Lysandros, capitolo 1.

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- Quanto tempo è passato? -
- Ormai cinque anni, signore. -
- Siamo già a cinque? Dobbiamo trovare una soluzione. In che mese siamo? -
- Arbori di Marzo, signore. Fra qualche giorno vi sarà l'equinozio. -
- Sai cosa devi fare. Nessuno deve entrare in questa villa prima della fine del mese, non voglio altri problemi. -
- Certo, signore, come volete. –

La musica rimbombava nel petto come un martello che non vedeva l'ora di maciullarmi il cuore ed i timpani. Non avevo mai apprezzato davvero quel tipo di musica, ma dovetti fare uno sforzo per quella sera, le mie amiche mi avevano praticamente trascinata in quell'accozzaglia di ragazzi ben vestiti e di buona famiglia i quali comportamenti non erano dissimili a quelli delle più ripugnanti bestie.
- Non ti stai divertendo? – chiese Elêna vedendomi in disparte col mio bicchiere di vino in mano, unica consolazione della serata. Annuii sorridendole– Allora vieni a ballare! Ci sono due ragazzi lì che non vedono l'ora di presentarsi! – mi prese per un braccio e mi trascinò verso la pista – Non c'è modo di ascoltare la mia opinione sui due prima delle presentazioni? – chiesi tenendo ben saldo il mio calice – Non fare la difficile come al solito! Come lo troverai un ragazzo se sei così restia? – sbuffai – Non sono restia, sono solo particolarmente selettiva. -
- Salve, è un piacere fare la vostra conoscenza. – disse uno dei due. Erano alti ed oggettivamente affascinanti, ma nessuno dei due riuscì a colpirmi per davvero, avevano quella bellezza monotona di cui tutte si sarebbero innamorate.Non fraintendiamoci, anche io li consideravo belli ed avrei avuto un debole per loro, non sono esente dalla bellezza scultorea di due giovani ragazzi aitanti ed avvenenti, ma fino ad allora in quella festa nessuno era riuscito a catturarmi con lo sguardo anziché coi muscoli – Potrei sapere il vostro nome? – chiese l'altro molto educatamente – Corin. – risposi forzando il mio migliore dei sorrisi – Ti piace il vino? – chiese lui indicando il bicchiere, io annuii –Potrei portartene altro se desideri, magari potremmo fare una passeggiata in giardino sorseggiandolo. – sorrise raggiante, annuii educatamente – Mi piacerebbe molto. -
In realtà no, ma la mia educazione e posizione sociale mi impedivano di denegare l'invito di un uomo.
- Vedi? Non è stato così difficile. – mi voltai verso la mia amica – Non è difficile non poter obiettare o avere una propria opinione solo perché sei difronte ad un uomo. – lei mi guardò accigliata – Smettila, sai che tuo padre non apprezzerebbe queste parole. – mi spazientii – Nessuno apprezzerebbe le mie parole, neanche tu e neanche tutte le donne dell'aristocrazia! Non capite che ci hanno in pugno e noi, con le nostre capacità, non facciamo altro che essere relegate a semplici statuette da agghindare e mostrare agli amici alle cene? –Elêna mi fece segno di abbassare la voce – Se ti sentissero ti caccerebbero. -
- Non c'è bisogno, me ne vado da sola. – dissi voltandole le spalle – Ma Corin! Vieni qui! – la sentii urlare, ma come al solito la mia noia e rabbia avevano avuto la meglio, così pensai che sarebbe stato più opportuno prendere una boccata d'aria in giardino.
Camminai per i sentieri in brecciolino superando una moltitudine di coppie intente a scambiarsi rumorosamente saliva, non avevo mai apprezzato nemmeno quei gesti intimi esposti al pubblico come se fossero trofei. Avevo letto nei miei amati libri di preziosi momenti di intimità, di amori veri e romantici, non come quelli a cui mi toccava assistere ogni giorno. Persino l'amore fra i miei genitori non era vero; mio padre aveva sposato mia madre solo per bellezza e per la ricca dote ma una volta sfioriti gli anni migliori l'aveva ripudiata per un'altra donna più giovane e così aveva fatto anche con lei per una terza donna, ancora più giovane della seconda. Sono stata fortunata ad essere l'unica figlia, così mio padre preso dai rimorsi non mi ha potuto abbandonare assieme alla prima moglie, nonché mia madre, e mi ha allevata come una principessa.
