Capitolo 28.0

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BECKY

Quando si accorgono che sono sveglia la tranquillità dettata dal l'angoscia di poco prima si trasforma in un frenetico spostarsi da una stanza all'altra in barella.
Solo mentre mi vengono le analisi del sangue mi viene riferito da Tony, il signor Alden, che Lawson è sveglio.
Mi accascio sulla poltrona rilassando il pugno mentre il laccio emostatico mi stringe il braccio.
Non sento l'ago né il momento del prelievo.
Glielo hanno già detto?
Come ha reagito?
Avrà avuto una crisi o sarà rimasto in silenzio?
Come si può dire una cosa del genere ad un ragazzo? Con quale coraggio?
-Come sta?- gli chiedo.
-Un po' stanco e decisamente intontito. Ha chiesto di te, e di Tommy-.
E lì, in quella stanza, seduta su una poltrona bordeaux scoppio a piangere. I ricordi di quel bimbo biondo si susseguono nella mia mente.

Tommy che stenta a stare in equilibrio sui pattini...

Il medico mi toglie l'ago dal braccio proprio mentre Tony corre ad abbracciarmi.

Tommy che segue col dito le costellazioni proiettate dal suo giocattolo...

Sono stanca emotivamente più che fisicamente. La dottoressa che avevo visto poco prima del prelievo mi aveva avvertito che il peso di tutto ciò che avevo passato sarebbe arrivato senza alcun preavviso, che è normale...
Ma non può essere normale. Non è normale non riuscire a respirare per il dolore che mi attanaglia il cuore. Non sarebbe dovuta andare così, non è giusto...

Tommy che mi abbraccia e mi consola dopo una litigata con Lawson....

-Ti porto da lui bambina, sta tranquilla- Tony mi solleva ed istantaneamente poggio la testa nell'incavo del suo collo. Mi sento trasportata in giro mentre voci ovattate sputano ordini qua e là, serve una trasfusione, dicono, un urgenza al reparto cardiologia.

Tommy che ride quando il fratello fa naso naso con lui...

Nomi di dottori si fanno strada nella mia mente ma,così come entrano, fluiscono via.

Tommy che piange quando non trova formiche per il suo castello di sabbia...

Tommy, figlio di una famiglia disastrata ma sempre felice. Tommy senza una vera madre, e un padre eretto su un castello di bugie. Tommy senza più la sua gemella, la sua esatta metà che non ha nemmeno avuto il tempo di conoscere, un bimbo diviso a meta. Tommy senza più vira, che giace tra le braccia dei medici.

Tommy...

