Fin da quando ero bambina ho sempre pensato che il mio destino fosse segnato. Che qualcuno di più grande e che andava oltre la nostra capacità intellettiva avesse scritto tanti diari, uno su ognuno di noi. Sulla faccia della terra. Una biblioteca così grande, dentro alla quale chiunque si sarebbe potuto perdere all'istante. Una biblioteca così grande che solo provare a trovare il proprio diario, il libro con la copertina personalizzata e il tuo nome sopra, fosse una missione suicida, impossibile da compiere.
E nonostante tutto ho immaginato tante volte di riuscire ad avere tra le mani quel diario. Aveva il mio nome sopra scritto a matita ed era decisamente rovinato, di un colore verde così sbiadito. L'ho immaginato come un libro orribile, vero? Fragile. E ogni volta che immaginavo di averlo tra le mani, con il passare degli anni, diventava sempre peggio. Era come se venisse scalfito ogni volta da un nuovo dolore, da un nuovo avvenimento negativo della mia vita.
E l'interno? Aveva parole talmente sbiadite che faticavano a leggersi. C'erano date, un mucchio di date, affiancate da poche parole con significato vano.
Ho sempre visto il bicchiere mezzo vuoto. Da quando mia madre morì in quell'incidente. Da quando le mie ali vennero spezzate insieme all'osso della mia spalla. Da quando mio padre si era risposato. Da quando... potrei continuare così fino ai nostri giorni, sai?
Forse fu per colpa di quel diario immaginario che all'età di diciott'anni andai via di casa. Volevo cambiare le cose. Volevo che il mio diario cambiasse in meglio per una volta. Ma anche a Londra le cose non migliorarono. Penso di non averlo mai detto a nessuno, ma quello fu uno dei periodi peggiori della mia vita. Mi ero presa responsabilità che non ero in grado di gestire e che avevano solo fatto sgretolare ulteriormente il mio diario.
Benjamin fu l'ultima goccia. Non d'acqua. Ma di benzina. E il mio libro andò a fuoco senza che potessi fermarlo. Recuperarlo. Riaggiustarlo. Era finita.
E forse fu un bene. Perché solo una volta che mi distaccai da quell'isola immaginaria che mi ero creata, riuscii a raggiungere il mio obbiettivo. Sono diventata qualcuno. Qualcuno che nel suo mondo del lavoro veniva apprezzata, stimata, cercata.
Ma anche in quel caso si trattava di uno scherzo del destino. Perché quello era solo un momento di gioia in mezzo a tutto il dolore che la vita mi aveva procurato. Un'illusione.
E adesso non vorrei sembrare Leopardi, sai: tutta la negatività, la delusione e i discorsi taglia vene... no, aspetta. Probabilmente non sai neanche di chi sto parlando. Nelle scuole inglesi si studia Leopardi? E Irlandesi? Beh, in ogni caso, se tu non dovessi conoscerlo neanche, è solo un bene.
'Il destino è crudele e si prende gioco di noi'. È questo che avrei detto mesi fa. Quanti mesi fa? Esattamente nove mesi e sedici giorni. Da quando ti trovai ad attendermi nel mio ufficio e non mi salutasti nemmeno.
Perché fu proprio allora che il mio pensiero cambiò. Sei stato tu a ribaltare la mia vita. E non per le condizioni in cui mi ritrovo adesso. Non perché la mia pancia continua ad aumentare e io non smetto di pensare a te ogni volta che mi guardo allo specchio.
È solo perché sei stato il mio fulmine a ciel sereno. La mia luce brillante in quella finta illusione, in quella parvenza di serenità che mi ero creata nell'ultimo anno. Sì, è così che ti vedo: il fulmine che in un attimo ha devastato la mia vita.
Mi hai fatto cambiare idea. E adesso posso dirlo chiaro e forte: non c'è nessuno che scrive o traccia il nostro destino. Siamo solo noi che in base alle nostre scelte siamo quel che siamo.
E sai una cosa? Io le mie scelte le ho sbagliate proprio tutte. Avrei potuto perdonare prima papà, per esempio. Avrei potuto mandare quel messaggio che tante volte ti avevo scritto, ma che subito cancellavo, per esempio.
Sono quattro mesi che non ti parlo. Sono passati quattro mesi dal tuo "Addio, Spencer". Sono stati i quattro mesi peggiori della mia vita. Lontana da te dopo aver provato la sensazione di stare accanto a te.
