Lysandros, capitolo 2.

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- Chi siete? – chiesi ostentando un coraggio che non mi apparteneva, ma non ottenni risposta – Chi siete, ho detto. – ripetei più forte facendo correre la mia mano verso l'interruttore della lampada da comodino posta al lato del letto – Non lo fate. – intimò la voce maschile proveniente dal fondo buio della stanza – Vi chiedo scusa se vi ho spaventata, non era mia intenzione. -
- Mi stavate fissando. Vi siete introdotto nella mia stanza, di notte, mentre dormivo e mi dite anche che non volevate spaventarmi? Siete un pessimo bugiardo. – lo sentii ridere – Avanti ditemi, cosa volete? – lo esortai – Solo guardavi. Come vi chiamate? – proseguì l'uomo, la voce era suadente ma non abbastanza matura, probabilmente ero difronte ad un ragazzo poco più grande di me che si atteggiava a grande uomo vissuto. – Mi spaventate, sono costretta a chiedervi di andare. – non ottenni risposta e non sentii alcun movimento, ma l'ombra sembrava essere sparita.
Pensai di aver sognato tutto ma, quando mi voltai per stendermi lui era lì, seduto dalla parte opposta del grande letto bianco matrimoniale, sentivo che mi fissava – Vi prego, mi state spaventando. – risposi – Ditemi chi siete. – proseguii con la voce quasi rotta – Mi chiamo Lysandros. – rispose lui – Buonanotte, Corin. – sgranai gli occhi – Come sapete il mio nome? – senza pensarci mi fiondai verso l'ombra e ne afferrai ciò che credevo fosse il braccio prima che potesse andare via – Come sapete il mio nome? – ripetei tenendo stretta la presa. La sua mano sfiorò la mia e un fortissimo brivido mi percorse il corpo costringendomi a ritirarmi – Buonanotte. – ripeté lui sparendo fra le ombre.

Il mattino seguente mi svegliai coi primi raggi di sole che filtravano dalla mia finestra, voltai sorridente il capo verso l'altra parte e notai che il letto era ancora sfatto lì dove la notte prima si era seduto l'uomo che mi fissava. Passandoci la mano sopra notai che era ancora caldo – Non può aver passato qui la notte. – dissi fra me e me.
Le finestre erano chiuse ed anche la porta, ma le lenzuola provavano che non avevo parlato con un fantasma quella notte.

- Ermete, qualcuno si è introdotto nelle mie stanze questa notte. – dissi ancora in vestaglia appena vidi l'uomo nell'atrio del castello. Con non poca fatica ero riuscita a trovare la via d'uscita in quell'intricato labirinto di cui quel dolce uomo era maggiordomo – Ah si? Vi ha anche detto il suo nome? – ricordai che, effettivamente, l'aveva fatto – Sì, ha detto di chiamarsi Lysandros. Ma non si è fatto vedere in volto. – dissi, lui annuì – Capisco, farò le dovute ricerche. Intanto venite, la colazione è già pronta. – sorrise l'uomo invitandomi con un gesto elegante a seguirlo. Una strana sensazione non faceva che seguirmi ed accrescersi ad ogni passo. Sentivo che qualcuno mi stesse osservando, sentivo ancora gli occhi di quell'uomo addosso e non riuscivo a far a meno di pensare che lui fosse ancora lì e mi stesse fissando.

- Non c'è il padrone? – chiesi triste – No, il padrone ha già fatto colazione, è solito svegliarsi molto presto e passare il resto della mattinata in giardino. – sorrisi raggiante – Perfetto! – agguantai una mela rosso scarlatto dalla tavola – Vorrà dire che andrò in giardino per cercarlo! – mi diressi verso l'uscita – Corin! – mi inseguì l'anziano – Siete ancora in pigiama. – mi guardai il corpo; i piedi nudi mi salutavano e la vestaglia rosa svolazzava leggera.

Mi cambiai velocemente, nella camera ritrovai la giovane serva della sera prima che mi aiutò ad indossare un semplice abito verde morbido e leggero, la ringraziai e mi feci spiegare come raggiungere il giardino senza perdermi troppe volte, lei fu felice di spiegarmi ogni singolo corridoio e mi diede una piccola mappa tascabile consigliandomi di tenerla sempre con me in caso mi fossi persa.

Addentai la mela mentre il sole splendeva alto nel cielo e mi baciava le guance, i fiori emanavano un dolcissimo profumo. Nella mappa che mi aveva dato la serva c'era anche una sezione dedicata al grande giardino del castello e vi notai una piccola struttura in legno proprio nel centro, così decisi di cercarla per godermi un po' di pace, avrei ripreso la ricerca del padrone di casa più tardi.
Dopo qualche curva mancata e qualche svolta errata finalmente arrivai al piccolo gazebo in legno chiaro e, accanto ad esso, un uomo osservava silenzioso i rovi di rose bianche – Salve, ha per caso visto il padrone di casa da queste parti? – il sole faceva risplendere i capelli neri dell'uomo, portati leggermente più lunghi della media, facendoli apparire incredibilmente lucenti e setosi, l'uomo annuì – Potreste dirmi dove trovarlo? – chiesi ancora – Sono io. – rispose l'uomo, i miei arti si immobilizzarono nel sentire quella voce – S-salve. – dissi titubante – Devo avervi davvero terrorizzata la scorsa notte. Perdonatemi ma la curiosità mi stava uccidendo, speravo davvero non vi svegliaste. -
- Siete rimasto tutta la notte. – dissi secca, lui tacque – Volevo ringraziarvi per l'ospitalità. – dissi guardando per terra, vidi una coccinella arrampicarsi su un filo d'erba, pensai alle dicerie sulla fortuna che si diceva portassero quegli insetti – Dovete andarvene. – rispose lui freddo – Certo – annuii – Ho solo bisogno di chiamare mio padre, sono sicura che entro questa sera sarà qui. -
- Chi è vostro padre? – proseguì l'uomo, notai che non si era ancora voltato e che avevo parlato con le sue spalle per tutto il tempo – Re Lorenzo Sole, primo del suo nome. – ammisi col capo ancora chino – Dubito verrà a prelevarvi, perdonatemi ma vostro padre è un rozzo. – risi – Potrei farvi decapitare per questo. -
- Non sareste qui se foste così permalosa riguardo agli insulti su vostro padre. – inclinai il capo confusa – Di cosa state parlando? – ci fu un momento di silenzio – Comunque, se non vi dispiace, chiamerei subito mio padre dimostrandovi che vi sbagliate. – l'uomo annuì silenzioso – Da queste parti non si usa voltarsi e guardarsi negli occhi mentre si discorre? – chiesi prima di andare – Non se siete me. –

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