Capitolo 12

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Quando usciamo dalla palestra mi rendo vergognosamente conto di non aver ancora richiamato Aidan; se fosse stato lui a sparire così, conoscendomi avrei già allertato carabinieri, polizia, marina e guardia forestale, poi mi sarei legata una fascia bianca con un cerchio rosso al centro in fronte e avrei rubato le katane da collezione di mia madre alla ricerca del suo rapitore, pronta a cavargli informazioni con la stessa delicatezza di un elefante imbufalito.

Aidan, invece, ha sempre avuto reazioni molto più contenute delle mie ed è questa, ritengo, la ragione per cui me lo trovo di fronte non appena JungJin si infila le chiavi nella tasca del cappotto.

«Aidan?» e sebbene suoni come una domanda, non ho alcun dubbio sulla sua identità.

Ma lui non guarda me.

Non che mi stia ignorando, solo che tiene gli occhi puntati in quelli di JungJin e per questo sembra essersi dimenticato della mia presenza. C'è qualcosa, nel modo in cui lo scruta, che mi tocca più di quanto credessi possibile. Se qualcuno mi infilasse una mano nel costato e la stringesse intorno al mio cuore conficcando le unghie nella carne viva, probabilmente soffrirei meno.

JungJin dev'essersi accorto della piega sgradevole che sta prendendo la situazione, perché scuote la testa come ad allontanare ogni tipo di disagio per poi sorridere con gentilezza al ragazzo più basso e avvicinarsi porgendogli la mano.

«Dunque sei tu il famoso Aidan,» dice, il suo tono è talmente studiato da non lasciar trasparire alcuna timidezza «è un piacere conoscerti.»

Aidan osserva le dita di JungJin con scetticismo prima di decidere di stringerle tra le proprie. Io, invece, ho l'impressione che qualcosa mi stia per esplodere nel petto e non riesco a comprenderne la ragione.

«Piacere mio, ehm...»

«JungJin.»

«JungJin... il figlio di DongSun?»

«Sono io.»

«Ho conosciuto tuo padre questa mattina,» con mio grande sollievo l'espressione di Aidan si distende finalmente rilassata «è un piacere vederti.»

«Sì... mi dispiace averti trattenuta Cornelia,» inizia JungJin rivolgendosi a me e concentrando anche l'attenzione di Aidan sulla mia persona «non sapevo aveste programmi.»

«Non ne avevamo.» gli faccio notare, così Aidan solleva le spalle.

«Mi sono solo preoccupato.»

«Hai ragione, mi dispiace, io avrei dovuto...»

«Ragazzi,» ci interrompe JungJin; è arrossito e tiene lo sguardo rivolto al nulla di fianco a lui. Mi sento quasi colpevole, perché so che in questo momento ha la sensazione di essere di troppo, spettatore di una scena che non dovrebbe vivere «io torno a casa, non posso saltare la scuola domani. Ci... ci vediamo.»

«Certo.» taglia corto Aidan.

«Buon compleanno.» aggiungo io.

JungJin sorride e si allontana dopo avermi salutata agitando una mano.

*

Non so esattamente come comportarmi con Aidan. Per la prima volta in vita mia, credo di non riuscire a trovare le parole adatte per descrivere quello che provo. Non si trattta di senso di colpa, per lo meno non soltanto: la stretta al cuore che avevo percepito poco fa si è fatta più intensa e altrettanto dolorosa mentre decidiamo di raggiungere le nostre case a piedi.

«Non mi devi alcuna spiegazione,» inizia Aidan cogliendomi di sorpresa, ma gli sono riconoscente per aver deciso di porre fine a questo pesante silenzio che altrimenti ci avrebbe perseguitati per tutto il cammino «e non ti devi giustificare con me per essere stata con lui tutto il tempo.» non si riferisce solo a stasera, ma anche al pomeriggio trascorso lontano dall negozio - dove avremmo dovuto essere entrambi «Solo che... Cornelia, quanto ti costava chiamare? O rispondere a una chiamata?»

«Lo so Dan, hai...»

«No,» mi blocca «lasciami finire.»

Annuisco inerme mentre lui si passa una mano sul viso.

«Tu non... ti piace questo ragazzo?» domanda allora cogliendomi totalmente alla sprovvista.

«Scusa?»

«Mi hai sentito, lui ti piace?»

«Non lo conosoco abbastanza ma sì, mi sembra una bella persona.»

«Non è quello che intendo.»

«E cosa intendi allora?» suona come una sfida, lo so, ma non era così che pareva nella mia mente poco fa.

La mascella di Aidan si contrae e lui stringe i pugni tanto da far sbiancare le nocche.

«Vorrei ricordarti cosa è successo l'ultima volta che ti sei infatuata di un tizio che ti sembrava una bella persona.»

Oh, questo no...

«Aidan, non puoi davvero ritirare in ballo la storia di Enrico.»

«Perché no? Non è la stessa cosa?» c'è una nota di disperazione nella sua voce che non credo di aver mai sentito prima. Si sta forse stancando di me? Si sta stancando di noi?

«No,» rispondo con decisione «non sono infatuata di nessuno ora. E sono passati tre anni, non sono più una ragazzina.»

«Sì, lo sei ancora.»

«No, e nemmeno tu sei più un ragazzino.»

Vengo colpita dalle mie stesse parole come se mi avessero appena condotta esattamente di fronte ad una realizzazione che fino a questo momento avevo cercato di ignorare.

Negli anni che ho passato al fianco di Aidan, l'ho visto crescere proprio come lui l'ha visto fare a me. Ho studiato il modo in cui i suoi lineamenti sono pian piano diventati quelli dell'uomo che sarà a breve, ho seguito la sua passione per la letteratura senza capire nulla delle analisi poetiche che mi presenta ancora tutto esaltato proprio come lui non ha mai capito niente riguardo all'eleganza delle fotografie che gli mostro tutt'ora.

C'è sempre stato per me, come io ci sono stata per lui. Ha vissuto con me ogni delusione amorosa pronto a ricucire ogni mia ferita, specialmente quella lasciata da Enrico e io, in cambio, ho tamponato il suo sangue quando quello non la smetteva più di sgorgare, strappato al suo corpo da parole violente come colpi di frusta.

«Se dovessi soffrire ancora in quel modo,» dice, confermando i miei sospetti «non so se riuscirei a sopportare di rimettere insieme i tuoi pezzi. Tu sei... sei la mia migliore amica, Neli.»

«E tu sei mio fratello.» lo rassicuro posandogli una mano sulla spalla e stringendola leggermente.

«Lo so,» sorride, tornando improvvisamente l'Aidan di sempre e permettendo al mio cuore di liberarsi dall'orribile artiglio che l'ha stretto fin'ora «e le cose non cambieranno mai.» aggiunge.

«Mai.» confermo io, finalmente sollevata.

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