice, mentre steso tra le mie gambe mi bacia il collo.
Sospiro, giocando coi suoi capelli -Non credo dipenda da te Yenkie-.
Lui alza da prima il volto, poi si alza sulle ginocchia incrociando le braccia. Io mi alzo a mia volta poggiando le mani sulle sue spalle.
Mi prende per i fianchi -Sei mia angelo- mi bacia alzando il bordo della mia maglietta.
Io lascio che me la sfili mentre il mio respiro aumenta.
Mi prende le guance tra le mani e strofina il naso sul mio, poi ne bacia la punta.
Persa nei suoi occhi riesco solo a sentire i nostri respiri mentre il cuore sembra battere sempre più forte.
Le due mani scendono sul mio collo fino ad arrivare alle spalle per abbassarmi i due nastri rosa del reggiseno.
Le mie mani calde mi percorrono la schiena fino a trovare il gancetto in metallo.
Io mi avvicino stringendomi a lui mentre poso le labbra sulla mia fronte e, dopo averci giocato per poco, rimuove dall'incastro la levetta di metallo.
Continua a baciarmi quando sfila l'indumento.
-Law...- sussurro coprendomi con le braccia strette al petto.
Lui me le scosta delicatamente e sento il suo respiro mozzarsi.
Non ho il coraggio di aprire gli occhi, con il viso che brucia e lui che mi guarda.
Il disagio però svanisce quando sento le sue labbra calde sul mio seno e un gemito gutturale sfugge dalla sua gola.
La sensazione è magnifica, scosse di piacere irradiare dal punto in cui mi tocca fluiscono in tutto il mio corpo, talmente forti da farmi ansimare e stringere le gambe più forte fra loro.
Piegandomi gli tirò verso l'alto la maglietta.
Lui se la sfila. Con la mano destra lascio imprimere nella mia mente ogni singola parte del suo corpo perfetto percorrendolo con la punta delle dita. La pelle è chiara, liscia. Il fisico asciutto ma con muscoli definiti.
In quel momento tutto ciò che stiamo per fare mi colpisce come uno schiaffo.
Mi copro di nuovo con le braccia e indietreggio.
-Angelo?- mi chiama lui allungando la mano verso di me.
-Law io...- sospiro colma di vergogna -...non...posso-.
Lui rimane immobile come se aspettasse qualche altra spiegazione. Dopo pochi secondi afferra la sua maglietta e me la passa dandomi le spalle quando allontano le braccia dal petto per infilarla.
Voglio questo ragazzo da morire, voglio che la mia prima volta sia con lui per guardarlo negli occhi e non vedere altro che amore! Ma la parte razionale di me si fa sentire ricordandomi che, infondo, tutto è decisamente troppo incerto. Se adesso facessi l'amore con lui, nel momento di andare via una parte di me rimarrebbe qui e non posso permetterlo: non ho nessuno che possa rimettere insieme i pezzi una volta che si romperanno. Purtroppo da dove vengo io, non esistono Lawson, Holly o Tommy; non esistono i loro genitori né Nikolas né Tyler, solo una casa vuota, colma di cimeli impolverati.
-Dove Nikolas? E Tyler?- chiedo quando i due nomi mi tornano alla mente.
-Entrambi nelle loro rispettive case, anche se gli assistenti sociali vorrebbero rispedire Nikolas in un orfanotrofio nel suo paese d'origine fino a che non diventerà maggiorenne, poi potrà fare ciò che vuole. Solo che, come immaginerai, il viaggio in America non te lo paga nessuno e quanti soldi può avere da parte un ragazzino orfano?- guarda dritto davanti a se seduto sul bordo del letto a mani incrociate, leggermente piegato in avanti. Il capo, chino.
Non è giusto, vorrei dire, questa è casa sua, chi diavolo sono un gruppo d sconosciuti in giacca e cravatta per volerlo portare via? Ma non dico niente, ripensando ai miei genitori. Sconosciuti in giacca e cravatta...
Mi ritornano in mente le immagini di pochi giorni prima, il volto tumefatto di Nikolas e la sua voce smorzata dal dolore.
-Come farete con la causa dei miei genitori?- chiedo.
-Papà conosce una giovane avvocato, Christopher Curt, dicono che non perda una causa... Ce la caveremo-.
Rimaniamo nel silenzio più asfissiante poi Lawson si alza di scatto mormorando 'non ho mai pensato di essere abbastanza ma...' Poi scuote la testa -Scusami- esce rapidamente dalla camera.
Non lo seguo, anche se lo fermassi non saprei cosa dire...
La mattina dopo lo cerco, ma non c'è...
Non ha senso raccontare le ore seguenti, persino l'arrivo dei miei genitori perde di importanza rispetto a Lawson.
-Tu verrai con noi- mi dissero.
Vorrei poter dire di aver lottato, di aver scalciato come una pazza quando mi presero per il polso ma no.
-Lui non deve saperlo- dico solo.
Loro annuiscono in silenzio.
Solo la sera stessa, o per meglio dire la notte considerato l'orario, lo sento rientrare. Le 2:38.
Mi sono addormentata sul suo letto aspettando il suo ritorno, volevo trovare un bel modo di salutarci senza però dirgli della mia partenza. Volevo regalargli un ultima immagine di noi due felici, invece...
Vedendomi spalanca gli occhi per un attimo, poi cerca di nasconderlo distogliendo lo sguardo.
-Che ci fai in camera mia?-.
Mi avvicino a lui guardandolo dal basso verso l'alto. Lui mi fissa schiudendo le labbra. La mia mano si posa sul suo volto.
Poi, con forza, gli sferra uno schiaffo che gli fa girare il volto dall'altra parte.
Girai su me stessa e andai in camera a passo sostenuto.
Come immaginavo, lui mi segue.
-Perché cazzo l'hai fatto?- mi chiede, sento nella sua voce la voglia di gridare ma fa silenzio visto che tutti dormono.
-Ti sembra l'ora di tornare?- io non sono della sua stessa idea, la mia voce suona molto più forte della sua, sebbene cerco di tenerla bassa.
-Ma che cavolo te ne frega di ciò che faccio io?- mi urla lui. io mi blocco. Alzo lo sguardo. E sento trapelare nella mia tutta la rabbia e il dolore provati nelle ore precedenti.
Iniziò a spintonando enfatizzando tutte le parole: -Oh, be', scusa tanto ma mi frega che il ragazzo che la scorsa sera era quasi arrivato a infilarsi nelle mie mutandine meno di ventiquatt'ore dopo sparisce nel nulla per un giorno intero!-.
Quando concludo lui è fuori dalla porta e non fa in tempo a bloccarmi quando gliela sbatto in faccia.

-Rebecca, sbrigati- mi dice mia madre fuori dalla porta.
Mi alzo dal letto baciandogli la fronte, 'Ti amò' sussurro al suo orecchio, infine poso al suo fianco il vinile di Vessel, l'album dei Twenty One Pilots. Trovarlo non è stato facile.
Prendo un pennarello dalla scrivania e cerchio in rosso la settima traccia: Screen.
Prendo il fascicolo all'interno nella regina custodia ed evidenzio nel testo di quella canzone l'ultima parte:
~
We're broken
We're broken people
~
Abbiamo rotto
Siamo persone a pezzi.

Oversea || #Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora