Cap.18

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-Hey Kabra, vieni qui un attimo?-
Strinsi il mio libro e mi allontanai dal cancello.
-Kabra, dove scappi?-
-Dai, bambina, vieni qui a giocare-
-Grazie per l'offerta, ma mio fratello mi aspetta a casa- risposi timida, avanzai pronta ad andar via ma uno di loro mi bloccò il polso.
-A casa? Quale casa? Quella bruciata? Hahahahaha, orfanella senza tetto!- mi puntò il dito insultandomi.
Scappai piangendo.

Quello era solo uno dei tanti ricordi, tanti momenti in cui io andavo a scuola, avevo solo dodici anni, avevo deciso di andare a scuola, Ian mi sosteneva ma aveva paura, lui aveva deciso di non andarci e di allenarsi a casa e nel bosco, se solo avessi fatto come lui.

-Kabra... dai, passami i compiti già fatti!-
Si passava spesso da semplice supplica a grandi ordini contenenti offese.
-Orfanella del cazzo, dammi gli appunti!-
Forse non sarei dovuta tornarci più ma ci andai per tre mesi, fino a che non successe qualcosa di orribile.

-Nat. Hey, svegliati-
Mi sentii scuotere così aprii gli occhi.
-Hey... hai pianto? Perché sei qui per terra?-
Era Ian, così dolce e premuroso con me, come quella volta.
Nascosi i foglietti sotto al letto e mi alzai.
-Ian... andiamo ad uccidere assieme- dissi.
-Sono già le due di notte...- commentò.
-Ti prego...- singhiozzai.
-E va bene, preparati!- disse arrendendosi.
Ci vestimmo, prendemmo tutto l'occorrente, io con la mia tuta e lui con il suo zainetto inseparabile, con la mannaia e il coltello.
Andammo ad uccidere.

Dietro di noi, una scia di sangue ci seguiva allegramente, mi portavo dietro l'ultimo cadavere ucciso per succhiargli il sangue mentre camminavo e al momento avevo il cadavere di una donna, lo buttai a terra e salii dentro la casa di fronte a me, Ian mi seguii.

-Non hai paura? Sei vergine? Hai paura?- domandai ridendo, tenevo la mandibola della vittima intrappolata nella mia mano, stringevo.
Le rupi la mandibola.
-Fallo!- ordinai, il miei occhi stavano diventando neri, completamente neri.
Mi stavo fondendo con l'altra mia metà ed usavo la sua forza.
Ian prese il coltello, lo infilò nella vagina, squarciando il linguine e salì verso l'addome.
Io risi, mio fratello sembrava contrariato poiché, ad ogni vittima di quella sera, si era scusato per averla squarciata.

Cioè ''scusa albero se ti ho tagliato ma mi serviva la carta igienica per pulirmi il culo''. Boh.

Lo fulminai con lo sguardo, ma lui tolse il coltello.
Mi misi a cavalcioni su di lei, era rossa, non avevo notato i suoi capelli, le sue lentiggini sì, ma non pensavo fosse rossa.
-Sai che rossa di capelli è golosa di uccelli?- domandai ridendo da pazza.
Mio fratello mi sussurrò di smetterla.
Presi la mannaia e la feci cadere dolcemente tra le sue costole, ripetutamente.
Il sangue schizzava beatamente fuori dal corpo e le ossa scricchiolavano allegre, era la scena più bella mai vista.
Feci una grande linea nell'attaccatura
dei capelli, una linea non troppo profonda.
Ci infilai le mani, mettendomi seduta dietro il capo della ragazza ormai morta.
Le mie dita entravano per metà sotto la cute, risi.
Iniziai a tirare.
Si sentiva la pelle strapparsi come quando la mia maglietta si impigliava nei rami degli alberi, non me ne accorgevo mai e continuavo a camminare ricevendo come risultato un enorme squarcio.

Hahahahahaha.

In quel caso non era proprio così, ma il suono era simile.
Le mie dita navigavano nella sua testa, tra il sangue e i nervi.
La sensazione che dava era stupenda, il suono era magnifico, l'odore dolce come il sapore metallico del sangue e la vista era spettacolare, l'effetto che mi faceva era meglio della droga.
Persino meglio della marijuana, quando l'avevo assaggiata, non mi aveva fatto questo effetto, né la droga di Ian, né nessun'altra droga.

Un Killer Può Amare? -Jeff The Killer.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora