Capitolo 33

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NINA

"Non l'ho più sentito, e credo che al momento posso anche farne a meno."
Porgo la tazza di tè fumante ad Ian, che è seduto sulla poltrona, in salotto. Io, con la mia tazza di caffè mi siedo di fronte a lui.
"Hai parlato con Julianne?"
"No..."
"Dovresti... è sua sorella, di sicuro saprà dirti qualcosa."
"Infatti ho intenzione di chiamarla."
"E quando lo farai?"
Immagino la chiamata con Julianne, cosa dovrei dirle? Quali parole potrei usare per spiegare quello che è successo? "Neens? Mi hai sentito?"
"Cosa?" Scuoto il capo, tornando alla realtà.
"Ti chiedevo quando pensi di chiamare Julianne..."
"Oh, ehm... non ora, non me la sento."
"Stai rimandando. Devi chiarire la situazione, e credimi, prima lo fai e meglio è. Hai paura della reazione che potrebbe avere?"
"No... o si... non lo so... Semplicemente volevo tenermi lontana da questa situazione per un po'."
"Come preferisci..."
Restiamo per un po' in silenzio, soffiando delicatamente sulle nostre tazze, il fumo non smette di uscire e intanto ne approfitto per riscaldare le mani.
"Neens, per caso hai messo dello zucchero nel mio te? Sai che lo detesto."
"Oh... hai ragione, scusami tanto."
"Figurati, non fa niente. Ma... stai bene? Tu meglio di chiunque altro sai che odio lo zucchero nel tè, e in più ti vedo... non so, con la testa per aria direi..."
"Si, beh, sono un po' frastornata."
"Solo questo?"

"Si."

"Sicura?"

"Si..." Confermo.

Le giornate sembrano passare a rilento, così come le settimane. L'arrivo del week-end ormai non mi eccita più di tanto e mi rendo conto che il mio stile d vita sta diventando sempre più sedentario, ma mi sta bene così. E' Domenica. Resto in pigiama anche oggi e mi accascio sul divano iniziando a fare zapping, ma in TV non c'è nulla che riesce a catturare la mia attenzione. A dire il vero, tante cose ultimamente non mi interessano più. Mi sdraio e osservo il soffitto. Ho mal di testa, ma è sopportabile. Resto nella stessa posizione per una ventina di minuti, poi, improvvisamente il forte rumore di un motore che sfreccia fuori, in strada, rompe il silenzio. Sussulto quando quelle immagini mi tornano in mente. Io che grido a Derek di fermarsi e lui è impassibile, con lo sguardo freddo e vuoto. Scrollo il capo e mi accorgo di stare sudando.

Respira. Respira, Ordino a me stessa.

Inutile dire che non è la prima volta che mi capita, ma sto cominciando a saper controllare questi "attacchi di panico."

Sono le cinque e mezza. Quando entro in bagno, inevitabilmente mi ritrovo davanti allo specchio. Ho i capelli arruffati, la pelle pallida, le borse sotto gli occhi e le occhiaie accentuate, ma la cosa non mi tocca, passerà.

Per l'ora di cena il telefono fisso ricomincia a squillare, ma non ho intenzione di rispondere. Va avanti così da settimane e sono proprio stufa, stufa di essere chiamata in continuazione da chiunque, stufa di sentire chiunque. Ho spento il cellulare giorni fa e non l'ho più riacceso, ma continuano ugualmente e il telefono di casa non smette di squillare.

Ian è venuto a cercarmi a casa qualche volta, dato che non gli rispondo più, ma tutte le volte ho fatto finta di non essere in casa e poi gli ho mandato un messaggio con scritto: "E' tutto a posto."

Non so perché l'ho fatto, ne perché continuo a farlo, non voglio evitare i miei amici, ne i miei genitori, ne nessuno... O forse si, non lo so, non so più niente a dire il vero.

Salgo al piano di sopra dopo aver evitato l'ennesima chiamata. Mi siedo sul letto, ormai disfatto da settimane. Annuso la mia maglietta e mi accorgo di puzzare davvero. In effetti, non faccio la doccia da giorni, e no, non ho voglia di fare neanche questo, ma mi concedo un bagno caldo. Chiudo gli occhi e sprofondo nell'acqua. Rimango in apnea per un pò, pochi secondi in cui la mia mente sembra aprirsi dopo chissà quanto tempo. Forse sto ferendo qualcuno, penso... Forse non mi importa? No... è solo che voglio stare da sola, e non sento il bisogno di avere qualcuno vicino.

Anche il Lunedì e il Martedì sembrano non voler passare. Mercoledì mattina, insolitamente, decido di fare una colazione più sostanziosa: Uova e toast. Quando finisco getto i piatti nel lavandino e mi accorgo dell'accozzaglia di bicchieri e piatti che non ho ancora lavato. Scuoto il capo e mi dirigo in salotto, ma prima che possa accendere la TV qualcuno inizia a bussare insistentemente alla porta.

Mi avvicino e guardo attraverso lo spioncino, è Ian, e non ne sono stupita. Faccio finta di nulla e torno sul divano in salotto, ma lui continua a bussare, sempre più forte, sempre più deciso.

"Nina! Lo so che ci sei! Apri questa maledetta porta o giuro che la butto giù! Non fare finta di non sentirmi!"

Sussulto quando sento la sua voce, sembra arrabbiato e in un attimo la mia mente rievoca le immagini di quel giorno. Mi passano davanti, così velocemente da farmi girare la testa. Respira.

Riesco a riprendermi dopo pochi secondi e Ian è ancora lì, che batte ininterrottamente alla porta.

Mi avvicino ma non la apro.

"Nina... almeno rispondimi."

"Che c'è?"

"Che c'è? Non rispondi al telefono, fai finta di non essere a casa e non vuoi aprirmi la porta, nessuno riesce a contattarti, persino i tuoi genitori si sono rivolti a me e li ho dovuti rassicurare pur non sapendo che diavolo sta succedendo. Ma sono qui per saperlo, e non me ne andrò finché non me lo dirai."

"Va via, Ian. Davvero, non voglio parlare, non ne ho voglia."

"Che vuol dire non ne hai voglia? Almeno ai tuoi genitori devi delle spiegazioni! Da quanto sei chiusa in casa? Tre settimane?"

"Non sono affari tuoi."

"Neens, giuro che resterò qui anche di notte se sarà necessario."

"Io sto bene."

"No tu non stai bene, e se è così, ben venga, ma voglio constatarlo con i miei occhi. Apri questa porta."

Aspetto qualche secondo, alla fine la apro, lentamente, per poi ritrovarmi davanti quegli occhi che mi scrutano, e intanto, osservo il suo sguardo che cambia... non è uno sguardo arrabbiato, ne infastidito, ne inquieto... E' uno sguardo triste, compassionevole, come se stesse provando pena per me.

"Neens..." Sussurra con voce rotta. "Che cosa ti sta succedendo?"





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