More Than This
Chapter 1Mentre ero seduta ad aspettare che mia sorella finisse la sua lezione di balletto classico, come ogni mercoledì, mi resi conto di aver avuto un pessima giornata. Sembrava poter solo peggiorare. La musica mandata dritta alle mie orecchie da un paio di cuffiette scadenti mi tirava un po' su di morale, ma non abbastanza. Alzai lo sguardo dallo schermo, una strana sensazione alla bocca dello stomaco mi stava perseguitando da giorni. Cercai di distrarmi maggiormente guardando il cielo e il paesaggio che si estendeva attorno a me, ma preferii tornare allo schermo scarsamente illuminato del telefono, dato che attorno a me c'erano solo cemento e automobili che sfrecciavano non importandosi di una ragazza con i capelli sul viso che fissava uno schermo. Anche le persone che passavano a pochi metri da me sembravano essere troppo impegnate per farci caso. Non ero sicura che la lezione di mia sorella ci fosse, ma stando seduta sul muretto freddo accanto alla sua scuola iniziavo a sentirmi meglio, ed era un modo come un altro per far passare il tempo prima del bus. I minuti passavano, al contrario del mio malumore, e speravo di vedere la testa bionda piena di capelli lunghissimi di mia sorella uscire dalla porta del vecchio edificio usato come sala prove per le ballerine di diverse età e gradi. C'erano altre persone ad aspettare, non particolarmente pazienti, attorno a me, questo mi fece supporre che ero al posto giusto il giorno giusto. Alzai gli occhi guardando il cielo e volsi lo sguardo verso la luna, era un gesto abituale per me, vi trovavo una specie di conforto. Fissai a lungo lo spicchio di luna sopra di me. Era una guida e un supporto, ricordandomi che le cose vadano bene o male è presente e che se la giornata è no, non vuol dire che non si può splendere comunque. E io volevo splendere. Anche se la mia giornata era decisamente no. Al contrario della luna, però, io non splendevo. Agli occhi della gente passavo più che altro inosservata. Non era sempre uno svantaggio e ogni tanto mi piaceva come cosa, ma a volte mi faceva sentire terribilmente sola. Come quel giorno. Avevo pregato e sperato che le cose nella mia vita cambiassero e migliorassero, ma fino a quel momento ogni volta che sembrava che mi stavo risollevando dall'ennesima caduta un colpo più forte si abbatteva su di me, costringendomi a terra sempre più a lungo. Spesso mi ero chiesta cosa sarebbe successo se non fossi più riuscita ad alzarmi. L'arrivo di una bambina ancora con chignong e tuta mi distolse dai miei pensieri riportandomi alla realtà e ricordandomi dove fossi. Alzai lo sguardo, di mia sorella ancora nessuna traccia. Avrei aspettato ancora una decina di minuti. C'erano sempre più persone attorno a me, avrei voluto sorridere, ma non riuscivo. Mi ero immersa nuovamente nei miei pensieri, che quel giorno erano particolarmente poco allegri, quando sentii una presenza in piedi accanto a me. Alzai lo sguardo cercando di incrociarlo con quello di mia sorella, ma al posto dei suoi occhioni azzurri c'erano quelli di un altra persona. Un ragazzo dagli occhi marroni e con un sorrisetto stampato in faccia mi stava guardando. Mi persi nei suoi occhi prima di rendermi conto che magari voleva che mi spostassi. Il viso di quel ragazzo, i suoi occhi, il suo sorriso, avevano qualcosa di incredibilmente famigliare, mi ricordavano qualcuno che non avrei mai creduto. Osservai attentamente il ragazzo a bocca aperta: era alto, muscoloso, ma non eccessivamente, aveva capelli castani e occhi scuri, una voglia sul collo attirò particolarmente la mia attenzione. Quel ragazzo... Aveva qualcosa di particolare, mi ricordava qualcuno, ma non riuscivo a capire chi fosse. Prima di perdermi completamente tra i miei pensieri mi alzai e sorrisi debolmente al ragazzo di fronte a me. Mi stavo allontanando cercando di non arrossire, anche se sentivo le guance che si stavano già tingendo di rosa. Una mano, però, fermò la mia fuga. Mi girai seccata osservando la mano stretta attorno al mio braccio e tolsi una delle cuffiette alle mie orecchie pronta a insultare il ragazzo che precedentemente era di fronte a me e che non avevo mai visto in vita mia.
