P.O.V. Niall
"No! No, papà, no!". I singhiozzi di Thomas mi stavano logorando l'anima.
"Ssh, babe. Sono qui" mi misi a camminare per il salotto, cercando di calmarlo, invano. La sua mano restava ancorata alla mia maglia e il suo viso seppellito nel mio collo.
"Non andare via! Non lasciarmi qui" guardai Spencer, ma lei non ricambiò. Stava seduta sul divano con gli occhi chiusi e le mani sulle tempie.
Era da quella mattina che Thomas faceva i capricci e nulla gli andava bene. Voleva solo essere coccolato da me. Non aveva neanche accettato di mangiare se non ero io a imboccarlo.
E tutto quello perché domani sarei tornato a Londra, mentre loro sarebbero rimasti lì.
"Amore, ci rivediamo presto" cercai di consolarlo, accarezzandogli la schiena.
"Portami con te" continuò a dire, affondando le dita nel mio collo, vicino all'attaccatura dei miei capelli.
"E la mamma?" gli chiesi, cercando di convincerlo che quella non fosse una buona idea.
"Pure" mi rispose tirando su con il naso.
"Devo lavorare, Tommy. E tu devi andare a scuola. Ma andiamo da papà presto" Spencer ripeté per l'ennesima volta quella giornata, intervenendo dopo un lungo periodo di silenzio.
"Non ho intenzione di lasciarti più, piccolo. Ma devo lavorare anche io" sospirai.
"Non mi piace il tuo lavoro" disse senza smettere di piangere e io rimasi confuso da quell'affermazione e guardai Spencer. Anche lei mi stava guardando e annuì come se avesse capito il senso di quella frase.
Non risposi a mio figlio e gli baciai la testa, prima di iniziare a canticchiare If I Could Fly. Quando la mia voce arrivò alle sue orecchie, improvvisamente si rilassò: la presa della sua mano si allentò e i suoi singhiozzi divennero più morbidi e meno repentini.
Mi interruppi prima di arrivare alla fine della canzone e baciai la testa del mio bambino addormentato.
"Grazie a dio si è addormentato". Spencer sospirò e si alzò in piedi.
"Grazie alla mia voce vorrai dire" dissi e lei mi fece un piccolo sorriso divertito.
"Egocentrico".
Sorrisi anche io. Il tono con cui lo aveva detto mi aveva trasportato ad alcuni anni prima, quando battibeccavamo bonariamente in palestra.
"È la verità" affermai, seguendola verso la camera di Thomas.
"Allora è anche grazie a me, dato che gli ho fatto sentire la tua voce da quando stava nella mia pancia" accese la luce della camera e andò a sistemare le coperte del lettino.
"Chi è l'egocentrico qui?" borbottai amaramente pensando al suo carinissimo modo di fare nei miei confronti e adagiando mio figlio nel letto.
"Mmh, giusto" confermò e poi restammo in silenzio, mentre rimboccavamo le coperte di Thomas e uscivamo dalla stanza.
"Dio, è stato stancante oggi" fece Spencer, gettandosi di peso sul divano.
"E pensa a domani quando me ne sarò andato" dissi sedendomi accanto a lei.
"Stronzo" grugnì e io scossi la testa.
"Grazie" risposi, ripensando poi alle parole di Thomas. "Secondo te cosa voleva dire con il mio lavoro?" le chiesi tornando improvvisamente serio e voltandomi a guardarla.
"Voleva dire ciò che ha detto, Ni" iniziò a spiegarmi. "A tuo figlio ho detto che eri lontano per colpa del tuo lavoro e adesso che sta risubendo questa cosa lo ha detto senza neanche pensare. Ama la tua voce e vorrebbe diventare anche lui cantante, ma vede il tuo lavoro come l'ostacolo che gli ha impedito e gli impedisce di stare con te".
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Avrò Cura Di Te
أدب الهواةNiall odiava molte cose in quel periodo: odiava il suo ginocchio, odiava le persone che continuavano a chiedergli come stesse. E odiava chi non svolgeva bene il proprio lavoro. Lo scetticismo che prevalse in lui quando si ritrovò davanti quella rag...