Lysandros, capitolo 7.

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Dopo di allora nessuno dei due ritornò a quella sera, io troppo intimidita per farlo lui probabilmente perché non aveva interesse.

Passarono così i giorni, ci vedevamo spesso o meglio vedevo le sue spalle o ascoltavo la sua voce durante le lunghe passeggiate in giardino o le notti insonni passate a raccontarci storie del nostro passato. Avevo ormai perso la curiosità di vederlo in volto rispettando i suoi voleri e mi beavo ogni volta della sua voce e delle emissioni di fiato che contraddistinguevano i suoi piccoli sorrisi.
Spesso durante il tramonto chiacchieravamo vicino al cespuglio di rose bianche e, sebbene parlassi solo con la sua chioma scura e il suo corpo slanciato, ero appagata dalla sua presenza.

Dipingevo spesso parti del castello o immagini utopistiche del suo volto che nascondevo gelosamente agli occhi di tutti per paura di venir considerata matta. C'era un piccolo angolo nelle cantine nascosto fra gli scatoloni dove rilegavo i miei dipinti e dove rimanevano silenziosi ed invisibili agli occhi altrui.
Passavo gran parte del tempo in cui non godevo della sua compagnia ad immaginare il suo volto che, seppur rispettassi il suo volere di non vedere, era per me quasi un'ossessione. Avevo bisogno di sapere a quale volto fosse abbinata quella voce che mi scaldava il cuore, quelle dita così abili nel suonare il pianoforte e quel passo leggero e sicuro che lo contraddistinguevano in mezzo ad altri mille.

Sì, probabilmente anche senza vederne il volto l'avrei riconosciuto ovunque, avrei riconosciuto quel soffio leggero che emetteva prima di ridere, il suo ergersi in tutta la sua altezza quando si sentiva attaccato da una delle mie battute, il suo apparire nei momenti meno opportuni e nei luoghi meno opportuni.
A rifletterci in realtà non sapevo nulla di lui, non mi aveva mai permesso di saperne. Sapevo solo il suo nome e mentre lui di me sapeva tutto, per me lui era solo Lysandros.

La primavera si inoltrava ed eravamo già a metà aprile, l'estate era vicina e per quanto quel castello fosse la casa più accogliente che avessi mai avuto e le piccole gite in paese mi rallegrassero mi mancava poter parlare con altra gente, con Elêna con le mie dame di corte.
- Lysandros, che ne direste di aprire le porte del castello? – chiedevo spesso – Magari solo per un ballo o per una raccolta di fondi, sarebbe divertente. – ma puntualmente lui denegava le mie richieste affermando che – Se non potete vedermi voi in volto, non possono nemmeno gli altri. -

Ero in giardino, godendomi il sole della tarda mattinata mentre leggevo uno dei libri d'avventura presenti nella libreria del castello, oramai ne avevo letto più della metà ma riuscivo sempre a scovare qualcosa di nuovo ed interessante fra quegli infiniti scaffali polverosi – Corin? – mi sentii chiamare, chiusi in fretta il libro in preda alla solita gioia che mi avvolgeva quando sentivo la sua voce – Vi ricordate la vostra richiesta di aprire le porte del castello? – chiese, non sapevo dove fosse ma non mi importava, annuii – Bene. Non sarà molto, ma verrà presto a farci visita un consigliere reale per questioni molto importanti. Quindi potremmo dire che le porte del castello si apriranno, seppur per un solo individuo. – sorrisi con lo sguardo vacuo di un cieco che sorride nel nulla – E' un passo avanti. Scusate l'intrusione, ma di quali questioni dovrete discutere? – un movimento dell'aria, forse stava muovendo le braccia – Nulla di serio, scartoffie piene d'economia. – annuii ancora – Mi piacerebbe assistere, prometto di starmene in silenzio. – chiesi speranzosa, avevo da sempre desiderio di conoscere di più di quei contratti e di quelle alleanze che venivano firmate in gran segreto dai potenti che venivano a far visita a mio padre e da cui io, come del resto le altre donne del castello, eravamo severamente allontanate.
- Corin, mi piacerebbe molto, ma sapete bene che non potete. – sbuffai infastidita – E' perché sono una donna, non è vero? – sentii lo stupore nel suo volto – No, certo che no. Ma se doveste essere presenti non saprei come nascondermi e... - a quel punto non riuscii a trattenermi – Io non posso vedervi in volto, ma questo consigliere potrà, giusto? Allora tutti quei discorsi sulle porte chiuse del castello? Sono state tutte una bella scusa di facciata?! -
- Corin, è più complicato di così... -
- Allora spiegatemi! – dissi alzandomi facendo cadere per terra il libro che avevo sulle ginocchia – O sono forse troppo stupida? – mi allontanai a passo deciso senza attendere la sua risposta.