Non ricordo nemmeno più il suo volto,mandata in esilio chissà dove per un tradimento mai avvenuto.
- Buonasera principessa, volete fare due passi? – chiesero due ragazze non appena mi videro – Non preoccupatevi e andate pure a divertirvi. – risposi sorridendo, loro fecero un piccolo inchino e sparirono sghignazzando. Pensai che ero ormai abbastanza grande e quella sarebbe stato il mio ultimo ballo di primavera prima che mio padre combinasse un matrimonio con chissà quale vecchiaccio per arricchire il suo patrimonio.
La brezza primaverile mi solleticava le guance ed un odore di bosco si faceva sempre più intenso.
Dannazione, mi dovevo essere allontanata troppo immersa nei miei pensieri.
Tutt'intorno a me c'erano schiere di alberi alti ed identici gli uni dagli altri, sembravano non avere neppure un ramo a distinguerli. Robusti com'erano mi impedivano di ritrovare la strada per ritornare alla festa e le loro fronde coprivano tutte le stelle, lasciando intravedere a malapena il chiarore lunare. Camminai verso una meta indefinita, sperando di riuscire ad orientarmi, ma il vento divenne sempre più forte tanto da dovermi fermare ad ogni arbusto per evitare di cadere. Tuoni e lampi si iniziarono a susseguire sempre più rapidamente, segno di un imminente temporale, e alcune gocce di pioggia fredda iniziarono ad imperlarmi la fronte ed incastrarsi fra i capelli acconciati. Un ringhio proveniente dalle mie spalle mi fece irrigidire, la pioggia batteva insistente– Chi c'è lì? – azzardai schiacciandomi al possente tronco di quercia. Due occhi gialli e affamati brillarono nella notte, assieme ad aguzzi denti pronti ad attaccare.
Iniziai a correre verso la direzione opposta dell'animale, cercando di evitare tutti i rami e le radici che avrebbero potuto rallentare la mia fuga, posizionai le braccia ad angolo retto e le feci dondolare velocemente, così come mi avevano insegnato i maestri in modo tale da aumentare la velocità, sporsi il busto in avanti e piegai il più possibile le gambe, per quanto l'abito potesse permettere.
La pioggia sferzava sul viso sempre più cattiva ed il cielo era continuamente illuminato a giorno dalle scariche elettriche provenienti dalle nuvole.
Intravidi nella mia direzione una struttura in pietra scura e, sentendo l'animale sempre più vicino, utilizzai le mie ultime forze per raggiungerlo prima di essere sbranata.
Corsi fino a che non sentii un tonfo provenire dalle mie spalle e conseguentemente un mugolio animale, mi voltai e il lupo che mi inseguiva aveva entrambe le zampe sul muso e scuoteva la testa stordito. Vedendomi ringhiò nuovamente e si lanciò all'attacco, ma non dovetti indietreggiare molto che si schiantò contro l'aria, come se a separarci ci fosse un muro invisibile. Non ebbi il coraggio di avvicinarmi, ancora troppo spaventata da quella bestiaccia che continuava imperterrita a schiantarsi contro l'aria, ma non potei fare a meno di domandarmi come fosse possibile, magari il temporale aveva creato una sorta di campo magnetico che impediva all'animale di avvicinarsi, oppure il castello aveva una sofisticata recinsione che impediva l'ingresso di animali selvatici.
Dopo alcuni tentativi l'animale desistette e si allontanò miseramente sconfitto.
Io, ormai fradicia, mi girai e decisi che quel castello se non mi avesse salvato dalla morte per attacco animale mi avrebbe sicuramente protetta dal freddo. Mi incamminai cercando la porta d'ingresso, aiutata dalla luce proveniente dai fulmini che cadevano poco lontani, riconobbi una porta di legno con grandi battenti in ottone e decisi di bussare.
Non ottenendo risposta provai a ancora e ancora, fino a quando le mie nocche non si arrossarono – Fatemi entrare, vi prego! – urlavo, le porte erano chiuse e non vi era alcuna possibilità di aprirle dall'esterno.
Un rumoroso cigolio le aprì lentamente ed un uomo sulla mezza età, alto e smilzo mi osservava con aria provata – Mi spiace averla fatta attendere,signorina ... ? -
- Corin. – l'uomo mi avvolse in una calda coperta e mi fece cenno di entrare –Avete una casa stupenda. – ammisi osservando le grandi scalinate e gli alti soffitti.