<<Dove vai Amy?>> La sua voce disse il mio nome con naturalità, come se ci conoscessimo da sempre. Non capivo come faceva a sapere chi fossi. Lo stavo guardando ancora spaventata, mentre facevo un passo indietro. Lui si accorse del fatto che non ero a mio agio e mollò la presa. Continuai a indietreggiare, guardandolo spaventata. Una sensazione terrificante mi aveva invasa, uno sconosciuto sapeva il mio nome, come mi aveva trovata? Chi era quel ragazzo? Dopo un po' mi girai e iniziai a correre. Imposi alle mie gambe di dare il massimo, anche se nella corsa non ero mai stata brava. Sentivo il cuore battere contro il petto, la gola bruciare e la sua presenza alle mie spalle. Mi avrebbe raggiunta presto, ma io pensavo solo a correre.
<<Amy!>> Sentivo che urlava il mio nome, ma io non mi sarei arresa facilmente.
<<Aspetta, ti prego! Amy!>> Ero senza fiato. Le mie gambe si rifiutavano di muoversi ancora. Mi voltai e notai che aveva lo sguardo misto tra il perso e lo spaventato. Guardai dove fosse il bus e mi resi conto con sollievo che stava per arrivare alla mia fermata. Mentre acceleravo il passo per raggiungere il mezzo di trasporto che mi avrebbe portata fino a casa gettai un'altra occhiata dietro di me per assicurarmi che lui non mi seguisse. Ma lui non c'era più. Sorpresi me stessa rendendomi conto che una parte di me era dispiaciuta nel non vedere più il bel ragazzo e i suoi occhi marroni in cui mi sarei persa. Salii sul bus e ripresi possesso di me stessa. Tornai con le cuffiette alle orecchie e schiacciai il tasto play sullo schermo del telefonino. Mentre guardavo fuori dal finestrino del mezzo su cui ero seduta mi chiedevo cosa fosse successo poco prima. Il misterioso ragazzo era sparito dalla mia vista prima che potessi capire se fosse reale o meno. La mia mente mi stava giocando brutti scherzi. L'unica cosa di cui avevo bisogno in quel momento era dormire. Trascinai il mio corpo giù dal bus e dalla fermata fino a casa. Entrai cercando subito con gli occhi la porta della mia camera, ma qualcosa distolse la mia attenzione. A terra, sempre in mezzo al cammino, c'era lo zaino di mia sorella. Tornai immediatamente alla realtà. Aprii la porta del salotto trovandovi all'interno mia madre e mia sorella. Mi guardavano entrambe con occhio severo, mia madre scrollava leggermente la testa, facendo muovere i capelli biondi da una parte all'altra. Mia sorella aveva lo sguardo più arrabbiato.
<<So che avevo promesso di venire a prenderti, e infatti c'ero!>> Cercavo di spiegarmi, avrei voluto che mia sorella capisse, infatti parlavo direttamente con lei evitando lo sguardo severo di mia madre.
<<Non mi sembra, io non ti ho vista...>> Disse lei, sembrava arrabbiata, ma non solo. Era anche triste. E delusa. Delusa da me.
<<È solo che...>>
<<Che...?>>
<<Se te lo dicessi non mi crederesti.>>
<<Amy, ti prego smettila con queste stupide scuse.>> Si intromise mia madre. Lei non era una donna facile, era particolarmente autoritaria, anche quando mio padre c'era ancora era lei che comandava in casa. E le cose non erano cambiate.
<<Ma...>>
<<Niente ma, scusati con tua sorella.>>
<<Mi dispiace, davvero. Questa volta era diverso, però. La prossima volta...>> Non era la prima volta che non passavo a prendere mia sorella. Mia madre non si fidava a lasciarla da sola e mandava me a prenderla, dato che lei lavorava.
<<Dici sempre così... Lasciamo perdere, ok?>> Mi disse mia sorella. Era delusa, glielo si leggeva negli occhi.
<<Mi dispiace Ev.>> Mormorai dirigendomi nella mia camera. Ero l'unica insieme a mio padre a chiamarla in quel modo, ora ero rimasta solo io a usare quel nomignolo. Il nome completo di mia sorella era Eveline, era più piccola di me di sei anni. Data la differenza di età, che allora si notava parecchio, non avevamo molte cose in comune e più che altro sopportavamo l'una la presenza dell'altra. Ma in fondo era pur sempre mia sorella e io le volevo bene. Aprii la porta della mia stanza e mi immersi in quello che consideravo il mio mondo. Era l'unico posto in cui ero me stessa senza aver bisogno di dimostrare nulla a nessuno, eccetto me. Osservai come la luce entrando dalla tenda giocava a fare onde sulle pareti, illuminando ogni cosa. Mi voltai verso lo specchio e guardai l'immagine riflessa: quella di una ragazza dai capelli castani che ricadevano a onde lunghe sulle spalle, occhi grandi marroni, pieni di paura e incertezze, sembrava poco sicura di sé. "Amy Jones, sei un libro aperto, mostri esattamente ciò che sei." pensai. Mi sedetti sul grande letto al centro della stanza, gettando borsa, scarpe e tutto quello che non mi era necessario a terra. Salvai solo il telefono e per distrarmi dai sensi di colpa feci passare le notizie nei maggiori social network a cui ero iscritta. Non mi resi conto del tempo che passava e che la luce del sole che illuminava la mia stanza cominciava a diminuire. Guardai l'ora sul display e sobbalzai rendendomi conto di quanto a lungo ero stata risucchiata nel vortice dei social network. La finestra aperta aveva spostato la tenda, facendo entrare più vento. Alzai lo sguardo verso di essa e mi spaventai. Non mi ero resa conto della presenza di qualcun altro nella mia camera. Il ragazzo che quel pomeriggio mi aveva spaventata era nella mia stanza e stava girando osservando le mie cose. Prima che potessi formulare una qualsiasi domanda notai che si fermò sollevando una cornice. All'interno vi erano due foto a me molto care, una era con tutta la mia famiglia, l'ultima foto che avevo di mio padre, l'altra era con la mia migliore amica, l'unica che sembrava capirmi al mondo. Lo vidi sorridere prima di iniziare a parlare raccontandomi la sua storia.
