2 Il lavoro nobilita l'animo ( chi l'ha detto non lavorava!)

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Forse sono solo un po' confuso, in fondo stiamo insieme da sempre. È normale che io mi sia affezionato. Non sono strano mi ripetei più volte mentre prendevo il moderno ascensore verde per salire fino al quarto piano. La porta del mio appartamento era quella in fondo al pianerottolo, a destra dell'ascensore. L'aprì ed entrai. All'ingresso c'era un divanetto rosso e una poltrona blu acceso. Mi buttai sgraziatamente sul divano di stoffa. La casa, in verità, era veramente spaziosa, con due camere da letto, di cui una matrimoniale, due bagni, un ripostiglio, la cucina e il salone. Troppo per un ragazzo single e praticamente senza amici. Accensi il vecchio televisore davanti al divano su un canale di musica. C'era sempre un silenzio inquietante tra le mura color panna. Mi alzai, con uno scatto e passai nella cucina di legno, dove, sulle parole di "Balliamo sul mondo" di Ligabue, iniziai a riempire d'acqua una pentola per la pasta. Aggiunsi del sale e la misi sul fuoco, a scaldarsi. Imparare a cucinare era stato un vero calvario per me, però ero diventato bravo, o almeno non mandavo più a fuoco la cucina da qualche annetto. Canticchiando, aprì il frigorifero grigio e presi una bottiglia di sugo. Versai il contenuto in una pentola a parte con olio, sale e rosmarino e accesi il secondo fornello. Scelsi una pasta lunga dalla credenza, spaghetti e la versai nella pentola quando l'acqua bollì. Infine apparecchiai il grande tavolo di legno chiaro rettangolare con sei sedie. Quel posto era veramente troppo grande per una sola persona, ma anche per una famiglia di soli tre individui. Non per la prima volta mi trovai a domandarmi se i miei genitori avessero intenzione di mettere al mondo un altro figlio. Mi sarebbe piaciuto avere un fratellino o una sorellina. Li avrei aiutati nei compiti e con le loro prime cotte. Ritornai bruscamente alla realtà al suono dell'acqua che strabordava dalla pentola e sfrigolava quando finiva sul fuoco. Girai gli spaghetti, che si erano leggermente attaccati sul fondo, ed assaggiai. Spensi il fuoco e mi preparai un bel piatto di pasta con sugo e scaglie di formaggio. Mangiando, passai dal canale musicale a quello delle notizie. Dopo qualche notizia deprimente su crisi e incidenti vari, passai sul canale dei cartoni animati. Adoravo i Simpson. Da bambino li guardavo sempre con Ted e il vizio non mi è passato. Almeno sono divertenti ed hanno sempre un bel finale. Lavai i piatti e mi affrettai ad indossare la divisa della libreria: scarpe da ginnastica bianche, Jeans chiaro, maglia rossa con su scritto a caratteri cubitali azzurri STAFF. Misi in tasca cellulare e chiavi di casa e corsi a lavoro.

La libreria distava solo qualche metro da casa mia.

<<Oh, Luca, benarrivato!>> mi accolse Giacomo Nandini, il mio capo.

Lui era una persona molto gioviale con corti capelli neri che iniziano ad ingrigire e occhi scuri. Era piuttosto in carne ed era sempre vestito in modo formale. Anche con quel caldo tenuto a bada dai condizionatori, indossava un pantalone blu dal taglio classico, scarpe beige, una camicia bianca e una giacca dello stesso colore del pantalone.

<<Grazie, Capo. Mi metto subito al lavoro.>> dissi io, sorridendo.

La Manteri era la più grande libreria presente in città. Occupava un intero palazzo grigio di tre piani. Ogni piano aveva un caporeparto che si occupava dei nuovi ordini e di trattare con l'ufficio vendite delle agenzie editoriali, almeno tre commessi che si alternavano in gruppi da due e un magazzino dove venivano scaricate la maggior parte delle copie e i nuovi arrivi in attesa di essere catalogati ed esposti. Il piano terra era occupato dalle casse e dagli espositori di libri classici, e in lingua originale, oltre a un piccolo spogliatoio usato dai dipendenti. Al secondo piano c'era una sala lettura con colorati tappeti soffici, poltroncine e numerosi scaffali dedicati a libri e fumetti di genere: Fantastico, Fantascienza, Fantasy, Umoristico, Romanzo gotico, Romanzi dell'orrore, Romanzi d'amore, Avventura e Giallo. Infine il terzo piano era dedicato ai libri scolastici e al genere storico, biografico, saggistico e di cronache. Era un ambiente austero e opprimente con ampi tavoli di legno e sedie dall'aria scomoda. Era molto frequentato da studenti di ogni tipo e il personale sembrava sempre stressato e irritato.

Tu sei mio, arrenditi!Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora