SO CHI SIETE

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POV NADINE

Lo sguardo preoccupato di Alec si spostò con molta lentezza contro la mano posata sopra la sua spalla. Vidi un guizzo sulla sua mascella, segno inconfondibile del nervosismo, e iniziai a tremare.

"Signori O'Braam, siete pregati di seguirmi".

Catturai il silenzioso avvertimento negli occhi di Alec prima di retrocedere di qualche passo e sbirciare dietro di lui. C'era un uomo con addosso un completo di sartoria che con tutta probabilità era stato confezionato su misura e un'espressione così terribilmente seria da cui intuii che dovevamo prenderlo sul serio. Notai che sul polso destro luccicava un rolex e all'orecchio portava l'auricolare di un cellulare. Il volto crudele suggeriva che forse gli piaceva torturare la gente; nel vedere il suo sguardo torvo, mi chiesi se per caso non volesse cominciare subito con noi. La postura suggeriva una sicurezza tale da farlo comportare come se possedesse tutto e tutti, in quel castello, e come se potesse spazzare via tutto con un gesto frettoloso della mano. 

Guardò prima Alec, poi me. Istintivamente indietreggiai e al tempo stesso sentii Alec avvicinarsi, compensando il mio movimento. Non mi toccò, ma da come i muscoli delle spalle si erano tesi, capii che era pronto a difendermi. 

"Credo vi convenga  seguirmi", aggiunse, notando che nè io nè Alec avevamo dato cenno di volerlo seguire.

"Non credo di conoscervi", la voce di Alec sembrava composta e gentile.

L'uomo non battè ciglio, non spostò nemmeno lo sguardo dal mio volto. Mi stava studiando in un modo che lasciava pensare mi avesse già vista da qualche parte. Eppure, se ci fossimo incontrati, non avrei mai potuto dimenticarmi di lui. Lo fissai di rimando e fui grata delle spalle larghe di Alec che fungevano da scudo, nascondendo il mio tremore. Non vi era motivo per cui dovessi sentirmi così terrorizzata. Malgrado l'espressione seria e decisa di quell'uomo, non ci era stata rivolta alcuna minaccia. Tuttavia sapevo che sarei potuta scoppiare in singhiozzi da un momento all'altro.

"Vi rinnovo la mia richiesta di seguirmi, lord O'Braam", cantilenò più seccamente. Lo sguardo ancora fisso su di me. "Anche se, a onor del vero, gradirei prima discorrere con la signora, se non vi dispiace. In privato", aggiunse.

Vidi le spalle di Alec tremare sotto una risata. Era una risata nasale e profonda, quasi studiata.

"Trovate, forse, la cosa divertente?", ci accigliò l'uomo.

La risata cessò e le spalle tornarono a tendersi in una postura nervosa. "Irrealizzabile, più che altro". 

"Gradirei...".

"La ragazza resta con me", lo interruppe, deciso e tagliente. Le buone maniere erano svanite in un lampo e il suo corpo si preparò involontariamente ad un possibile scontro. 

Nel silenzio che ci avvolse, nonostante la paura, scrutai l'uomo attentamente e con occhio clinico. Aveva la pelle grigiastra, le guance scavate e una grossa vena gli pulsava accanto alla tempia. Sembrava reduce da un'influenza, o da due settimane passate senza chiudere occhio. Da quando si era avvicinato a noi l'aria impregnata di umidità e muffa si era riempita di un altro odore. Mi riportava ai tempi in cui frequentavo il secondo anno di università. Ai laboratori di vivisezione. 

Arricciai il naso, nauseata. La pelle di quel tale puzzava come se fosse stata immersa per ore nel disinfettante. Malridotto com'era, forse Alec sarebbe riuscito a metterlo fuori combattimento in meno di una manciata di secondi.

"D'accordo", acconsentì infine, spostandosi di lato per invitarci a precederlo. "Prego, signori O'Braam, da questa parte".

Io e Alec ci scambiammo una fugace occhiata perplessa e fianco a fianco lo seguimmo lungo un corridoio strettissimo che sembrava condurre nel cuore del castello. 

SEI MIA PER DIRITTODove le storie prendono vita. Scoprilo ora