INCONTRI NELLA NOTTE

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POV ALEC

Era infondo al bosco, in una radura che terminava all'inizio di una collina brulla, ricoperta dalla prima neve dell'inverno. I faggi erano stati tagliati da poco e accatastati ai margini dell'immenso prato che attorniava una casa in mattoni circondata tutt'attorno da una veranda in legno. Le travi del tetto erano sporgenti quel tanto che bastava da riparare dalle intemperie le facciate perimetrali. A copertura, anzichè la comune paglia, erano state usate delle tegole che di prassi venivano riservate per la costruzione dei castelli. Il rumore dei fiocchi di neve che scendevano in un turbine era l'unica nota che si poteva udire nell'immobilità della radura. Nessun animale, nessun cavallo spezzava la quiete notturna, nemmeno lo stridulo richiamo di un gufo o i passi felpati di un cervo, spinto dalla fame ad avvicinarsi all'uomo.

A far da contorno vi erano solo i respiri pesanti di Mary, decisamente poco abituata a camminare per più di qualche chilometro. Le scarpe che indossava erano corredate di un tacco alto quanto il palmo della mia mano e non sembravano adatte ad una passeggiata in collina, eppure non si lamentò, sebbene fosse evidente che quella situazione non le andasse a genio.

L'avevo trascinata con me alla ricerca di quel tatuatore non tanto perchè avessi bisogno del suo aiuto, quanto per tenerla d'occhio. Non mi fidavo di lei e speravo di riuscire a scoprire qualcosa della sua vita reale prima che lord Stuart mi strappasse via a forza da quell'epoca. Sapevo con certezza che io e lei ci saremmo rincontrati molto presto nel 1600 e volevo farmi trovare pronto. Anche se non aveva mai minacciato Nadine, il fatto stesso che voleva vedermi morto, la rendeva automaticamanete una nemica di mia moglie. Non potevo farmi cogliere impreparato.

Nel suo sogno, Nadine l'aveva trasformata nella sua più cara amica, ma mi chiedevo in che modo e in che occasione si fossero conosciute nel XVII secolo. Anche se i suoi ricordi erano stati per lo più cancellati, dentro di sè conservava traccia della sua vita passata e di conseguenza la risposta a tutti i miei quesiti. C'era la possibilità che avesse installato in Mary qualche indizio per farmi risalire alla sua vera identità, come il trance in cui era precipitata.

Le risposte erano tutte lì, davanti ai miei occhi, ma così confusionarie da non consentirmi di trovarvi una logica.

"Dovrebbe essere quella", Mary indicò la casa. Posò una mano sulla mia spalla per sostenersi e si massaggiò la caviglia. "La prossima volta che ti verrà voglia di fare una passeggiata notturna, avvertimi, così almeno infilerò in borsa delle maledettissime converse".

"Credete di riuscire a camminare per qualche altro metro o preferite che vi porti in braccio?".

Mi guardò di sbieco, irritata dal mio tono. "Sarei quasi tentata di dirti di sì ma ritengo sia più divertente sentirti sbuffare ogni tre secondi per come cammino lenta".

Ci incamminammo fianco a fianco lungo lo stretto sentiero che tranciava di netto l'ultimo tratto di bosco. I rami si aprivano a ventaglio sopra le nostre teste, e se da una parte ci riparavano dalla nevicata dall'altra gettavano ombre scure sul terreno irregolare, privandoci della possibilità di prevedere possibili ostacoli.

"Credete di farcela?", mi spazientii, accorgendomi che l'avevo distanziata di un paio di metri.

"Mi stai prendendo per il culo?", mugugnò, immobile.

"Se lo stessi facendo, credetemi, ve ne accorgereste".

"Sei proprio un cavernicolo".

Tornai sui miei passi e l'aiutai a liberare una scarpa da una radice sporgente. "Vi siete fatta male?".

Mary ruotò la caviglia e contemporaneamente gli occhi. "Ti credi figo solo perchè sei più bravo di me a camminare nei boschi, eh?".

"Mi credo solo più furbo da non rimanere incastrato in un tronco".

SEI MIA PER DIRITTODove le storie prendono vita. Scoprilo ora