Dall'esterno il castello sembrava abbandonato, ma all'interno una calda luce soffusa lo inondava donandogli un'aria familiare, difronte alle grandi porte una grande scalinata in marmo centrale si diramava verso la parte sinistra e destra portando ai piani superiori – Come mai quel quadro è coperto? – chiesi notando un pesante drappo rosso scuro coprire ciò che sembrava un gigantesco quadro – E' da ristrutturare. – rispose sbrigativo l'uomo, guardandosi attorno – Se reco disturbo non ci sono problemi, i miei genitori verranno a prendermi domani mattina. Ho solo bisogno di un telefono per avvisarli. – dissi notando il volto teso del mio interlocutore – Oh no, si figuri. E' solo che a tarda notte non si aspettano solitamente visite. E voi siete piombata qui, all'improvviso, zuppa come un piccolo pulcino. – sorrisi al tono gentile con cui parlava l'uomo –Potrei sapere il vostro nome? Siete così gentile ad ospitarmi nella vostra casa, quando tornerò a nella mia vi invierò sicuramente i miei ringraziamenti.– l'uomo rise – Mi chiamo Ermete, ma non sono il proprietario di questa casa,bensì il maggiordomo. – mi sorrise e solo allora notai la sua divisa. Mi osservò da sopra gli occhiali tondi che portava sulla punta del naso – Potrei conoscere il padrone? Vorrei ringraziarlo personalmente. – Ermete sembrò irrigidirsi – Purtroppo il padrone è molto stanco e non può ricevere visite. –annuii capendo che l'orario non doveva essere dei migliori – Venite, vi accompagno nella camera degli ospiti, lì vi aspetterà la domestica. – lo seguii lungo i corridoi in pietra.
La pietra era chiara ma le lanterne sui muri creavano giochi di ombre quasi spettrali, le porte tutte uguali fra loro fecero svanire quel poco senso d'orientamento che coltivavo faticosamente, fuori il temporale imperversava funesto.
- Eccoci arrivati, spero sarete comoda per la notte. – sorrisi – Siete davvero gentile, sono sicura che starò benissimo, vi ringrazio per tutto. – si inchinò leggermente e si congedò.
Mentre giravo il pomello mi soffermai a pensare a come non mi avesse trattato da principessa come invece facevano quasi tutti, ma forse quella gentilezza era solo unita ad un incredibile tatto.
- Oh, salve. – una giovane ragazza si voltò non appena mi vide entrare facendo un debole inchino – Non vi preoccupate. – dissi facendola rialzare – Vi ho preparato un bagno caldo ed i cuscini sono stati sprimacciati al meglio. –disse raggiante – Vi ringrazio infinitamente. – risposi riconoscente, la ragazza si avvicinò a me, doveva avere circa la mia età – Fatevelo dire, siete davvero bellissima. -
- Vi ringrazio, lo siete anche voi. – ed era vero, per quanto i suoi abiti e le sue mani non fossero pulite come quelle di una donna d'alto rango il suo viso ed i suoi capelli erano così splendenti da dare a quella ragazza un'aria quasi fatata – Siete troppo buona. – disse lei prima di salutarmi augurandomi una buonanotte.
Entrai nella vasca ricolma di acqua fumante e lasciai che la tensione e tutti ipensieri accumulati in quelle poche ore venissero trascinati via dalla calma di quella stanza e dall'inebriante odore degli oli profumati che erano stati utilizzati. Mi avvolsi nell'asciugamano e mi guardai allo specchio semi appannato.
Sussultai quando mi parve di vedere un'ombra alle mie spalle.
Mi voltai repentinamente ma non vidi nessuno, mi sciacquai il volto condell'acqua fredda dando la colpa della mia visione alla troppa stanchezza.
Un rumore mi fece sobbalzare il cuore, uscii dal bagno fiondandomi nella camera, ma vi trovai un'anziana signora, vestita come la ragazza di poco prima,sistemare il letto – Così sarete più comoda. – disse con una voce materna, le sorrisi amorevolmente – Copritevi cara, o vi prenderete un malanno. – la assecondai indossando una semplice vestaglia di seta rosa che era stata posta sul letto, salutai la donna e spensi le luci per poter dormire.
Nella notte mi svegliai con una strana sensazione e, quando decisi di mettermi a sedere sul letto, vidi un'ombra osservarmi dall'altra parte.

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