12. Quel Maggiordomo, Patteggiatore

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Rientrarono all'albergo senza incidenti. Ovunque fosse Hana'el, non li stava cercando; non ancora. Magari era troppo debole per agire, ma Sebastian non ci avrebbe scommesso: se aveva mangiato di recente, le forze non dovevano mancarle. Era più probabile che si stesse riorganizzando per attaccarli nella maniera più distruttiva che le fosse venuta in mente.

Depose il ragazzo in poltrona e gli riordinò i capelli con le dita.

Ciel non diede cenno di essersene accorto. Lo guardò senza vederlo, con gli occhi vitrei come quelli delle bambole. « Quel moccioso... lui... aveva la mia età. » sussurrò. « E... e un giorno anch'io... »

« Non farete quella fine, signorino. » lo interruppe il demone. « Tutto ciò che prenderò sarà la vostra anima, ma il corpo sarà illeso. » Forse non era il momento di parlarne, né il modo migliore per consolarlo, ma la gentilezza non era il suo campo e poi aveva giurato di non mentirgli.

Il Conte esibì un debole sorriso, nient'altro che una pallida eco di ciò che il suo servitore era abituato a vedere. « Alla zia Frances verrà comunque un colpo e anche a Lizzie. » commentò, ma nella su voce non c'era ilarità e nemmeno sarcasmo. Scosse la testa. « Ma ora non abbiamo tempo di pensare a questo, no? »

Sebastian annuì. Si tolse i guanti e si punse il polpastrello dell'indice destro con un ago. Con il proprio sangue scrisse lungo tutti e quattro i bordi della finestra una fitta serie di rune demoniache, molto diverse da quelle che Ciel conosceva, più lunghe e spigolose. Fece lo stesso sulla porta e con l'intero perimetro della stanza. « Queste terranno fuori qualunque demone eccetto me, padroncino. Hana'el potrebbe radere al suolo l'intero edificio e comunque non riuscirebbe toccarvi con un dito. »

Ciel lo guardò e schiuse le labbra, ma non disse nulla. Annuì e basta. « Vai, prima che qualcuno lo trovi. » disse. « E vedi di essere celere. » Agguantò il libro sul tavolino, ma i racconti di Poe erano l'ultima cosa che serviva alla sua mente suggestionabile, in quel momento. Lo rimise a posto con una smorfia e rimpianse di non aver portato con sé qualcosa di più allegro. « Portami qualcosa di dolce, quando torni. » ordinò, ad occhi chiusi.

« Sì, signorino. » rispose il maggiordomo. Uscì dalla finestra e si inoltrò per le vie di Dublino. Raggiunse la fabbrica in un paio di minuti appena, ma non ripulì subito tutto. Senza il signorino, poteva approfittarne per esaminare meglio il capannone.

Sulla soglia c'erano le impronte delle ciabatte del ragazzino, quindi era arrivato lì con i propri piedi, magari sotto ipnosi. Le mani del cadavere erano sporche di sangue, mentre i resti dei suoi serpenti giacevano dove poche ore prima c'era stata la demone, carbonizzati. Intorno, lì dove in precedenza avevano sanguinato le articolazioni della donna, ancora restavano ampie macchie di icore.

Si è liberata e ha attirato a sé il ragazzino? Ma perché proprio lui? Deve aver faticato molto per attirarlo dalla Southside, invece di prendere l'umano più vicino. In qualche modo, questo marmocchio era speciale. Si inginocchiò accanto al corpo e lo ribaltò. Rimosse la camicia da notte, ma non trovò niente.

La pelle bianchissima era intonsa come quella del signorino, almeno nelle parti su cui la ghoul non si era accanita. Non c'erano rune, né sigilli. Non era stato consacrato né a lei, né ai suoi animaletti da compagnia.

Allora perché? Gli tornarono alla mente le parole del signorino e il suo viso abbattuto. Che fosse quello il motivo? Voleva mandare un messaggio al padroncino? Poteva essere. Magari non si aspettava che fosse proprio il ragazzo a trovarlo, ma solo che lo sarebbe venuto a sapere dai giornali. Forse non le interessava nemmeno traumatizzarlo così tanto. Se così era, non poteva lasciarlo solo troppo a lungo. Doveva sbrigarsi a tornare da lui. Si tolse i guanti e lasciò esposto il sigillo e le unghie nere. Con la sinistra toccò le macchie di sangue, l'altare, i drappi e i sigilli e li fece sparire.

La Fish & Friends tornò ad essere solo una fabbrica abbandonata.

Con il cadavere ebbe più difficoltà. Non poteva farlo sparire o distruggerlo, altrimenti suo padre – quello scozzese dalla testa calda – avrebbe battuto la città palmo a palmo per trovarlo e c'erano ottime possibilità che bussasse anche alla loro porta. Lo prese in braccio e si arrampicò fin sul tetto. Dalla cupola vetrata saltò ad un capannone e di lì a quello che sembrava un condominio. Attraversò la Northside tetto in tetto, non visto, fino a raggiungere il Liffey.

Il fiume scorreva placido sotto la dozzina di ponti che connettevano le due zone della città. I riflessi del sole si perdevano nella spuma prodotta dai traghetti, ma superarlo non sarebbe stato un problema.

« Che hai fatto a quel ragazzo, demone? »

Come non detto. Si voltò e fronteggiò a mento alto l'occhiata accusatrice di William T. Spears. « Proprio nulla. » rispose. « Ha già provveduto più che a sufficienza la ghoul che gli dèi della morte non sono stati in grado di fermare. »

Lo Shinigami contrasse la mascella e gli puntò contro la falce. « Non mi sembra abbiate fatto di meglio. » notò, duro. « Eppure siete quelli che avrebbero dovuto risolvere tutti i nostri problemi. »

Il demone inarcò un sopracciglio. « Voi burocrati non avete niente di meglio da fare che infastidire me? »

William si calcò gli occhiali sul naso. « Non sprechiamo certo il nostro tempo ad inseguire te, infatti. » rispose. « Sei sempre sulla nostra strada nei momenti peggiori. »

Diavolo e Shinigami si fissarono. In un altro momento si sarebbero scontrati, forse, ma in quello erano entrambi presi dalle rispettive incombenze per ostacolarsi.

« La demone che cercate si chiama Hana'el. Il solo modo di ucciderla è trovare il suo cuore, nascosto da qualche parte qui a Dublino, e distruggerlo. »

« Perché me lo dici, bestia nociva? »

« Al contrario di me, lei uccide con frequenza, mossa da una fame indisciplinata e primitiva. Affogherà la città nel sangue e la popolerà di spettri, mentre voi perdete tempo a raccogliere i cocci che si lascia dietro. »

« Mentre con questa informazione potremmo fermarla, anche nel tuo interesse. »

« Do ut des. » rispose Sebastian. « E anche questo è un modo di risolvere i vostri problemi. » Gli rivolse il suo migliore sorriso da lupo e saltò al tetto successivo prima che lo Shinigami potesse fermarlo.


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Come promesso, ecco qui il capitolo che avrei dovuto postare domenica! Con questo torniamo in pari, finally. La prima parte della storia si sta avviando alla conclusione - che, vi avverto, sarà molto, molto sanguinosa - e spero che vi piaccia, ma ho già in mente parecchie cosucce per la seconda, anche perché Ciel e Sebastian non si sono ancora baciati e questo è male. ùwù

Come sempre, fatemi sapere cosa ne pensate e farete di me una scribacchina felice. >w<

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