I tre giorni passarono, ma di mio padre nessuna traccia.
Restavo spesso in camera mia guardando dalla finestra in grande cancello d'entrata in ferro battuto nella speranza che si aprisse attraversato da una pomposa carrozza.
Detestavo mio padre e quel regno a cui non ero mai appartenuta, ma era pur sempre la mia casa ed era di certo meglio che sentirsi perennemente osservata; durante il sonno, la cena, nelle poche passeggiate in giardino, sapevo che lui era a pochi passi da me e mi osservava con quegli occhi a me sconosciuti.
Non l'avevo più rivisto da quella notte ed Ermete appariva sempre evasivo ogni volta che tentavo di chiedere informazioni. L'unica a volermi rivolgere la parola era la giovane serva con cui ogni sera chiacchieravo a lungo.- Siete così bella, dal primo momento in cui vi ho vista ho subito capito che foste una principessa! – ripeteva. Non sapevo il suo nome, si ostinava nel non voler essere chiamata in alcun modo – Se ti dovessero chiedere di me, di loro che sono la serva. – non capivo il motivo di questa richiesta ma, dopo aver tentato più volte di capire senza ottenere alcun risultato ci avevo rinunciato.
- Ermete! – chiamai l'uomo che lucidava l'argenteria vicino alla porta d'ingresso – Sono passati ormai tre giorni, credo sia il momento che vada via. – ripresi una volta avvicinatami a lui – Ma signorina – sembrò sorpreso da quelle parole – Restate ancora, in questi giorni ha fatto molto freddo e non avete gli abiti adeguati per affrontare il viaggio. -
- Siete molto gentile, ma fra questo castello e la mia casa c'è solo un piccolo bosco e sono sicura che una giacca, oppure una pelliccia, ci sarà sicuramente. Ho chiesto alla serva di preparare le poche cose con cui sono arrivata in un sacco, partirò con questi abiti. Non temete vi verranno restituiti non appena tornerò a castello. – sorrisi gioviale ma il mio tono non ammetteva repliche – Perdonatemi. – rispose l'uomo e scomparve nel corridoio alle sue spalle lasciandomi lì senza risposte.- Corin. – sentii quella voce fin troppo vicina – Non andate. – mi voltai a destra, poi a sinistra, ma non vidi nessuno – Dove siete? – chiesi perentoria – Non andate via. – ripeté lui.
- Sono stufa di quest'alone di mistero di cui vi circondate, dubito che il vostro aspetto sia così ripugnante da non permettervi nemmeno di sostenere una conversazione con una donna! – respirai cercando di calmarmi, detestavo non avere il controllo di ciò che mi circondava – Lysandros, siete stato molto gentile ad ospitarmi per questi giorni nella vostra dimora ma è ora che io vada via e ritorni al castello, è lì il mio posto. -- Principessa Corin. – Ermete tornò sorridente – Ho chiamato il sarto, se vorrà attendere sono sicura che sarà felice di procurarle degli abiti più caldi e consoni al suo viaggio. -
- Attendere quanto? – chiesi, sapevo quanto serviva ad un sarto per fabbricare un abito – Il tempo necessario. – ripeté lui continuando a sorridere gentile.
- Perché volete a tutti i costi che resti qui? – chiesi, sapevo che anche Lysandros stava ascoltando – Ma ci sono solo io qui principessa, perché "volete"? E poi siete una ragazza così cara, non vorrei mai che vi prendeste un malanno a causa mia. – sorrisi – Siete molto gentile, ma sappiamo entrambi che non siamo soli. – Ermete si fece serio – Continua ad importunarla? – chiese – Io non importuno nessuno. – affermò Lysandros dal fondo del corridoio da dove era arrivato poco prima Ermete – E' arrivato il sarto del paese. – annunciò la serva anziana sbucando alle mie spalle.
Perché volevano che rimanessi lì con loro? Per quale motivo?La paura mi assalì e con la scusa di aver dimenticato qualcosa in camera cercai per tutto il castello una via d'uscita secondaria da cui scappare utilizzando la mappa che mi aveva dato la giovane serva.
Pensai che sicuramente le cucine dovevano avere un'uscita dalla quale prendere le provviste senza passare per l'entrata principale, come avevo visto in molti altri castelli.
Sentivo Ermete chiamare il mio nome e di conseguenza cercavo di fare il maggior silenzio possibile, camminando leggera attraverso i bui corridoi.