Prima che me ne accorga vengo posata tra due braccia ampie.
Seduta sul letto bianco ho le gambe posate sulle sue cosce, le braccia e il busto rannicchiati sul suo petto mentre respiro il suo profumo. È diverso, ammorbidente e disinfettante lo alterano ma quando si china a baciarmi il capo mi rendo conto che nonostante tutto è ancora lui, il mio Lawson.
-Basta Angelo, mi uccide vederti piangere- sussurra stringendomi forte a se.
-Tommy...- mormoro continuando a singhiozzare incapace di concludere la frase.
Lo sento irrigidirsi -Non mi permettono di vederlo, è stata in operazione difficile e loro non sanno se...-.
Non serve che aggiunga altro prima che io lo interrompa -Come sarebbe a dire? Lui è... Vivo? Ma... Ma avevano detto che...?- la testa inizia a girarmi e devo aggrapparmi alle lenzuola cercando stabilità.
Lawson posa le mani sui miei fianchi tirandomi a se. Quando ci riappoggiamo lo sento inspirare rapidamente, il volto contratto in una smorfia di dolore.
Chiudo gli occhi -Sono esausta- dico con voce bassa e tremante -Sembra un incubo-.
Lui sospira ma non ribatte.
La stanza è bianca, un classico cliché ospedaliero. Alla nostra sinistra un letto bianco è sfatto, il cuscino sporco di fondotinta e mascara, a giudicare da colore.
C'è un telefono in carica su comò azzurrino attaccato alla parete, a sua volta bianca.
Le finestre sono a parere sulla nostra destra e danno sul cortile dell'ospedale: Una rotonda al centro divide il vialone principale all'uscita dell'edificio, quattro aiuole vi sono state posizionate intorno e rese più confortevoli grazie a panchine di vernice verde e lanterne bianche di misure diverse, appese ai rami degli alberi o appoggiate agli angoli di ogni zona contrassegnata da mattoncini bianchi.
Cerco di concentrarmi su ogni dettaglio, con la vana di aprire gli occhi da un momento all'altro per correre da Lawson e raccontargli il sogno incredibilmente realistico che ho appena fatto.
Chiudo gli occhi contando nella mia testa fino a tre. Li riapro lentamente. Non succede nulla, sono ancora qui.
-Dove sono andati i tuoi? Non dovrebbero essere qui con te?- gli chiedo giocherellando con l'orlo della mia maglietta.
-Mia madre cerca di stare sempre a disposizione per sapere qualche notizia di Tommy, mio padre lo hai appena visto e... bhe, Holly sta bene, è ancora in ospedale, due piani sotto di noi- Con le mani percorre svogliatamente le mie braccia accarezzandomi.
Fa una pausa -Perché credevi che Tommy fosse... Non ci fosse più?-.
Scuoto impercettibilmente la testa e circondo le ginocchia con le braccia posando la fronte sul polso destro -I miei genitori?-.
Per l'ennesima volta lo sento irrigidirsi e inspirare -Sono stati avvisati, loro vogliono farci causa...-.
-Che cosa?- non ho la forza di sobbalzare mentre sento un nuovo macigno posarsi sulla mia schiena. Sospiro -L'avevo capito subito di aver combinato un guaio. Nel momento in cui ti ho visto, all'aeroporto, ho capito di aver fatto una cazzata a partire per questo viaggio-.
Rimaniamo in silenzio mentre lui poggia le fronte sulla mia schiena -Perché non sei tornata indietro allora?- sussurra come se non avesse abbastanza aria nei polmoni per pronunciare questa frase. Il tono non è accusatorio, bensì curioso e stanco.
-Non ne ho avuto la forza-.

Aspettiamo undici ore, chiusi in quella stanza, aspettando notizie di Tommy. Ogni tanto un infermiera entrava, nel suo camice bianco, nel suo fermaglio bianco ci diceva che andava tutto bene. Parole vuote che rimbalzano sulle pareti bianche della stanza d'ospedale.
-Vorrei prendere un pennarello e dipingere di nero tutto questo bianco- dissi stringendo i denti.
-Fallo- mi rispose come se nulla fosse.
Ridacchiai malinconica -Non ho pennarelli qui. E poi non credo di volere una denuncia per atti di vandalismo-.
Mi diede un colpetto sulle ginocchia -Alzati e prendi la coperta nell'armadio-.
La poggiò su di noi e abbassò la temperatura del condizionatore.
Ci infilammo sotto, poi lui prese il suo telefono e accese la torcia.
La coperta era rossa, i suoi capelli biondi, i suoi occhi del verde più intenso che abbia mai visto. Niente più bianco.
-Tommy è sveglio, se volete vederlo- ci avverte un infermiera alta, dai capelli rossi e dalla divisa decisamente troppo larga per il suo corpo minuto.
Le guance, cosparse di lentiggini, si incurvano quando ci sorride maternamente.
Non faccio in tempo ad annuire che Lawson è già in piedi. Provo a bloccarlo, fa piano, gli dico, sei ancora convalescente. Ma lui non mi ascolta. Corre da suo figlio con me a suo seguito.
-Tommy!- lo chiama spalancando la porta della camera 038 di pediatria.
Il piccolo si volta e quando vede il padre scoppia a piangere e tende le braccino verso di lui -Papà! Papà!- lo chiama piangendo.
Lawson si precipita su di lui nonostante gli avvertimenti del dottore di fare piano.
Lo abbraccia e lo stringe a se carezzandogli la testolina bionda.
-Shh, va tutto bene. È tutto ok, c'è papà qui, nessuno ti farà del male...- sussurra. Il piccolo affonda il volto nel suo petto singhiozzando.
Lawson ci mette un bel po' a calmarlo, ma in quel momento io sto già piangendo.
Gli solleva la testa baciando le sue grande paffute, gli occhi, le tempie, ed il nasino.
Tommy non sembra intenzionato a staccare le braccia dal collo del padre, così mentre lui si stende sul letto tentando di lenire il dolore di entrambi io mi siedo sul letto accanto al loro. Chiudo gli occhi.
-Il mio cucciolo- sento Lawson sussurrare, poi lo schiocco di un bacio.
Di lì a poco inizia a mormorare una ninnananna che calma definitivamente il bambino fino a farlo addormentare.
Mi avvicino a lui è noto che ha gli occhi lucidi.
-Non so davvero che cosa farei senza di lui- borbotta con voce rotta dalle lacrime.
Gli asciugo le lacrime con un pollice e mi stendo al suo fianco, Tommy tra di noi.
Lawson ricomincia a canticchiare la ninnananna che parla di un bimbo che tra le stelle trova la sua casa.
Socchiudo gli occhi scivolando nel mondo dei sogni.
Casa...