<<C'è una leggenda che dice che dalle storie che rimangono incompiute troppo a lungo ne escano i personaggi, ne hai mai sentito parlare?>> Mi chiesi il perché di quella domanda, poi ricordai che avevo letto un libro con una trama simile. Annuii sotto il suo sguardo. Continuò.
<<Amy, so che a te piace scrivere. E che più volte hai scritto anche di me.>> Sussultai. Era vero. Scrivere era una delle poche cose che mi riuscivano bene e che mi tiravano su di morale. Tornai a osservare il ragazzo, ma con un nuovo punto di vista. Capii chi mi ricordava. Tempo prima avevo iniziato a scrivere una storia che facevo leggere esclusivamente alla mia migliore amica, il protagonista maschile di questa storia era descritto esattamente come il ragazzo di fronte a me. Ricordai anche che la storia non avevo mai finito di scriverla. Era rimasta incompiuta per diverse ragioni: non avevo avuto il tempo, la trama era diventata troppo complicata e senza un filo logico e non avevo idea di come continuarla e finirla. Guardai il ragazzo di fronte a me. Rifiutavo di crederci. Ero sempre stata una ragazza razionale, nei miei diciasette anni di vita avevo sempre creduto alla spiegazione più logica delle cose, senza credere in fato o destino. Non riuscivo a concepire, però, la presenza di quel ragazzo nella mia camera. Non trovavo una risposta razionale. Decisi di provarci, lo chiamai con il nome che avevo scelto per il personaggio della storia.
<<Ehm... W-William?>> La mia voce uscì come un sussurro. Lui annuì.
<<Anche se preferisco che mi chiamino Liam.>>
<<Mi stai dicendo che...>> La frase mi morì in gola.
<<Amy, ti sto dicendo che sono uscito dalla tua storia.>>
<<È impossibile.>>
<<Era il due giugno, una giornata calda e senza vento. Jules stava camminando per il bosco, quando qualcosa attirò la sua attenzione... Devo continuare?>> Sbiancai per l'ennesima volta. Quello che aveva appena citato era l'inizio della mia storia. Non era possibile. Nulla di tutto quello che era accaduto da quando avevo incontrato quel ragazzo aveva un senso logico. Mi sedetti sul letto prendendo la testa fra le mani. Cercavo di metabolizzare quello che mi aveva detto, ma dentro di me continuavo a sperare che fosse un sogno, o meglio un incubo, dal quale mi sarei presto svegliata. Si sedette accanto a me, con le mani a lato delle sue gambe che stringevano il bordo del letto. Sembrava stesse decidendo cosa fare. Improvvisamente sembrava meno sicuro di se e posò una mano tremante sulla mia spalla.
<<Mi dispiace di averti spaventata prima.>> Disse quando mi ero ripresa un po'. Sorrise dolcemente guardandomi, poi una luce di scherzo si accese nei suoi occhi.
<<Però poteva andarti peggio, no?>> Sembrava diverso, ora che aveva chiarito il perché della sua presenza. La sua risata contagiosa mi invase e scoppiai a ridere con lui.
***
Io e Liam avevamo iniziato a parlare come se ci conoscessimo da sempre. Uno strano sentimento era nato dentro di me quando l'avevo visto per la prima volta, e quello che mi aveva spinta a scappare da quello strano ragazzo che si era presentato di fronte a me, ora stava cambiando, senza che me ne rendessi conto. Un rumore ci interruppe, qualcuno aveva bussato alla porta della mia camera. Spostai il mio sguardo da Liam alla porta e poi tornai a guardare Liam più spaventata. Dopo quello che era successo con mia madre mi resi conto che non avrebbe reagito nel migliore dei modi trovando un ragazzo nella mia camera, probabilmente avrebbe dato a lui la colpa della mia assenza all'appuntamento settimanale con mia sorella, cosa non del tutto sbagliata.
