27. Quel Maggiordomo, Feroce

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La luna sembrava piena, quella sera. Solo gli occhi di Sebastian e quelli di Tallulah riuscivano a riconoscere l'inizio della decrescita nel fianco destro. Illuminava il giardino della villa col suo lucore lattiginoso e dava forza alla fata, che ne assaporava i raggi appollaiata sulla spalla di Anthea.

« Sebastian, è tutto pronto per il rito? » chiese Ciel. Non portava la benda sull'occhio destro e il sigillo del demone era ben visibile.

« Sì, signorino, anche se a quest'ora voi dovreste essere a letto, non qui fuori a prendere freddo. »

« Intendo essere presente, ora che chiuderemo questa storia una volta e per sempre. »

Il maggiordomo sospirò e accese il falò al centro del sigillo senza ribattere. Quando il padroncino si metteva in testa qualcosa, non c'era verso di dissuaderlo.

"Sei pronta, Anthea?"

« Lo sono. »

Tallulah si libro davanti a lei e appose le minuscole mani sulla sua fronte. « Don mháthair Solas agus don athair Spéir, a thabhairt dom ar ais cad a bhaineann leis dom!* » esclamò, con la sua vera voce, che alle orecchie umane di Ciel suonava come un tintinnio di campanelli e nient'altro. Le costava un certo sforzo parlare in quel mondo, ma altrimenti la magia non avrebbe fatto effetto e non era importante che gli altri la capissero o meno: era un rito, non stavano prendendo il tè.

Una pallida luce dorata sfarfallò intorno alle sue mani e poco a poco avvolse l'intero corpo di Anthea. Pulsava come un cuore enorme, che ad ogni battito si indeboliva. Era troppa per essere assorbita tutta in una volta sola, ma la fata la inghiottiva ad una velocità insospettabile, per una creaturina così piccola.

Dal canto suo, la ragazza non sembrava risentirne. Sorrideva appena, mentre tutti quegli strati di luce si staccavano dal suo corpo, che si faceva poco a poco meno candido e sembrava diverso da quello della changeling, più opaco.

"Non ti toglierò tutta la luce." le spiegò Tallulah. "Ti lascerò qualche strato, così che ti protegga dall'oscurità di questo mondo." Nel dirlo rivolse uno sguardo di rimprovero a Sebastian. "Quando tornerai a Lyressa per un po' ti sentirai strana, più emotiva del solito, ma ti passerà in un paio di giorni e tutto tornerà come prima."

Anthea annuì. « Ho capito. »

"Bene." La fata ritrasse le mani. "Ora va' dentro e chiuditi in camera: l'Ombra è mezza fata e non può entrare senza invito."

« Ma... »

"Niente 'ma'! Devo essere concentrata, ora."

« Va bene. » La ragazzina chinò il capo e tornò verso la villa trascinando i piedi. Capiva che era per la sua sicurezza, ma le sembrava di non aver fatto abbastanza e poi Ciel aveva solo un anno più di lei, ma poteva restare. Discutere in quel momento non era il caso e, se aveva perso quella battaglia già nel pomeriggio, quando avevano discusso il piano, protestare ancora non avrebbe cambiato le cose, ma solo fatto perdere a tutti tempo prezioso.

La fata aspettò che fosse al sicuro, quindi volò sopra il falò, stese le braccia in perpendicolare con i palmi verso l'alto e prese fiato. « Lyressa, oscail do gheataí ach dom.** » ordinò e sprigionò la luce che aveva raccolto in piccoli fasci, che andarono a intrecciarsi sopra la sua testa per formare quella che poteva sembrare la cornice di uno specchio.

Al suo interno si intravedeva uno spicchio di cielo stellato dominato da due lune gemelle, che riversavano la loro luce su quella che sembrava una città di alberi, diversa da qualunque costruzione umana Ciel avesse mai visto. Sembrava immerso in un'atmosfera sognante, intangibile per chiunque non vivesse sotto quel cielo.

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