Capitolo 32

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Finalmente il giorno è arrivato.

Oggi, papà chiederà a mia madre di sposarlo di nuovo.

Con un anello!

E io sarò nascosta dietro le tende del ristorante dove ha deciso di portarla a cena per poter immortalare il momento.

Sono così emozionata che rischio di farmi sfuggire dei dettagli sulla serata che mio padre certamente non vorrebbe venissero svelati. Non posso permettere al mio passato di voce della verità di tornare a galla spifferando tutto proprio adesso, così cerco di evitare il problema uscendo di casa appena dopo pranzo utilizzando un scusa banalissima della serie «Vado in biblioteca a studiare.» con la consapevolezza che i miei sono perfettamente a conoscenza del fatto che, dati i miei compiti per le vacanze natalizie, la biblioteca è di certo l'ultimo luogo adatto ai miei studi.

Ci vado lo stesso, comunque, forse perché mi sentirei colpevole se gli avessi mentito - sebbene si tratti di una bugia del tutto innocente - e così mi siedo sola ad uno dei numerosi tavolini in legno ancora liberi posando le braccia sul banco e il mento su esse.

Non passa molto prima che noti due spalle contratte che mi risultano estremamente famigliari, così mi risollevo e sporgo in avanti dondolando leggermente a destra sulla sedia in modo da poter distinguere il profilo di quel giovane e, di fatto, scopro che si tratta realmente di JungJin.

Ed è forse un nuovo livido quell'alone verde Yoda che lampeggia sotto il suo occhio?

Evidentemente mi sono sporta troppo, perché scivolo sul pavimento con la grazia di un facocero svenuto e spingo tutti i presenti a voltarsi verso la mia persona sfracellata al suolo, JungJin compreso.

Schiude le labbra pronunciando il mio nome in silenzio, poi sorride e scuote la testa.

«Scusate.» bisbiglio imbarazzata e gli altri, invece di essere accomodanti date anche le scuse che gli ho indirizzato, mi lanciano sguardi di risentimento che nemmeno Puffo Brontolone avrebbe osato rivolgere a qualcuno.

Quando mi rialzo - lamentandomi interiormente per la malvagità umana - e mi risiedo, trovo JungJin e il suo occhio verde seduti di fronte a me.

«Ehi,» sussurra, ma stavolta nessuno sembra accorgersene «che ci fai qui in una giornata così bella? Non dovresti essere fuori a scattare fotografie?»

«Sì, dovrei. Ma ho detto ai miei che sarei venuta qui, quindi... l'ho fatto.»

Lui solleva un sopracciglio, ma preferisco non domandarmi cosa gli stia passando per la mente.

«Beh, ora che ci sei stata che ne dici di approfittare della giornata?»

E come potrei rifiutare?

*

Non riesco mai a decifrare che genere di persona sia JungJin: a volte è gentile e solare, come in questo momento, altre invece pare che stia custodendo i segreti dell'universo.

A me, personalmente, i segreti dell'universo non interessano più di tanto - lasciamo qualcosa anche alle generazioni future su cui scervellarsi - ma quelli per cui ha di nuovo un occhio tumefatto sì.

Non glielo chiedo, però, perché voglio evitare una reazione simile alla scorsa: quando vorrà parlarmene, lo farà da solo. Riflettendoci, Aidan ha sempre avuto ragione e bisogna che lasci alle persone sia il loro spazio, che le loro tempistiche.

Compriamo da una bancarella due spiedini di frutta caramellata, perché nulla grida "OHOHOH Buon Natale!" come la frutta caramellata - e la pubblicità della Bauli, perche quando si avvicina il Natale nessuno come un italiano sa che "a Natale puoooooi" - e passeggiamo tra le vie addobbate e io ne approfitto per scattare altre fotografie in tema da aggiungere a quelle che già ho appeso sulla parete stagionale che cambio in ogni periodo dell'anno.

JungJin rimane a bocca aperta quando si rende conto di essere in quasi tutte le mie foto.

«Beh,» gli faccio notare «se non avessi quell'occhio saresti di certo un soggetto migliore.»

Posso giurare di non aver avuto alcun secondo fine nel pronunciare quella frase, ma lui ride e mi circonda le spalle con un braccio.

«Il tuo amico ha ragione, non ti arrendi mai tu.»

«Il mio amico?»

«Sì, mi sfugge il nome... ah, Aidan.»

«Tu ed Aidan vi siete visti?» domando stupita.

«Sì, gli ho chiesto io di vederci.»

«E perché l'avresti fatto?»

«Per essere certo che chiedendoti ufficialmente di uscire non avrei ferito i suoi sentimenti.»

Il sorriso dipinto sul suo viso mi da tanto la voglia di picchiarlo quanto quella di baciarlo.

«Questo quindi è il tuo modo per chiedermi un appuntamento?... Pensavo che dovessi chiedere a mio padre il permesso, non al mio migliore amico.» scherzo io.

«Oh, ma infatti l'ho già fatto, Leo mi adora.» ammette orgoglioso «Aidan invece... lui dice che ora non ha più niente in contrario.»

«Già, era preoccupato per via della mia reazione alla rottura con un idiota qualche anno fa. E devo ammettere di non essere stata molto gentile con lui in quel periodo, ma ormai sono cambiata e ho imparato dai miei errori; ho promesso a me stessa e a lui che niente potrà più mettere a rischio la nostra amicizia.» esclamo risoluta.

«Già,» aggiunge JungJin «ma la ragione per cui ho preferito parlargli è un'altra.»

«Ossia?»

Lui mi guarda a metà tra lo sconvolto e il divertito.

«Sei seria?»

«Non capisco, perché non dovrei?»

«Nulla,» si affretta a concludere «pare che non sia comunque più un problema.»

Ovviamente non ho la minima idea di quale fosse questo problema, ma annuisco fingendo di aver capito.

«Allora, accetti il mio invito?»

Sorrido incapace di negare la mia gioia, così gli prendo il viso tra le mani e lo bacio.

«Vale come risposta?»

«Sì,» sussurra «direi di sì.»

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