cap. 20

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Ero immobile, ma tremavo.
Guardai attraverso lo specchio attaccato al frigo.
Dietro di me non ci era nessuno.
Presa dalla paura mi venne un attacco di panico.
-Natalie...- urlò qualcuno.
La mia vista era offuscata, impaurita presi oggetti vicini a me e lì scagliai contro la figura nera che camminava velocemente nella mia direzione.
Avevo paura.

Quella persona mi prese in braccio mentre io continuassi ad avere mancanza d'aria.
Mi sentivo soffocare e tutto intorno girava, rimbombavano suoni strani nella mia mente.
-Aiutami, Ian- urlò qualcuno con voce robotica e scura.
Mi presero in due e mi coricarono sul divano.
Sentii il liquido di cui avevo bisogno scendere nella mi gola ed aiutarmi a respirare meglio.
Sentivo una mano fredda sul mio petto che mi aiutava a respirare bene ma ciò non mi aiutava, continuavo ad aver paura.
Io vedevo sfuocato, ormai era quasi tutto buio.

-Ti sei scordata di me, Kabra?- domandò ancora.
Aprii gli occhi alzandomi di scatto.
-Natalie...-
-Nat...-
-Kabra... hai paura?-
Mi allontanai subito da lì spingendomi all'angolo, il famoso angolo dove mi rinchiusi mesi prima.
-Stammi lontano! Sparisci! Basta! Basta! Vattene via!- urlai tappandosi le orecchie.
-Kabra, non ignorarmi, vieni... vieni a giocare con noi- rise.
-Basta, ti prego-
-Natalie Kabra? L'orfanella? Non mi scapperai mai!-
-Basta... ti prego- sussurrai stanca.

-Kabra, vieni a giocare con noi. Dai su! Ti divertirai!-
-Grazie, ma non posso...-
-Forza!- mi prese per il braccio e mi portò in un capannone abbandonato, là c'erano quattro suoi amici.
Mi stuprarono tutti insieme.
Io piangevo e urlavo.
Ero una bambina di dodici anni.
Una bambina indifesa e ingenua.

-Non abbiamo finito- grido uno di loro ed estrasse un coltello che mi ficcò nella schiena, urlai dal dolore.
Lui rise muovendo il coltello, dalla ferita usciva sangue a fiumi ed un dolore allucinante.
Lo sfilò mettendo al suo posto un qualcos'altro, che poi riempì di liquido.
Fece così anche dall'altra parte della schiena, mirava alle ovaie.
Appena finì, prese un accendino e me li buttò dietro la schiena.
In un attimo mi ritrovai copertura di fuoco, capii che il liquido fosse infiammabile e ciò non mi aiutava per niente.

Urlai di dolore.
La pelle brucciava.
Faceva un dolore assurdo.
Non potevo muovermi poiché ero stata legata, cercavo aiuto gridando ma nessuno mi sentiva.
Loro ridevano mentre io urlavo.
Erano urla molto forti eppure nessuno mi sentiva.

Prendevo a fuoco, prendeva tutto a fuoco.
La mia pelle, la mia gioia, i miei ricordi felici, i miei sogni, i miei desideri, tutto prendeva a fuoco.
-Bastardi!- urlò qualcuno.
Vidi un'ombra correre con un legno in mano e picchiare quei tipi.
Mentre urlavo mi prese in braccio e corse, buttandosi dentro al canale. Quel corso d'acqua era dietro al capannone.
Mi sorreggeva per le braccia aiutandomi a bagnarmi per bene.
La mia pelle si spense ed io iniziai a piangere più forte.
-Sorellina, perdonami, se solo fossi arrivato prima...- disse osservando il mio corpo nudo e bruciato, lo abbracciai dicendogli che non fosse colpa sua ma quella bruciatura restò per sempre sulla mia pelle e nel suo cuore.

-S... m... a... okay ... ma... Slendy... non fa a levarglielo? La sta distruggendo, morirà-
-Non fa, mi dispiace, devi convincerla ad andare là!-
-Cazzo, non accetterà mai!-
Scossi la testa guardandomi intorno.
-Nat? Nat, ti sei svegliata?!- esclamò Ian abbracciandomi.
-Io...- guardai le mie mani tremare.
-Resta calma e cerca di respirare- disse Slenderman.
-Dov'è Jeff?- chiesi.
-É uscito ad uccidere, aveva bisogno di sfogarsi un po'...- spiegò Ian.

Un Killer Può Amare? -Jeff The Killer.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora