5. Quel Maggiordomo, Astuto

1.3K 131 178
                                    

Sebastian mise via le stoviglie del pranzo. « Ho le informazioni che mi avete chiesto, padroncino. » disse. Finì di sparecchiare e gli pose davanti diverse pagine scritte nella sua grafia ordinata e tondeggiante, molto più morbida dei tratti spigolosi e severi della regina.

Ciel prese i fogli e accavallò le gambe, ma si incupì subito. « Sebastian, perché hai scritto in latino? » chiese. Interpretarli non gli avrebbe richiesto particolare fatica, ma di sicuro gli avrebbe provocato un'emicrania e trovava irritante la libertà con cui il maggiordomo si faceva beffe di lui.

« Perché in questi giorni non avete occasione di studiare, signorino, e come maggiordomo è mio dovere provvedere anche alla vostra istruzione. » rispose il demone, imperturbabile.

Il Conte digrignò i denti e desiderò tirargli addosso il rapporto con ogni fibra del suo essere, ma si trattenne. « Questa me la paghi, demone. » dichiarò e cominciò a leggere. A tratti gli capitava di incontrare parole che non conosceva, ma il suo orgoglio gli impediva di ammettere la propria difficoltà. « Sebastian. » chiamò, dopo due ore su quei dannati fogli.

« Sì, padroncino? »

« Portami qualcosa di dolce. » ordinò. « Il tuo scherzo mi ha fatto venire fame. »

Sebastian controllò l'orologio da taschino. « È un po' presto per... »

Ciel lo fulminò. « È un ordine, Sebastian. » scandì.

Il maggiordomo sorrise. « Come desiderate, allora, padroncino. » Si inchinò e si ritirò per scendere nelle cucine dell'albergo a preparare il dolce da servire insieme all'aftrernoon tea.

Il Conte attese che la porta si chiudesse alle spalle del demone per sbuffare in pace. « Dannato bastardo. » borbottò, corrucciato, e riprese a leggere.

A quanto pareva, le vittime erano tutti uomini di una certa età. Il più giovane era proprio il visconte, di soli ventisette anni, mentre il più anziano era un barbiere di quarantadue, George Dallas. Conducevano vite molto diverse e non si erano mai incontrati. A quanto riferivano i conoscenti, non c'era stato nessun cambiamento evidente nei loro atteggiamenti, prima della sparizione, ma tutti erano stati visti aggirarsi per il molo a sera tarda. Se per uno come Finn Lukas ‒ proprietario di una birreria da quelle parti ‒ non sembrava poi così strano, il visconte era stato notato a dispetto dei suoi abiti dimessi. Continuava a guardarsi le spalle « come se avesse il diavolo alle calcagna » aveva riferito uno dei marinai che l'aveva visto ‒ Sebastian si era divertito a sottolineare quelle parole con una linea rossa ‒ e per questo era rimasto nella memoria dei testimoni. Era stato visto salire a bordo della Perla del Nord, un vascello a tre alberi ormai inutile per navigare, ma ancora buono per ospitare una bisca nella cambusa e affittare le cabine.

« Padroncino. » lo chiamò Sebastian.

Ciel non lo avrebbe mai ammesso, ma fu grato di quell'interruzione. Cominciava a non distinguere le lettere e a dover rileggere le frasi più volte prima di afferrarne il senso.

« Oggi abbiamo tè Darjeeling Margareth's Hope e gâteaux au chocolat. » elencò il maggiordomo. Dispose il tè e il piattino con i dolci sulla scrivania e attese gli ordini in rispettoso silenzio.

Il Conte gli scoccò appena un'occhiata, prima di infilzare la fetta. L'impasto era così morbido da sciogliersi in bocca e la crema all'interno, ancora calda, nascondeva piccoli pezzi interi di cioccolata fondente che facevano la gioia del suo palato. In retrogusto asprigno del tè si combinava bene con la delicatezza del dolce prescelto e l'odore che saliva dalla tazza gli solleticava l'olfatto con una sinfonia di aromi intensa e familiare. « Sei stato sulla Perla del Nord, Sebastian? »

Tetragrammaton [Completa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora