SEI IL MIO INCHIOSTRO

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POV NADINE

"Non vorrei dirtelo, ma hai la classica faccia di una che ha appena visto un fantasma", borbottò Mary.

Quasi mi misi a ridere. Sentivo l'impulso isterico di farlo, ma riuscii a frenarmi. Il fatto che la mia amica avesse scelto quell'espressione per descrivere il mio pallore era troppo ironico per lo stato d'animo in cui mi trovavo al momento. Nella mia mente ridotta a brandelli per la paura e l'indignazione, il legame con me stessa e quell'uomo non era stato ancora del tutto stabilito. Ma era innegabile che, nella sua versione, lui si considerava proprio uno spettro. 

"Non è un fantasma", le bisbigliai, facendo attenzione che lui non ci sentisse. "Ma crede di esserlo. Mi ha praticamente sequestrata in casa per dirmi che lui viene dal....".

"Ehm", Mary tossicchiò, bloccandomi, e indicando la porta. "Odio sottolineare l'ovvio ma quando sono arrivata, la porta di casa tua era aperta".

"Lo so". Digrignai i denti. La mia pazienza aveva superato di granlunga la soglia massima della sopportazione. "Ma ascoltami, per favore. Quel tizio è davvero convinto di...".

"Lo strafico", mi corresse Mary, guardando Alec. Quindi corrugò la fronte. "Ma che sta facendo?".

Gli occhi del vichingo stavano contemplando meravigliati il termosifone, vagando su e giù per le colonne e colpendo il metallo con la punta del dito. Che stava facendo adesso?

"Lascia stare", sospirai. "Puoi ascoltare quello che sto dicendo, per favore?".

I suoi occhi restarono incollati alla schiena di Alec per qualche altro secondo, poi si staccarono a forza. "Mai visto niente di simile".

"Sì, lo so, lo so, lo so. E' assurdo".

Tornò a guardarlo trasognata. "Mi riferivo ai suoi muscoli". L'istante successivo la sua espressione mutò, tornando seria. "Non ti ha fatto del male, vero?".

"No", risposi in fretta. "Mi ha sequestrata per...".

"La porta non era chiusa", puntualizzò, di nuovo.

"Lo so!", sbottai. Quindi riformulai la frase. "E' venuto qua per dirmi di essere il padre di mio figlio".

"Ti ha violentata, quindi?".

"No".

"Ti ha ubriacata, allora".

"No".

Indicò Alec con l'indice, boccheggiando per lo stupore. "Fammi capire: sei andata a letto con un uomo simile, e non lo ricordi?".

"Lui sostiene pure che abbiamo fatto sesso più di una volta".

Mary scrollò la testa, affranta. "Tu non sei umana". Chiuse la mano a coppa contro il mio orecchio e vi accostò le labbra, abbassando il tono: "Ti rendi conto che se il suo uccello è grosso anche solo la metà del resto dei muscoli, le tue cosce sono vive per miracolo? Come puoi non ricordarlo?".

La spintonai, allontanandola da me e guadagnandomi un'occhiata stranita da parte del vichingo. Appena i suoi occhi si posarono sui miei mi sentii avvampare.

"Donne!", ci chiamò, serio. "Ho fame. Datemi da mangiare, perché il mio appetito esige di essere soddisfatto immediatamente".

Sorrisi a denti stretti, rivolgendomi ancora a Mary, senza badare al tono alto. "Ah, non te l'ho detto. Crede di venire dal 1612".

"Ma pensa", sogghignò di fronte allo sguardo autoritario di Alec. "Non l'avrei mai detto".

Il vichingo ci passò accanto, a grandi passi, fermandosi accanto al tavolo del salotto e allungando un braccio verso il vassoio d'argento che mi aveva regalato mio padre subito dopo la laurea. Afferrò una mela, rigirandosela tra le mani e se la portò alla bocca.

SEI MIA PER DIRITTODove le storie prendono vita. Scoprilo ora