Mentre tornavo a passo di marcia nelle mie stanze rimuginai sul mio scatto d'ira sconsiderato, in fondo non avevo alcun diritto su di lui né potevo impormi in alcun modo, ero solo una ragazza diseredata che aveva avuto accoglienza in un castello con un principe molto riservato.
No, non avevo avuto ragione nel comportarmi così, come se fossi gelosa.
Ma gelosa di cosa poi? E soprattutto cos'era la gelosia? Nella mia vita di gelosia ne avevo solo sentito parlare o letto nei libri e quell'attorcigliamento dell'intestino, quel calore del petto e quel tremore nelle dita me la ricordavano parecchio, ma non potevo esserne certa, magari era solo stanchezza oppure il troppo caldo. Sì dovevo essermi accalorata nel leggere tutta la mattina sotto il sole caldo di quella giornata.

Mi spogliai distrattamente e mi rilassai nella vasca da bagno cercando di scacciar via tutti i cattivi presagi che quella visita inaspettata mi aveva provocato.

- Principessa? – la giovane serva bussò alla porta – Mi spiace disturbarvi, ma il principe Lysandros richiede la vostra presenza. – nelle parole un tono di stizza – State bene? – chiesi aprendo la porta che separava il bagno dal resto della camera ma non vi trovai nessuno.
- Principessa? – questa volta fu la serva più anziana ad entrare in camera – Mi spiace disturbarvi, ma il principe Lysandros richiede la vostra presenza. – disse con un inchino di riverenza – Ho capito, ho capito! – sbuffai, lei sembrò stupita dalla mia reazione come se non capisse il perché del mio tono offeso – Perdonatemi, sono molto stanca. – proseguii con tono più dolce mentre mi facevo aiutare nel vestirmi ed acconciarmi i capelli.

Scesi lentamente la scalinata che separava il piano rialzato dal pianterreno dove, al centro della grande sala d'ingresso, una donna vestita di rosso con un cappello a falda molto larga si guardava attorno stupita, era davvero bellissima – Voi dovete essere Corin. – esordì lei con una voce melodiosa – Molto piacere, il mio nome è Catheryn Deshayes, sono il consigliere reale. – mi squadrò per qualche istante – Gioia mia, non siete cambiata di una virgola! – il suo abito si muoveva sinuosamente con lei mentre muoveva i primi passi nell'atrio del castello – Non vi ricordo, ad essere sincera. Perdonate la scortesia. – risposi, quella donna era bella ma aveva qualcosa che non mi convinceva, lei si voltò e mi sorrise senza dire altro sull'argomento – Il maggiordomo mi ha detto che il principe si trova nella sua biblioteca personale e che voi mi avreste accompagnata. – annuii come se sapessi di cosa stesse parlando e le feci cenno di seguirmi – Questo castello è così accogliente, è un vero peccato che non ci siano balli e feste! – cinguettò mentre camminava elegantemente lungo i corridoi, sicura come se li conoscesse a memoria. Io invece sembravo un'anatra mezza spennata che scappa dal macellaio di turno in suo confronto – Eccoci arrivate. – dissi sorridendole con uno dei miei sorrisi più falsi, di quelli che riserbavo solo a mio padre per dar l'idea di essere la figlia sottomessa e beneducata che desiderava – Vi ringrazio, Corin. – ed entrò nella grande stanza con passo deciso e mento alto – Madame La Voisin! – sentii dire a Lysandros – E' sempre un piacere avervi qui a castello! – disse in tono allegro.

Era definitivo, quella donna non mi stava simpatica.

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