-Quando arriverà?- chiedo la sera seguente, mentre ceniamo sui nostri letti.
-Chi?- chiede Lawson infilandosi in bocca una forchettata di pasta. Tommy gli sta in braccio aspettando che il padre lo imbocchi, da quando ha visto Law non si è più scollato da lui pertanto, nonostante le infermiere non siano d'accordo, lo fanno rimanere con noi.
-Mia madre, mio padre, quando verranno a prendermi?-
Lui scrolla le spalle -Non c'è bisogno che tu te ne vada-.
-I miei genitori non lasceranno che i media gli facciano fare la figura della 'famiglia menefreghista'. Sono troppo in vista in questo periodo, con l'acquisizione della nuova società e i numerosi eventi di beneficenza organizzati da mia madre...- scuoto la testa.
-Perché devi andare via Becky?- mi chiede Tommy con le sopracciglia corrucciate.
Già, penso, perché?
-I miei genitori vorranno prendersi cura di me- cerco di spiegare al bimbo senza cadere in discorsi scomodi.
-Ma per quello ci siamo noi!- dice per poi posare la manina su quella del padre che lo imbocca.
Lawson prende un tovagliolo e delicatamente gli pulisce le labbra.
-Il loro volo arriverà tra due giorni- mi dice.
Incurvo le spalle sbuffando e strofinandomi il volto con entrambe le mani.
Lawson mi prende un polso per poi congiungere le sue mani con le mie -Faremo di tutto per farti rimanere con noi- mi sorride -Certo, se è ciò che vuoi...-.
Non rispondo baciandogli il dorso della mano e stringendola tra le mie, carezzandola.
Bussano alla porta.
Un uomo entra, indossa una camicia blu scura e dei pantaloni beige legati con una cintura in cuoio. Non può avere più di trentacinque anni.
Dalla tasca posteriore esce un portafoglio blu e lo apre mostrandoci un distintivo.
-Salve ragazzi, sono il detective Krovel- ci dice con voce profonda e un marcato accento russo -Dovrei farvi qualche domanda sull'accaduto-.
-Non è il momento adatto- risponde con mia sorpresa Law chiudendo un qualsiasi ipotetico discorso iniziato dall'uomo.
-Capisco- dice rimettendo il portafoglio nella tasca -Pensavo solo voleste sapere per intero come il signor Monroe avesse pianificato tutto- fa per uscire.
-Aspetti- lo blocca Law -La ascoltiamo-.

Ragazzi, volevo solo velocemente scusarmi per il ritardo ma sono stata in vacanza e li davvero non ho avuto tempo di aggiornare, grazie anche al Wi-Fi schifoso •-•

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