<<Devi nasconderti.>> Dissi a Liam spingendolo via dal letto, verso l'armadio.
<<Che cosa?>> Mi guardava come se fossi pazza. Indicai la porta con la testa. Lui capì immediatamente e annuì. Il bussare alla porta si fece più insistente e Liam mi spinse nella direzione del rumore. Poco prima che aprii la porta mi voltai e lo vidi cercare un nascondiglio. Aprii la porta notando che mia madre aveva l'aria arrabbiata.
<<La cena è pronta... Ho sentito delle voci, sei qui da sola?>> Chiese mentre io feci una faccia sorpresa cercando una scusa che avesse senso. Senza aspettare che rispondessi irruppe nella mia camera. Chiusi gli occhi girandomi, aspettando di sentire mia madre urlare vedendo Liam aggirarsi per la mia camera. Non sentendo rumori, però, riaprii gli occhi trovando mia madre che mi guardava interrogandomi con lo sguardo.
<<Bastava dire che stavi ascoltando un po' di musica. Scusati con tua sorella quando arrivi a tavola.>> Disse semplicemente, uscendo. Mi guardai attorno. Non c'era traccia del bel ragazzo con cui stavo parlando fino a pochi minuti prima e qualcuno, lui, aveva acceso il mio iPod attaccato alle casse diffondendo le dolci parole dei The Script nella camera. Andai a spegnere l'iPod notando qualcosa che si muoveva sotto il mio letto. Incrociai il mio sguardo con quello di Liam e scoppiammo a ridere entrambi. Lo aiutai a uscire chiedendomi come avesse fatto a mettersi li sotto in così poco tempo.
<<Devo andare a mangiare, vuoi che ti porto qualcosa?>> Gli chiesi una volta che fu di nuovo in piedi accanto a me. Sorrise scrollando la testa.
Poi mi spinse delicatamente fuori dalla porta della camera esortandomi a raggiungere il resto della famiglia per la cena. Ci scambiammo un ultimo breve sguardo prima che lasciai la stanza.
Quando entrai in cucina mi resi conto che l'atmosfera era cambiata, tornando meno carica di tensione e più tranquilla. Sorrisi in direzione di mia madre e mia sorella unendomi a loro attorno al tavolo rotondo di legno al centro della sala.
<<Senti Ev... Mi dispiace, davvero. Ti prometto che dalla prossima volta ci sarò senza mancare mai. Chiedo solo un'utlima possibilità.>>
<<Va bene Amy, te la concedo. Ma è l'ultima.>> Mi rispose rassegnata. Fece un sospiro e poi un sorriso amaro. Sapevo che si stava chiedendo perché tra tutte le sorelle maggiori che le sarebbero potute capitare aveva proprio me. Ogni tanto, cioé molto spesso, avevo l'impressione che preferisse la mia migliore amica a me, come sorella. E la capivo. Era una ragazza matura, molto responsabile, a cui però non mancava il lato divertente, più marcato del mio. Sapeva farla ridere, ma farla sentire protetta. Era un'amica, una confidente, ma nello stesso tempo un mentore, qualcuno che ti consiglia e ti tiene protetta sotto la sua ala. Era figlia unica, quindi per lei era più facile, non aveva costantemente un'altra persona che la prendeva da esempio, anche se non sarebbe stato un problema per lei, Jess, così è il suo nome, era fatta così. Ultimamente la vedevo poco, era dovuto al fatto che eravamo entrambe molto occupate, io soprattutto con la scuola, lei soprattutto con Will, il suo ragazzo. Ero felice per lei, questo è ovvio, ma mi mancavano i momenti Jess-Amy. Mangiammo piuttosto in fretta, dopo aver dato una mano a mia sorella a sparecchiare la tavola mi diressi di nuovo nella mia camera. Liam si voltò verso di me sorridendo.
<<Tutto a posto?>> Annuii in risposta alla sua domanda contraccambiando il sorriso. Notai un po' di cose fuori posto, segno del fatto che aveva dato un'occhiata alla stanza.
<<Trovato niente di interessante?>> Chiesi alzando un sopracciglio e guardando in giro. Lui seguì il mio sguardo divertito e poi riposò gli occhi su di me.
<<Qualcosina...>> Rispose facendo un sorrisetto. Risi piano buttandomi sul letto, stanca.
<<Per quanto rimarrai?>> Chiesi chiudendo gli occhi.
<<Finché lo vorrai tu.>> Sentii che mi rispose prima di addormentarmi in un sonno profondo, sognando occhi marroni, libri e un bel ragazzo.
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More Than This
FanfictionUna leggenda narra che da una storia incompiuta ne possano uscire i personaggi. Che sia vero? A Amy non importava. Quello le che importava davvero era...