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New York,

14 giugno 1950

I Bieber erano senza ombra di dubbio una delle famiglie più ammirate, ben viste e apprezzate nel campo dell'imprenditorialità a quei tempi. Jeremy Bieber era riuscito nell'impossibile soltanto dieci anni prima, nel 1940, costruendo con le sue sole forze un impero degno di essere definito tale.  Un giovane umile prima di essere incoronato milionario, un ragazzino nato in povertà che era riuscito a trasformare radicalmente la sua vita e quella della sua famiglia. Un uomo da ammirare, non c'erano dubbi, eppure non tutti avevano avuto il privilegio -o la sfortuna- di conoscerlo per chi era davvero.

L'occasione da prendere al volo si presentò fulminea agli occhi di Wendy il 14 giugno del 1950, mentre era intenta a leggere uno dei suoi soliti libri sulla comoda sedia a dondolo. Le piaceva godersi il pomeriggio nella più completa tranquillità, cullata dalla leggera brezza e dal cinguettio degli uccelli che incessantemente riempiva lo spazio circostante. Si concentrava di tanto in tanto sui piccoli nidi ai margini dei rami e ammirava le minuscole creature, poi tornava a concentrarsi sulle avventure dei suoi personaggi preferiti. Aveva letto quel libro quattro volte nell'ultimo mese ma non ne aveva di nuovi e, molto probabilmente, non ne avrebbe avuti per molto tempo.

Si sistemò il maglioncino azzurro sulle spalle, ispirando a pieni polmoni l'inebriante profumo che quest'ultimo emanava: fissò la morbida seta, accarezzando i bottoni del medesimo colore e socchiuse gli occhi: chissà quante volte la madre aveva indossato quell'indumento. Pensare che quel maglioncino era prima appartenuto alla donna che l'aveva messa al mondo la faceva rabbrividire ogni volta. Lo indossava solo nei momenti di solitudine, non si era mai permessa di metterlo per uscire a fare compere o per andare a scuola. Sentiva di doverlo indossare a casa, proprio sopra quella sedia a dondolo che il padre aveva costruito con le sue mani, per la moglie, nei nove mesi di gravidanza. Come se fosse un rituale, un modo per sentirla più vicina. La percepiva nella brezza che le scompigliava i capelli, la sentiva nel cinguettio degli uccelli e la vedeva nel cielo azzurro privo di nuvole. Era un momento magico, tutto suo e di sua madre.

Proprio durante quel pomeriggio del 14 giugno, quando il mondo pareva essersi fermato un attimo e sembrava le avesse lasciato il tempo di riflettere, tutto mutò. Una voce roca richiamò la sua attenzione facendola sobbalzare di malavoglia e chiudere il libro di scatto. Nel momento in cui però si rese conto che Justin, in tutto il suo fascino, era intento a scendere dall'auto e a dirigersi sotto il vecchio portico in legno, Wendy sorrise istintivamente.

Dall'ultimo appuntamento, il ragazzo era ormai solito ad andarla a trovare tutti i pomeriggi e a Wendy non dispiacque mai, le faceva piacere che qualcuno si interessasse a lei e, visto e considerato che Pauline era stata costretta dai genitori a partire per le vacanze, non si sarebbe poi sentita tanto sola. Senza la sua amica, Wendy era abituata da anni a starsene rincasata tutto il mese di giugno, aiutando il padre e lavorando qualche giorno in biblioteca e qualche altra settimana invece dalla sua vicina di casa, aiutandola con i bambini e con le faccende di casa. Non erano soliti a pagarla molto, ma alla ragazza bastavano quei pochi spicci.

"Non dirmi che hai iniziato a leggerlo di nuovo" disse il ragazzo salendo un paio di gradini e affiancando la ragazza, chinandosi per lasciarle un bacio casto sulla guancia.

Wendy ripensò alla settimana precedente quando le sue labbra non riuscirono a catturare per poco quelle di lui e arrossì, abbassando lo sguardo sul libro che strinse tra le esili mani.

"Mi piace" si giustificò timidamente. "In realtà lo adoro" aggiunse in fine, voltandosi decisa verso il ragazzo che si accomodò su una delle vecchie sedie che accerchiavano un piccolo tavolinetto in legno. Stese le gambe su quelle di Wendy e si lasciò andare con il capo all'indietro, sospirando. 

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