Capitolo 4

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Okay, la sua logica mi piace.

Semplice, diretta e favorevole al cioccolato.

Prima, quando l'ho incontrato vicino al Ponte dei Sospiri, ero così concentrata sulla sua espressione da non aver fatto caso al modo in cui era vestito. Ora mi accorgo che indossa un semplice paio di jeans- mannaggia ai risvoltini - e una camicia scozzese sulle tonalità del grigio con le maniche raccolte sopra i gomiti. Indossa anche un capello nero con la visiera girata al contrario e, quando si avvicina alla cassa per comprarmi di nuovo il pranzo, noto che c'è una scritta sul cappello che dice "we're all mad here".

Rassicurante.

«Ehi JungJin!» esclama il barista - un ragazzo biondiccio che avrà giusto qualche anno più di me - e i due si scambiano un complicato saluto fatto di intrecci di dita e colpi sulle mani «Cosa ti do?»

«Per me il solito, grazie. E prendo una tavoletta di fondente, ho rotto quella di questa ragazza.» dice indicandomi.

Quando il barista mi guarda sollevo una mano in segno di saluto.

«Ciao tesoro,» dice, poi torna a guardare JungJin «sei un disastro con le donne.»

Entrambi scoppiano a ridere e ho come l'impressione che questo ragazzo non sia affatto un disastro con le donne.

Comunque tutto il mio interesse è concentrato in quella tavoletta di cioccolato che mi sta per riconsegnare.

All'ultimo istante però esita e avvicina il viso al mio scrutandomi con occhi stretti.

«Che c'è?» domando allontanando leggermente il volto.

«Non è che ti ho già vista?»

«Non credo.» mento io, perché non sarebbe carino fargli notare che gli ho scattato qualche fotografia stamattina.

Di soppiatto.

«Hai un viso famigliare.»

«Lineamenti piuttosto comuni i miei,» suggerisco «mi starai confondendo con qualcun'altra.»

A questo punto lui lascia scivolare lo sguardo sulla macchina fotografica che porto ancora appesa al collo.

«No,» dice «io non credo.»

Sul viso gli si dipinge un leggero sorriso, uno di quelli di difficile interpretazione e che, onestamente, non mi sforzo nemmeno di capire.

«Beh, ehm... grazie per il cioccolato, ciao.» mi affretto a dire, afferrando la tavoletta e quasi correndo verso la porta.

«Studi qui?» domanda.

Perché non accetta semplicemente la mia gratitudine e mi lascia andare?

Lo osservo di nuovo e distinguo una piccola scintilla di curiosità nei suoi occhi.

«No,» rispondo «ma il mio migliore amico sì.»

Lui annuisce e afferra la red bull che gli sta porgendo il barista e un panino con la cotoletta.

Mi da l'impressione di non volersi fermare a mangiare qui e maledico la mia stella sfortunata che, evidentemente, vuole che usciamo da questo posto insieme.

Aidan starà iniziando a preoccuparsi.

«Non ti pare ingiusto che io non conosca il nome della tizia che mi ha scattato delle fotografie?»

Spalanco la bocca rimanendo immobile come un baccalà, così lui ride.

La sua risata è molto più cristallina e discreta di quella di Aidan e, per qualche ragione, mi irrita.

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