UNO SCOMODO RICORDO

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POV MARY

"Ma porca la miseria!!! Vuoi spostarti?", pigiai con forza la mano sul clacson, guadagnandomi le occhiatacce di rimprovero di alcuni passanti.

L'auto davanti a me avanzò in avanti di un paio di metri e pigiai l'accelleratore con foga, finendole quasi addosso. Frenai bruscamente e per poco non andai a sbattere la fronte contro il cruscotto. Dallo specchietto laterale intravidi una stradina di campagna che si ricollegava più avanti alla tangenziale est, e mi ci gettai. Per arrivare a casa di Nadine avrei dovuto percorrerla tutta, allungando il tragitto di una quindicina di minuti, ma avrei comunque impiegato meno tempo che restare bloccata nel traffico intenso della mattina.

Azionai le ventole dell'aria calda e le indirizzai contro i piedi, quindi ingranai la terza e spinsi l'auto a tutta velocità nella strada dritta che tranciava di netto ettari ed ettari di campagna. Il mio cellulare vibrò contro il cruscotto e sollevai un poco il piede dall'acceleratore, sporgendomi in avanti per afferrarlo. Sul display vidi lampeggiare il numero di Nadine:

"Sto arrivando, sto arrivando", urlai.

"Non preoccuparti", mi tranquillizzò, "Alec ha appena scoperto la play station".

Sollevai gli occhi verso il tettuccio della macchina. "Uomini".

"Ho però bisogno che lo porti via di qui prima che si svegli mio padre".

Abbassai un pò il getto dell'aria calda. "Come è finita ieri sera?".

"Mmmm... diciamo che mio padre gradisce a stento la sua presenza. Prima di andare a dormire mi ha fatto un predicozzo che non finiva più sui diritti delle donne e...".

"Avrebbe fatto meglio a farlo ad Alec", la interruppi.

"Lo ha fatto!", si esasperò. "Per questo ho bisogno che lo porti lontano da qui. Alec non ha preso molto bene il fatto che mio padre voglia avere diritto di voce su di me. Temo possano venire alle mani e in più ho bisogno di bermi un caffè".

Superai un trattore, spostandomi nella corsia di destra e aumentai ancora l'andatura. "Che centra il caffè?".

Sbuffò. "Alec non vuole che lo prenda".

Restai in silenzio per un momento e sentii chiaramente dall'altra parte delle cornetta il suono metalico di una mitragliatrice, seguita a ruota dalle urla di qualche soldato. A cosa diavolo stava giocando Alec? "E per quale assurda ragione non puoi bere caffè?".

"Sostiene che...", farfugliò, "... sia una... mmm, vuoi aspettare un attimo?", parlò a qualcun altro senza staccare le labbra dal telefono. "Ho bisogno di parlarle io... ", la voce si affievolì mentre imprecava contro qualcuno.

"Nadine? Tutto okay?". Forse la linea era disturbata.

"Restituiscimi subito il telefono!", gracchiò contro la cornetta.

Dopo un' altra pausa mi raggiunse una voce diversa: "Se mai dovesse venirmi la tentazione di strozzare la vostra amichetta, promettetemi che farete tutto ciò che è in vostro potere per fermarmi".

Aggrottai la fronte, fissando per un secondo il cellulare. "Alec? Sei tu?".

"Sì, sono io. Chi vi sta accompagnando qua?... Lasciami finire!".

"Non ti ho interrotto", obiettai.

"Domando scusa. Stavo parlando con mia moglie".

"Alec...", sbottai. "Ho il vago sospetto che in questo momento Nadine stia saltellando per riprendersi il cellulare. Potresti aspettare che terminiamo di discutere?".

"Scordatevelo!".

Persi la pazienza. "Alec!".

Lo sentii sbuffare. "Perciò, chi vi sta scortando?".

SEI MIA PER DIRITTODove le storie prendono vita. Scoprilo ora