Le cucine erano deserte e come avevo immaginato una piccola porta portava all'esterno del castello, affacciandomi dalla piccola finestrella in alto notai che la porta era ben nascosta da alcuni cespugli, forse attraversandola sarei uscita dal castello senza dover passare nemmeno dal pesante cancello principale.La mia mano si posò delicatamente sul pomello in ottone scrostato – Non andartene. – la sua voce mi fece sobbalzare, il tono era quasi una preghiera disperata – Non andartene. – ripeté – Perché? – mi voltai e vidi la sua sagoma nascosta dietro il buio delle casse in legno piene di chissà quali leccornie – Ho chiesto perché. – ripetei più forte – Non posso dirtelo, ma non puoi andartene. – sbuffai – Dovresti smetterla di essere così enigmatico e misterioso o mi porterai all'isteria ed i miei nervi cederanno. – proseguii massaggiandomi le tempie e cercando di accantonare quella strana sensazione al cuore che mi prendeva quando ero sola con lui – Va' in paese col sarto, realizza ottimi capi di vestiario, ti prometto che non ti deluderà. -
- Cosa me ne faccio di un abito quando voglio solo tornare a casa? – lo sentii sorridere, ne ero sicura – Il paese è fuori dal castello. -- Eccoti qui Corin, ti eri persa? – Ermete entrò nelle cucine seguito da un uomo piccolo dai folti baffi con una bombetta in testa – Salve principessa. – sorrise – Sì, mi sono persa. – mentii io.
Prima di uscire guardai di sfuggita l'angolo dove prima si trovava Lysandros, chissà se era ancora lì.
- Il sarto la accompagnerà nella sua bottega in paese dove realizzerà per lei l'abito più bello che abbia mai visto. – ripeteva gioioso Ermete mentre mi accompagnava alla carrozza del sarto – Salite, principessa. – mi invitò.
Perché Lysandros mi aveva offerto un'opportunità di fuga dopo avermi implorato di non andar via? Perché il suo tono era così disperato?Il viaggio fu immerso nel più tombale dei silenzi e, seppur il pover uomo tentasse di dialogare con me, io lo liquidavo immediatamente rispondendo a monosillabi troppo impegnata a capire il motivo dei comportamenti dei due uomini.
- Fammi scappare. – chiesi all'uomo una volta nella sua bottega. Il suo metro gli scivolò via dalle mani a quella richiesta – Scappare? Ma non siete mica prigioniera. – rispose lui gentile – Principessa. – aggiunse il titolo con tono ossequioso – Avete paura di me? – chiesi notando il suo ritrarsi ad ogni movimento – No, non di voi. – rispose sommessamente, lo guardai in attesa di risposta – Non tornate a casa principessa, vostro padre ucciderebbe chiunque tentasse di riportarvici. – ammise , sgranai gli occhi sorpresa – Come dite? – chiesi sbalordita – Le voci corrono e vostro padre ha accolto la vostra fuga come il più sentito dei regali. Avere una donna avrebbe significato perdere parte dei suoi possedimenti a causa della vostra dote e avrebbe significato perdere la possibilità di dare il proprio nome ad un'altra casata, arricchendo così il proprio potere. – si allontanò e, avvicinandosi alla sua scrivania, frugò fra le carte e ne estrasse una che mi porse – Questo è l'editto in cui minaccia di morte chiunque provi a riportare la figlia a castello. -
- E' uno scherzo? – chiesi in collera – No principessa, mi spiace. – l'uomo abbassò il capo – E' assurdo! – urlai.
Chiesi dove fosse il telefono – Noi non abbiamo un telefono, principessa. Ce ne sono alcuni poco distanti da qui in un centro comune. – costrinsi l'uomo ad accompagnarmici, nonostante le sue preghiere di non farlo e soprattutto di non fare il suo nome – Ho una famiglia. – ripeteva disperato.- Helena? – la mia amica parve sorpresa di quella telefonata – E' vero? Mio padre mi detesta a tal punto da uccidere chiunque mi riporti a casa? – la mia amica rispose affermativamente – E se tornassi da sola? – chiesi decisa – Saresti uccisa tu, accusata di alto tradimento. – rispose lei, la sua voce piatta ed incolore – Helena cosa ti è successo? – chiesi spaventata – Mio padre ha deciso che era venuto il momento di sposarmi. Tu non eri lì a difendermi così ho dovuto accettare. – la voce incrinata – Credo mi ucciderò. – proseguì – No! – ulrai – Helena vieni qui, sarai al sicuro. Lysandros... -
- Corin non farò la tua stessa fine. – riprese lei distaccata – Quell'uomo, il suo castello e quel dannato paesino ai suoi piedi, sono tutti ricoperti da una maledizione e qualunque ragazza vi entri in primavera e nel fiore dei suoi anni scompare. – risi – Helena ma io non sono scomparsa! -
- Devo andare Corin, addio. Non cercarmi mai più. – e riattaccò.

STAI LEGGENDO
Lysandros
Misterio / SuspensoLa guardava fisso mentre dormiva e pensava fosse la ragazza più bella che avesse mai visto. Questo pensiero lo tormentava, la sua bellezza avrebbe significato un enorme pericolo per entrambi. "E' già successo quattro volte, non ce ne sarà una quint...