Capitolo 7

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Ora ritengo di avere soltanto due possibilità.

La prima: fingermi morta approfittando della mia conoscenza delle strategie difensive degli opossum, ma se qualcuno dovesse vedermi potrebbe anche chiamare i paramedici e, a quel punto, si scoprirebbe l'inganno e finirei per passare dei guai.

La seconda: strisciare sul pavimento fino alla prima porta disponibile e nascondermici dentro nella speranza che JungJin non noti il fatto che qui le porte si aprono e si chiudono da sole.

Opto per la seconda idea, ma è chiaro che non può succedere tutto linearmente e senza intoppi come invece l'ho visto scorrere nella mia mente.

Michelino mio, che è probabilmente rimasto a spiare le lezioni di latino degli adulti, sbuca esattamente dalla porta verso la quale mi stavo dirigendo, spalancandola con una forza che non credevo avesse e colpendomi in pieno viso.

Trattengo a stento un mugugno addolorato mentre mi afferro il naso con le mani e finisco con la schiena contro la parete.

«Maestra Cornelia?» domanda quello con tono colpevole, ma poi sembra riflettere sulle circostanze dell'incidente e aggiunge «Perché strisciavi?»

«Ehm...»

Incapace di dargli una risposta che non smascheri le mie intenzioni, resto a fissarlo con gli occhi sbarrati e credo di mettergli abbastanza paura, perché si gratta nervosamente il polso - gesto che ho notato compie spesso quando è in ansia - e si allontana lentamente.

«Cornelia?»

Quando mi volto verso la fonte che ha pronunciato il mio nome, sento il bambino correre via ad una velocità degna di Flash.

JungJin è esattamente di fronte a me, costume striminzito e tutta la sua mole di muscolatura ben definita mentre si infila l'accappatoio, e si abbassa guardandomi come se avesse di fronte un fantasma.

«Che ci fai qui?» mi chiede divertito.

Che c'è di divertente nel mio naso che sputa sangue?

«Sei strana senza occhiali.» dice.

«Non pensi che a rendere tutto strano sia il sangue sulla mia faccia?»

«Già, orribile.» una smorfia di disgusto si incide sul suo volto.

Grandioso.

«Non sapevo facessi karate. Ti sei presa un pugno in faccia?» mi afferra un braccio e mi solleva come fossi una bambola di pezza.

«Non esattamente.» non credo ci sia bisogno di specificare che Michelino mio mi ha quasi rotto il naso perché volevo evitare di vedere lui.

«Okay non vuoi dirmelo, posso accettarlo.»

«Fantastico.» farfuglio.

«Vieni, vediamo di fermare il sangue così possiamo capire se la cosa è grave.»

E addio alla mia ultima mezz'ora d'allenamento.

JungJin mi sorregge, probabilmente convinto che potrei svenire da un momento all'altro, ma non sono messa così male e non è la prima volta che mi capita di vedere del sangue.

In realtà ho sempre sofferto di epistassi, dunque la cosa non mi disturba; ciò che mi preoccupa è il livido che avrò domani.

«Dov'è che stiamo andando, di preciso?»

«Nello spogliatoio,» dice «ho delle garze là e potrai darti una pulita.»

Lo spogliatoio.

Maschile.

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