DOLORE

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Scesi lentamente i tre gradini dell'ingresso, osservando distratta la breve stradina che terminava al piccolo cancelletto bianco, prima di tuffarsi sul marciapiede, sgombro da biciclette e persone per via dell'orario. 

La mia mente era lontana chilometri. Viaggiava dispersa, supplicando di entrare in possesso di quella mappa che avrebbe definito la sua strada, insegnandole dove posare i suoi prossimi passi per non correre il rischio di ritrovarsi in un vicolo cieco. E il muro di fronte a me mi sbatteva in faccia la verità nuda e cruda: la direzione che avevo breso era sbagliata e non potevo tornare indietro. Non ricordavo nemmeno come ero arrivata a quel punto. Potevo quindi solo andare avanti, scorticarmi le mani per abbattare quel muro, pezzo dopo pezzo, e aprire un varco che mi avrebbe fatta affacciare su quel sentimento che la gente si accaniva a rincorrere.

Ma anche se l'avessi raggiunto, sul percorso che stavo seguendo non vi era alcun appiglio a cui potessi aggrapparmi per capire come la mia anima potesse connettersi a quella di Alec, creando un "noi". Persino il tempo giocava a mio sfavore, posizionando trappole in ogni angolo d'ombra, e ostacolando quel barlume di sentimento che cominciavo a sentire. Ed era così fievole che, appena tentavo di trattenerlo, scivolava attraverso le mie dita come granelli di sabbia, confondendosi poi tra le dune sabbiose di tutti gli altri sentimenti che Alec scatenava in me. Così annaspavo, scavavo, alla ricerca disperata di quei miseri granelli che non avrei più ritrovato, pescandone solo qualcuno mescolato ad altri granelli e formando così una caotica sensazione di disagio a cui non potevo trovare un nome. Non era amore, non era affetto. Era solo confusione, e per questa ragione non meritava di essere confusa con un sentimento così complesso come l'amore.

Osservai la schiena di Alec scagliarsi contro il sole, riparandomi involontariamente da alcuni raggi che altrimenti mi sarebbero finiti in faccia. Era questo che faceva. Mi proteggeva da ogni cosa, direttamente o indirettamente. E lo avrebbe fatto sempre, indipendentemente dall'epoca in cui ci saremmo ritrovati. Nessuna misura del tempo era riuscita a tenerlo separato da me, frazionando il suo amore in mesi, anni, secoli, in modo tale che in ogni momento della mia esistenza avesse potuto donarmi quel pezzo della sua anima che non era andata perduta. 

Ed io assorbivo il suo amore, lo tenevo imprigionato dentro di me, ingorda, incapace di farne a meno nonostante nessuna parte del mio cuore facesse un misero passo in avanti per sbilanciarsi e mettersi in gioco.

"Statemi accanto", si raccomandò, fiutando un possibile pericolo quando un furgoncino delle poste accostò lungo il marciapiede, a pochi metri di distanza.

Sorrisi mio malgrado, imponendomi di accettare la sua immotivata apprensione. La sua mano salda sull'elsa della spada di mio nonno mi fece capire che avrebbe affrontato qualunque mostruosità per me. Mi tastai la pancia; e per nostro figlio. 

Potevo innamorarmi di un uomo simile? La risposta era semplice. Sì, potevo farlo.... ma non in una misera settimana. Non mi sarei affezzionata nemmeno a un cane in una settimana, figuriamoci ad un uomo che amava dettare legge e faceva di tutto per controllarmi e annullare la mia indipendenza. Il suo istinto di protezione non bastava. Le sue promesse erano insufficienti, per quanto solenni. Perchè la mia intera vita era appena stata bruciata, come un vecchio ibro ingiallito gettato tra le fiamme di un caminetto, le cui pagine si stavano trasformando in strati di cenere. Era su quei sottili pezzi di carta carbonizzati che avrei dovuto riscrivere il mio futuro, e nessuna penna avrebbe potuto terminare un singola parola senza prima sbriciolare quel foglio ardente. Non importava quanto la mia mano sarebbe stata delicata. Nessuna pressione avrebbe garantito l'integrità della mia nuova vita. Solo l'amore poteva fungere da collante. Ed io non lo provavo. E nemmeno volevo provarlo.

Le dita di Alec si strinsero nelle mie, alla ricerca di un contatto mentre Mary ci faceva strada qualche passo più avanti. Le osservai, affascinata, stupendomi di quanto fossero grandi e salde. Inghiottivano le mie, trattenendole senza il minimo sforzo e facendole sentire a casa propria. 

SEI MIA PER DIRITTODove le storie prendono vita. Scoprilo ora