"Questo mi sta bene?" Domandai provandomi il decimo vestito per questa serata tra amici.
"Si" rispose Jason "ti ho dato questa risposta negli ultimi venti vestiti. Ti stanno bene tutti. Anzi, ti stanno magnificamente. Lasciati questo vestito che hai ora indosso, mettiti sti fottuti tacchi, prenditi la borsetta e andiamo" continuò esasperato.
Avevo indosso un vestito bianco che arrivava fino a sopra il ginocchio. Mi infilai i tacchi neri abbinati con la borsetta nera e la collana che indossavo. I capelli li lasciai sciolti e misi poco trucco.
"Allora usciamo" risposi prendendo la borsetta.
...
Simone continua a mandare certe occhiate a Jason che continua a parlare animatamente con gli altri, facendoli anche ridere.
Gli tirò un calcio sotto la sedia, dato che è di fronte a me, lui si gira verso di me e io gli faccio intendere con lo sguardo di smetterla.
Dopo che ci consegnarono le cose che avevamo ordinato, continuammo ad ascoltare ciò che diceva Jason e, a volte, o Camilla o Paolo o Jack o Sam gli facevano altre domande.
"Vado un attimo in bagno" sussurrai a Sam, lei annuì sorridendo per ciò che stava dicendo Jason.
Dopo aver fatto le mie cose, tornai al tavolo.
"Simone e Jason?" Domandai notando che non erano seduti al tavolo.
"Sono usciti fuori a fumare" rispose Paolo.
"Ah, okay" dissi.
Aspetta... Cosa?!
Guardai i ragazzi e uscii di fretta fuori.
Quello che trovai non mi piacque per niente, Simone aveva appena tirato un pugno a Jason.
"Basta!" Urlai vedendo che stava per tirargliele un altro.
Entrambi si voltarono verso di me, dal naso e dal labbro inferiore di Jason stava uscendo sangue, mentre Simone aveva la mano rossa.
"Mia..." Disse staccandosi da Jason, alzandosi.
Anche Jason si alzò, ma molto più lentamente.
Lanciai la mia borsa a Jason, dicendogli "sali in macchina"
"Ma..." Provò a replicare, ma lo bloccai.
"Sali. Nella. Fottuta. Macchina" scandii bene le parole, e lui fece ciò che gli dissi.
"Mia, posso..." Cercò di parlare, ma lo bloccai.
"Non mi interessa! Mai mi sarei aspettata una cosa del genere da te... Mai... Ma mi sbagliavo, non ti conosco affatto, neanche dopo questi anni" avevo le lacrime agli occhi, ma le ricacciai.
"Mi ha provocato!" Esclamò.
"Non è una scusa!" Risposi "lui è fatto così, provoca per essere picchiato, ma non pensavo che tu gli avresti dato corda... O forse sì dato che sono uscita subito dopo che mi hanno detto che eravate qui. Lo sapevo che non dovevate stare nello stesso posto, ma ci ho voluto provare..." Mi bloccò.
"Tu lo stai difendendo! Ammettilo che lo vorresti per te!" Urlò lui.
"Lo difendo perché è mio amico!" Urlai io.
"E io cosa sono?!" Domandò urlando.
Rimasi in silenzio, non sapevo cosa rispondere.
"Non sono nulla per te, vero?!" Urlò ancora.
"No!" Risposi "vali molto per me..." Sussurrai, sicura che non avrebbe sentito "ma che importa?! Tu credi che io sia una puttana!"
"Beh, lo credo perché magari me lo hai dimostrato" non urlava più, ma era comunque arrabbiato.
Lo avete sentito? Quel piccolo 'crack'? Era il mio cuore.
Lo continuai a guardare con i miei occhi pieni di lacrime, non traspirava alcuna emozione.
Guardai i miei amici, che avevano visto tutto.
Tornai a guardare quel ragazzo che tanto ho amato che ancora amavo. Aveva gli occhi di uno che si era pentito per ciò che aveva detto, ma il danno ormai è fatto.
"Mia, sai che no..." Iniziò a parlare prendendomi la mano, ma la tirai indietro.
"Manca poco al matrimonio dei miei due migliori amici, poi non vedrai più questa puttana" dissi indicandomi, mi incamminai verso la macchina e aprii la portiera per entrare, ma mi bloccai sentendo quelle parole.
"Sai che non è né quello che penso, né quello che credo! Non te ne andare! Non lasciarmi di nuovo..." Urlò.
Salii in macchina e guidai verso casa.
"Come stai?" Mi domandò Jason.
"Non lo so. Sto come non vorrei stare. Sto come sta una senza l'ombrello nel bel mezzo di un temporale. Sto normale" risposi.
"Normale?" Domandò lui confuso.
"Si, normale. Normale senza il nor-" risposi.