Prima parte - Scommessa indecente

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New York,

4 giugno 1950

Non doveva trovarsi lì quella sera. Wendy  se lo stava ripetendo da interi minuti, ma Pauline non aveva la men che minima voglia di darle retta. L'amica l'aveva trascinata a tutti i costi fuori da quel locale, strappata dalle "grinfie" di Tom Jackson, un sempliciotto del quarto anno che dopo mesi era riuscito nell'intento di invitarla a cena.

"Sei stata irrispettosa" sussurrò incerta, facendo attenzione a non calpestare bottigliette di Coca-Cola in vetro che giacevano tra gli spalti del palazzetto.

"Oh Wendy, quanto sei ingenua" sospirò amaramente Pauline, girando lo sguardo tutto intorno e allungando il collo di tanto in tanto per scrutare attentamente il ring ormai vuoto.

"Ingenua io? È solo che...povero Tom!" esclamò. Stringendo a sé la borsetta di seconda mano, continuando a traballare sui tacchi.

Tom Jackson non era di certo il ragazzo più bello della scuola, ma neanche il più brutto. Non era il migliore, ma neanche il peggiore. Una via di mezzo: piuttosto educato, timido e per niente loquace. A Wendy non dispiacque affatto accettare il suo invito a cena, eppure destino volle che nulla sarebbe dovuto andare secondo i piani.

"Non dovremmo essere qui Pauline" bofonchiò, sistemando una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

L'amica si voltò di scatto, fulminando con lo sguardo Wendy che abbassò il capo timidamente.

"Ma di cosa hai paura? Dovresti solo ringraziarmi per averti salvata da una delle serate peggiori della tua vita" esordì, lanciando un'ultima occhiataccia sui grossi orecchini che accerchiavano il dolce e pallido viso della ragazza.

"Menti. Sarebbe stata una serata stupenda. È vero, forse Tom non è il migliore in quanto rapporti umani, però..."

Pauline inarcò un sopracciglio, continuando a scendere grintosamente le scale degli spalti. Non diede retta alle parole della compagna, non ascoltò neanche un discorso, come se la ragazza fosse invisibile. Wendy cercò di seguirla a ruota, ma le risultò difficile.

"Pauline!" richiamò la sua attenzione. Quest'ultima si bloccò sul colpo, sorridendo successivamente.

"Ci siamo!" affermò entusiasta con due occhioni lucenti.

Wendy non capì in primo luogo. Dove l'aveva trascinata? In quel momento sarebbe dovuta trovarsi a conversare con Tom, magari gustando un buon gelato al cioccolato. Che stupida che era stata ad averlo abbandonato e ad essere caduta nel tranello dell'amica. Jackson, l'unico ragazzo che si era degnato di invitarla ad un appuntamento, l'avrebbe odiata per il resto dei suoi giorni.

Torturandosi di pensieri, morse il labbro inferiore quando, purtroppo, si rese conto che avevano fatto irruzione nei sudici spogliatoi.

"Pauline torniamo indietro" cercò di attrarre a sé l'amica tirandola per il polso, ma perse l'equilibrio sui tacchi. Quanto li odiava: no, non facevano per lei.

Continuò ad ignorarla e contro la sua volontà, la trascinò dentro una piccola stanza dalle bianche pareti, illuminata da una fioca luce. Parve un centro psichiatrico a primo impatto, e Wendy si ritrovò a stringere involontariamente il braccio di Pauline, che al contrario, era stranamente affascinata da quel postaccio.

La tensione era alle stelle, tanto che non si rese neanche conto che già da qualche secondo, Pauline aveva preso a conversare con un uomo. Alto, muscoloso, incuteva non solo terrore, di più. Un colosso se messo a confronto con Wendy , la quale rimase inerme e con lo sguardo rivolto verso il basso, sulle scomode scarpe. Stava già immaginando il momento in cui le avrebbe sfilate via e scaraventate a terra.

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