1.Il giorno del giudizio (scolastico)

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Condizionatore, ventilatore, gelato al cioccolato, ghiaccioli alla frutta, pupazzi di neve, pinguini barcollanti... queste erano le immagini che mi passavano per la testa, mentre stavo aspettando di vedere il voto del mio Esame di Stato. Eravamo ormai alla fine di Luglio e non ero andato a mare neanche una volta. La cosa mi deprimeva alquanto e il mio umore era piuttosto irritabile a causa dell'atrio affollato in cui mi trovavo. L'afa m'incollava i vestiti al corpo e mi sentivo stanco come dopo aver corso una maratona, non che avessi mai corso tanto in vita mia, però immaginavo che i corridori dovevano sentirsi così! Il mio migliore amico, Edward Rosh non stava meglio. Anzi, a causa della sua altezza, o bassezza, doveva tenere il volto rivolto al soffitto per cercare di respirare. La tensione era quasi peggio dell'afa. C'era chi gemeva sulla spalla del fidanzato, lamentandosi di quanto fosse andata male, chi imprecava e spintonava gli altri per cercare di farsi posto nella calca, chi stemperava l'ansia con battute idiote, perfino un ragazzo dall'aria da secchione, che stritolava tra le mani una croce e una stella di David. In certi frangenti non c'è tempo per essere schizzinosi sorrisi. D'altronde, tutti qui poveri studenti sfiancati dal clima, dall'ansia e dall'assenza di Mojito, avrebbero dovuto render conto del proprio rendimento scolastico a qualcuno. Del mio non se ne sarebbe importato nessuno, quindi mi bastava non esser stato bocciato. Desideravo solo uscire da lì, possibilmente ancora allo stato solido e con qualche liquido in corpo. Da come Edward alzava gli occhi al cielo e sbuffava, capì che anche lui trovava ridicole tutte quelle sceneggiate. Edward è sempre stato un mio grande amico, fin dalle elementari. Ne abbiamo passate tante assieme. Ted è veramente in gamba ed è sopravvissuto a molto dolore senza perdere la sua innocenza e spontaneità. C'è stato un tempo in cui era sempre depresso per la morte della madre, suicidio. Inoltre il padre non stava mai a casa e dava la priorità al lavoro, lasciandolo spesso solo. Infine il padre ha contratto una brutta malattia ed ha perso la vita qualche anno fa. Da allora Edward viveva con i suoi nonni, anche se questi non gli dedicavano molte attenzioni. A volte non si ricordavano neanche della sua esistenza. Mi aveva raccontato che nei giorni buoni il nonno lo accoglieva in casa puntandogli contro un bastone, pensando fosse un ladro. Era a metà tra il triste e il divertente, ma Edward era il ragazzo più forte che avessi mai conosciuto, non solo caratterialmente... A causa della sua altezza di un metro e sessanta scarso e del suo fisico esile, era sempre stato preso di mira da bulli di ogni genere. Naturalmente, appena mostrava loro di cosa era capace, quei ragazzi se ne andavano via tenendosi il naso sanguinante o zoppicando. Questo suo comportamento gli era valso l'espulsione da diverse scuole. Inoltre è uno a cui il contatto fisico con estranei dà parecchio fastidio, quindi non mi sarei stupito se si fosse girato e avesse rotto il polso al ragazzo che lo aveva appena spinto con la mano.

<<Ehi Ted?>> lo distrassi.

Non volevo una rissa in stile ninja nell'atrio della scuola. Lui si girò verso di me, dedicandomi un lungo sguardo irato dei suoi grandi occhi a mandorla neri dalle folte ciglia, sormontati da sopracciglia arcuate tanto scure da sembrare una pennellata d'inchiostro nero sulla sua carnagione pallida. Aveva i capelli neri, lisci e corti, con una ciocca blu rasente alla spalla destra, un naso piccolo e leggermente all'insù, zigomi alti e labbra carnose, ma piccole al di sotto delle quali aveva un neo sul mento, a sinistra. La sua corporatura delicata era messa in risalto da una maglietta a mezzemaniche blu, un pantaloncino a quadrettoni bianchi e azzurri e scarpe da ginnastica bianche. Ero molto fiero dei suoi capelli, dato che me ne ero sempre occupato io da prima che il padre morisse. Un mio capriccio iniziato per gioco quella volta che in terza elementare colorai tutta la testa di Ted con il pennarello verde. Non per vantarmi, ma da allora ero molto migliorato come parrucchiere.

<<Che vuoi, Luca?!>> mi apostrofò con voce sbuffante.

<< Oh, che domanda difficile>> sorrisi, dall'altro del mio metro e settantacinque.

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