Mi sono chiesta tante di quelle volte se fossi un angelo. E non vorrei passare da Leopardi a Dante, ma tu, con i tuoi capelli biondi, sebben tinti, e gli occhi azzurri, sembravi e sembri ancora adesso l'angelo perfetto.È per questo che non ti ho più cercato. Perché non volevo essere la tua macchia scura in mezzo alla tua anima così pura. E dopo tutto quello che ho creato non posso farlo ora. Non posso cercarti e dirti che sono incinta.
Hai vent'anni, ventuno tra qualche giorno. Hai una vita fatta di musica e di viaggi continui. Hai una vita nella quale io e lui non dovremmo stare. Non dovremmo farne parte. Ho già rovinato la mia vita. Non voglio rovinare anche la tua, Niall.
Sono riuscita a rovinare anche la serata più bella della mia vita. Quella notte in cui ti ho sfruttato. Ho giocato con i tuoi sentimenti e ho cercato conforto in te. Perché ti amavo. Ma l'ho fatto nel modo più sbagliato possibile.
E non so cosa sia andato storto quella notte, ma adesso ho una parte di te che sta crescendo dentro di me. Non era esattamente nel mio programma rimanere incinta. Quando in qua la mia vita segue il programma che vorrei che seguisse? Non l'hai mai fatto e mai lo farà.
Ma nonostante tutto, fin da quando ho scoperto di essere incinta lo sapevo: non avrei mai fatto morire quella creatura. Quella nuova vita che avevamo generato insieme.
E spero che lui non si sia reso conto del mio pianto quando seppi della sua esistenza. Non voglio che mi veda come una cattiva mamma. Perché lo amo. Tanto quanto amo te.
Ed è per questo che sto prendendo queste decisioni. Perché ti amo e voglio che tu viva la tua vita. Che tu non sia vincolato da me e da noi. Che non debba sentirti costretto in qualcosa che non volevi. Per questo non ho intenzione di dirti nulla. Mi dispiace, Niall. E so che dopo questa bravata non mi perdonerai mai. Spero, infatti, che tu non lo venga mai a sapere. Che sia qualcosa con la quale solo io dovrò convivere. Il senso di colpa, la delusione, le conseguenze di ogni mia scelta sbagliata.
E spero che almeno nostro figlio mi perdonerà, per averlo privato di una figura paterna. Della figura migliore che ci potesse essere nella sua vita.
Non chiedermi cosa gli dirò quando sarà più grande. Quando mi chiederà perché non ha un padre. Perché adesso non lo so. Ma avrò un paio d'anni per pensarci.
Odio scrivere quello che sto scrivendo. Perché il mio cervello ha così tanti conflitti che non riesce neanche a decidere correttamente. Non l'ha mai fatto. Non riesco a gestirlo neanche io, lo sai. E spero che chi mi starà accanto d'ora in avanti mi aiuterà anche in questo. A fare chiarezza. A comprendere me stessa. Grazie a te ci sono riuscita, ma solo in parte.
Non voglio dirti grazie. Ringraziarti non sarebbe neanche abbastanza in questa circostanza. Ma devo farlo. Perché spero che nostro figlio possa essere il mio nuovo inizio. Possa essere la mia salvezza. Il mio modo di espiare. La mia cura.
Perché te lo avevo promesso: avrò cura di te. E non sono riuscita a farlo.
Ma questa volta giuro che riuscirò a portare a termine la promessa che sto per fare. Avrò cura di lui, Niall.
E tu abbi soltanto cura di te.
- Spencer Silvestri.
Angolo autrice: Non so come iniziare a scrivere questo piccolo appunto eehm. Con scusate? Ok, mi scuso perché questo capitolo è cortissimo. Il più corto di tutta la storia. E ho anche pensato che sarebbe potuto essere la fine della storia, sapete? Ma poi ci ho ripensato. Beh, perché lo sapete: non riesco a far finire una storia in questo modo. Avviso comunque che siamo finalmente arrivati agli sgoccioli della storia. Manca davvero poco. Forse uno o due capitoli, tre al massimo. Cercherò di sbrigarmi per il prossimo. Intanto lascio a voi i commenti di questo aggiornamento.
xx -M
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Avrò Cura Di Te
FanfictionNiall odiava molte cose in quel periodo: odiava il suo ginocchio, odiava le persone che continuavano a chiedergli come stesse. E odiava chi non svolgeva bene il proprio lavoro. Lo scetticismo che prevalse in lui quando si ritrovò davanti quella rag...