Capitolo 29

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Quando Aidan entra dalla porta del locale in cui io e Sveva ci siamo accomodate da quasi mezz'ora, noto la mia amica assumere lo stesso colorito porpora della tappezzeria.

Rido senza riuscire a trattenermi e quando lei mi colpisce sotto il tavolo con un centrtatissimo calcio negli stinchi fingo di trasformare le mie risa in un colpo di tosse così finto che persino Aidan mi guarda di traverso.

«Aidan, Sveva. Sveva, Aidan.» li presento velocemente mentre loro biascicano un reciproco «ciao.» e si stringono le mani.

«Allora, noi abbiamo già bevuto due caffè a testa quindi direi che è il momento di qualcosa di più forte.» esordisco battendo le mani «Cioccolata!»

«Per me bianca.»rispondono in coro i miei due compagni.

«Okay, ragazzi, sono già spaventata.»

Si scambiano uno sguardo sconvolto e imbarazzato, così mi limito a sorridere e raggiungere il bancone per fare l'ordine.

Quando mi volto verso Sveva ed Aidan noto che stanno lentamente iniziando a sostenere una conversazione, anche se a questa distanza non riesco a capire di cosa si tratti.

«Se vuoi torna a sederti,» suggerisce il barista «ci penso io a portarle.»

«Oh, non preoccuparti,» lo tranquillizzo «posso farcela senza rovesciare tutto a terra.»

«Oh, me lo auguro.» sorride sotto i baffi e io gli regalo una boccaccia.

Da quando frequento la scuola di fotografia, questo piccolo bar a metà strada tra quella e l'università di Aidan è diventato un punto di riferimento per me.

Mi si stringe il cuore ricordando che questo è il primo luogo in cui l'ho visto.

«Ehi, hai viso JungJin di recente?» domando al ragazzo, il quale scuote la testa.

«No, in realtà è quasi una settimana che non si fa vivo. In compenso ho visto DongSun. Suo padre, lo conosci?»

«Sì, è un amico di mio padre.»

«Ah, davvero?» solleva le sopracciglia evidentemente sorpreso.

«Sì, dai tempi di non-ricordo-quando.»

Il barista - che giusto a titolo informativo si chiama Emanuele - scoppia in una fragorosa risata.

«Lo dici come tu-sai-chi

«Oddio no, spero che Voldemort non conosca mio padre.»

«Beh, se fosse un purosangue non dovrebbero esserci problemi.»

«Ce ne sarebbero se fosse uno Weasley.»

«Sbaglio o Leo non ha i capelli rossi?»

Sorrido e sollevo le spalle.

«Potrebbe averli tinti.»

«Ottima osservazione babbana

«Allora, di che parlavate?»

Domando ai miei amici tornando a sedermi tra loro e posando di fronte ad entrambi le loro cioccolate bianche. La mia, fondente accompagnata da una montagna di panna, merita certamente una fotografia da condividere su Instagram.

«Di te,» ammette Sveva senza ritegno, sistemando una ciocca dei suoi cortissimi capelli castani sfuggita dal suo ambiente naturale dietro l'orecchio «ma non preoccuparti, non abbiamo detto nulla di male.» aggiunge.

«Di te mi fido,» la tranquillizzo «di te un po' meno.» commento dando una leggera gomitata ad Aidan che mi scompiglia i capelli di rimando.

«Le ho chiesto se le hai fatto vedere le foto che hai fatto sviluppare per il matrimonio dei tuoi.»

«E io gli ho detto di sì,» si intromette Sveva «ma che ancora non ho visto nessun album.»

«Questo perché ancora non l'ho deciso,» ammetto colpevole «e mancano pochissimi giorni, non so se farò in tempo. Vorrei prepararlo a mano.»

«Oh, ma perché non me l'hai detto?» sbotta Sveva; non è arrabbiata - non potrebbe mai esserlo - ma shockata sì «Scusa faccio découpage da quando ho sei anni, sono in grado di prepararti un album da matrimonio fatto in casa in meno di un giorno.»

«Dici davvero?»

«Ma certo! shabby chic? Posso farlo.»

«Sì, sono certa che a mia madre quello piacerà parecchio! Ti ringrazio Sveva!»

«Ehi, a che servono gli amici?»

Non riesco ad evitare di saltare sulle sue gambe e baciarle una guancia.

*

«Maddalena,» farfuglia papà di fronte ad uno degli specchi del negozio dopo essersi schiarito la voce e aver sistemato la cravatta a scacchi che l'ho aiutato ad allacciare; sembra comunque che si senta strangolato «vorresti tu... no no, così non va... ehm... amore... no, troppo formale...»

Dal canto mio, sono seduta sul banco cassa con le gambe a penzoloni e un bastoncino di zucchero colorato in bilico tra i denti, i capelli spettinati sciolti che si lanciano ovunque e una maglietta degli ACDC che potrebbe tranquillamente farmi da vestito.

«Papà, perché non ti rilassi? Andrà bene, sii... sii solo te stesso, ti ha già detto sì una volta no?»

«Se fossi me stesso, credi che mi sarei conciato così?»

«Non stai male con un abito elegante, è un peccato che tu non voglia mai metterlo.»

Sbuffa e picchietta ancora contro la cravatta.

«Perché mi stai facendo fare questa prova?»

«Perché sapevo che saresti andato in panico.»

«Io e te siamo troppo simili figlia mia.»

«Vero, che faresti senza di me?» scherzo io stiracchiandomi.

«Niente Cornelia,» dice, e mi sembra incredibilmente serio ora mentre mi fissa negli occhi «senza te o senza la mamma, io non saprei più che fare della mia vita.»

Sorrido affascinata dall'effetto delle sue parole: se il cuore si è stretto a me, cosa farà a quello di mia madre?

«Dille questo allora,» mi alzo e mi avvicino a lui, posandogli le mani sui gomiti «dille solo questo.»

«Ti sembrerà ridicolo vero? Che dopo tutti questi anni io mi comporti ancora come un adolescente alla prima cotta. Chissà che penserai di tuo padre...»

«Onestamente? Penso di essere la figlia più fortunata del mondo.» e che vorrei un amore dorato come il vostro.

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