Capitolo 13

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Dopo il piccolo incidente fuori dalla piscina, sembra che le cose tra me ed Aidan siano tornate a spianarsi.

Le settimane successive si protraggono in un guazzabuglio di preparativi e lavori concentrati nel futuro negozio di mio padre, mentre le lezioni all'università tornano ad essere la prima preoccupazione del mio migliore amico e quelle di fotografia la mia. Sono abbastanza fortunata, però, da poter basare il mio primo progetto fotografico accademico proprio sull'osservazione del locale dimesso in via Garibaldi che presto diventerà lo studio d'arte più bello di tuttala città - okay, sono di parte, ma chi non lo sarebbe al posto mio? - e sono molto felice di poter mostrare a Sveva i primi scatti che ho catturato quando né mio padre né DongSun credevano stessi prestando attenzione al loro operato.

Nel corso delle ultime settimane, la mia amicizia con lei ha iniziato a farsi sempre più profonda e ora siamo praticamente inseparabili, con ogni eccezione dovuta al fatto che la ragazza segue molti più corsi di me e che dunque riesco a vederla molto poco al di fuori della scuola.

Quando viene novembre, le vie di Venezia iniziano ad essere percorse da esagerate decorazioni natalizie che corrono tra una casa e l'altra disegnando gocce illuminate nel cielo che si riflettono sulla superficie dei canali creando un piacevole gioco di luci. Ho sempre amato l'atmosfera natalizia; con tutti questi colori e i sorrisi che si diradano contagiosi sui volti delle persone, mi sembra di poter immortalare non solo la vita, ma anche la gioia farsi palpabile e intingere l'aria con lo stesso profumo dello zucchero.

Sarà proprio a causa di quest'allegria che le giornate si rincorrono veloci e, in un battibaleno, siamo già a dicembre.


Io e mia madre siamo sedute al tavolo della cucina. È domenica e il clima freddo punge come se l'aria ferma fosse composta da piccole api, tanto che persino Mr. Poe se ne sta rannicchiato sotto la sua personalissima coperta di lana - una volta ho commesso l'imperdonabile errore di portargliela via e non mi ha rivolto nemmeno un grugnito per un mese e mezzo.

Papà è di nuovo al negozio ma mi ha concesso un giorno di pausa sostenendo che DongSun sarebbe stato con lui e che, per il lavoro davvero minimo che restava da fare, non ci sarebbe stato bisogno di una terza persona. So perfettamente che, in realtà, la sua gentile concessione è dovuta al fatto che io e mamma abbiamo sancito una sorta di tradizione secondo cui la prima domenica di dicembre è quella che dedichiamo allo shopping natalizio.

Per questo ora siamo qui: stiliamo con arguzia la lista di regali ai quali ci dedicheremo con sottile precisione, in modo da non rischiare di dimenticarci qualche parente per strada.

«Manca ancora qualche zio? O qualche cugino?» domando osservando i segni impressi sulla carta: Ettore e Giovanni Bagatin, Gianluca Bagatin,Maria Bagatin, Federica Bighatti, Lydia Mazzoleni, Marco Mazzoleni, Marisa Nandini, e una serie infinita di altri nomi ai quali non so collegare delle facce.

«Sì, è molto probabile,» ammette mia madre; sta mordicchiando il tappo di una penna e ne tiene un'altra infilata dietro l'orecchio nello stesso punto in cui i suoi corti capelli si arricciano in perfetti boccoli d'altri tempi «ma ci torneranno in mente, comunque. L'importante è pensare prima al ramo della famiglia con cui passeremo il Natale.» quest'anno si tratta proprio del suo.

«D'accordo. E a papà cosa vuoi regalare?»

Lei sospira e si accascia sulla seggiola. Se non fosse per le poche rughe che le solcano la fronte specialmente in momenti di preoccupazione, sembrerebbe ancora una bambina - molte volte, infatti, ci scambiano persino per sorelle - e di certo il suo corpicino sottile e la sua statura miniaturizzata contribuiscono notevolmente a questa impressione.

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