21. È complicato

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14 Febbraio 2018

P.O.V. Niall

Non sapevo neanche perché fossi lì. Continuavo a camminare tranquillamente, mentre la gente mi passava accanto senza curarsi di me. Dopotutto indossavo il cappello e gli occhiali da sole ed ero in una città dove non sarei dovuto essere.

Non sapevo perché fossi lì.

Sbagliato, Niall. Lo sapevi eccome.

A qualche chilometro da lì si trovava la casa dei Silvestri, quella in cui avevo messo piede una volta sola. E sapevo perfettamente che quella era rimasta la zona in cui abitavano anche Spencer e Jake. Perché ogni tanto con quest'ultimo ci sentivamo ancora. E durante la tappa di Milano dell'ultimo tour ci eravamo anche visti. Erano cambiate tante cose nella sua vita, così come nella mia. E la cosa divertente era che nessuno dei due, quella volta, aveva nominato Spencer.

Era meglio così: perché era passato troppo tempo dalla mia rassegnazione. Anche se in realtà non mi ero mai dimenticato di lei. Era come se mi sentissi ancorato in qualche modo a quella donna, anche dopo tutti quegli anni. E ogni tanto mi tornava a galla qualche ricordo doloroso.

Perché quel consiglio che mi era stato dato da Jake, di non dimenticarla, avrebbe dovuto avere più senso di quanto gliene avessi dato all'epoca. Lo sentivo.

E forse avrei dovuto dare ascolto alla mia Jane, che continuava a ripetermi che ventiquattro anni potevano essere un'età perfetta per sistemarsi, cercare la donna ideale, sposarsi e avere figli. Tralasciando i tour o meno.

E forse le avrei dovuto chiedere di uscire, una volta tornato a casa. Perché quando Rachel aveva messo fine alla nostra relazione, lei era stata l'unica ad essermi rimasta accanto. Era da anni che continuava a farlo. E sapevo che i suoi sentimenti non erano solo quelli di un'amica.

Ma Rachel mi aveva spezzato il cuore, di nuovo. E io dovevo aspettare di rimettere a posto i pezzi.

E così ero partito. L'ultimo tour era finito da poco e io meritavo quella pausa. Dopotutto quella di due anni prima, la più lunga in tutta la nostra carriera, era stata entusiasmante per tutti e quattro.

Milano. Era proprio come l'avevo lasciata, proprio come la ricordavo dall'ultimo tour.

Continuai a camminare per le strade e mi soffermai a guardare un piccolo parco, forse attratto da qualcosa che andava oltre la mia volontà. O forse era solo il destino.

Il parco era semplice, ma molto bello e il sole illuminava il tutto. Iniziai a camminare per il piccolo vialetto con un piccolo sorriso sul volto, guardando uomini e donne italiane che portavano a spasso il cane o chiacchieravano tra di loro. Mi avvicinai al piccolo parco giochi, dove dei bambini giocavano e strillavano allegramente.

Fu proprio allora che la vidi. Seduta sulla panchina ai bordi del parco giochi. Con le gambe incrociate sotto al sedere e adagiate sulla panchina. Dio, era dannatamente bella. Forse più di quanto ricordassi. I suoi capelli biondi erano sistemati in una coda alta e degli occhiali da vista le adornavano il viso. Il suo gomito era poggiato sul ginocchio e la mano sosteneva il viso, mentre la sua attenzione era puntata sul libro che aveva sulle gambe.

Tre anni e mezzo. Quasi quattro anni che non la vedevo. E adesso eccola lì. Non era nelle mie intenzioni incontrarla. Sì, insomma, ero andato fin nella loro zona, ma non speravo di riuscire ad incontrarla. Le possibilità di successo dopotutto non erano molte.

Non mi ero neanche reso conto che stavo trattenendo il respiro. O che le mie gambe si stessero muovendo verso di lei. Mi tolsi gli occhiali da sole e la raggiunsi.

Avrò Cura Di TeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora