Lysandros, capitolo 3.

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- Ermete! – andai in contro all'anziano signore che era sull'uscio a spazzare via dei petali trasportati dal vento – Avrei bisogno di parlare con mio padre, così potrò andarmene. Avete un telefono? – chiesi sorridente, lui posò la vecchia scopa al muro e fece cenno di seguirlo – Perché non mi avete detto del padrone quando ve ne ho parlato stamattina? – chiesi mentre attraversavamo i lunghi corridoi – Non volevo spaventarvi ulteriormente, si è per caso fatto vedere? – chiese con aria pensierosa – Sì, ma ho avuto il piacere di parlare solo con le sue spalle finora. – l'uomo rise sollevato – Lysandros è un ragazzo particolare, ma ha un cuore buono. E' stato lui ad insistere nel farvi entrare la scorsa notte. – aveva parlato di ragazzo, le mie supposizioni dovevano essere corrette – Chi non l'avrebbe fatto? Il codice morale impone di aiutare una giovane fanciulla in difficoltà. – Ermete aprì una porta sulla sinistra facendola cigolare – Come vi ho detto, è un ragazzo particolare. Poi le porte del nostro castello sono chiuse da tempo ormai. – mi indicò il telefono che giaceva su un tavolino in legno scuro e sparì fra le ombre.

- Padre? – chiesi non appena ottenni risposta dall'altro capo
- So che siete arrabbiato, la scorsa notte sono stata attaccata da un lupo e... Sì padre, il castello appartiene ad un certo Lysandros. – ci fu una pausa dall'altra parte –Ma come non avete intenzione di riportarmi al castello? Non ha senso ciò che dite! Sono matura abbastanza non ho bisogno di alcuna nuova esperienza! Ammettetelo che volete solo liberarvi di me una volta per tutte. – la risposta fu affermativa, poi mio padre riagganciò.

- Ve l'avevo detto. – sentii dire, mi voltai spaventata – Dove siete? Da quanto siete qui? -
- Non ha importanza, avevo ragione. – sbuffai – Sarà solo molto stanco, richiamerà sicuramente. E se così non fosse me ne andrò io, tempo tre giorni. -
- Tempo tre giorni. – ripeté lui sogghignando
- E non prendetevi gioco di me, non apparite durante la notte né in nessun altro momento senza preavviso e soprattutto – mi diressi verso l'angolo dove sapevo si fosse nascosto – Non... nascondetevi. – terminai la frase trovando l'angolo vuoto – Non posso promettervelo. – rispose lui alle mie spalle, ma l'unica cosa che riuscii ad intravedere furono i suoi fluenti capelli neri.

-Allora, Corin, quando andrete via? – chiese Ermete durante la cena, nemmeno allora Lysandros si degnò di presentarsi – Fra qualche giorno, indipendentemente dal volere di mio padre. – l'uomo sorrise – Siete così gentile, come fate? – chiesi – Anni di esperienza. – sorrise ancora e si congedò.

Dopo cena decisi di dirigermi nelle mie stanze, ma non volli seguire la mappa decidendo di deviare per alcuni corridoi finendo col perdermi. Una melodia dolcissima mi attirò verso una sala a doppie porte, apparentemente chiuse. Godetti per qualche istante di quel dolce suono per farmi poi invadere dalla curiosità e, lentamente aprii le porte, il suono cessò immediatamente – Siete troppo curiosa. – la sua voce proveniva dal fondo della sala, immersa nel buio – Perché non vi fate mai vedere in volto? – non ottenni alcuna risposta – Siete molto talentuoso. – ammisi – Vi ringrazio. E voi? Avete un qualche talento artistico immagino. – avanzai nella sala in direzione della voce, ai miei lati altissimi scaffali pieni di libri si ergevano maestosi, doveva essere una biblioteca – Perché lo immaginate? – chiesi – Perché siete una principessa e le principesse vengono educate all'arte. – poggiai la mia mano sul freddo mogano scuro del pianoforte che Lysandros aveva suonato fino a qualche attimo prima – Le principesse vengono educate ad essere buone mogli e altre stupidate simili. – lo sentii ridere e, per un misterioso motivo, sorrisi anch'io – In cosa siete abile? – chiese ancora – Mostratevi e lo saprete. – provai – Non m'ingannerete così facilmente. – sorrisi – Dipingo, ma non sono così abile come si potrebbe pensare di una principessa. – immaginai i suoi muscoli tirarsi in un sorriso, il mio cuore non la smetteva di accelerare, l'avrei stritolato se avessi potuto – Allora ci dev'essere qualcosa in cui siete più brava. -
- Rifiutare uomini, in quello credo di essere imbattuta a corte. – risi della mia stessa battuta, pentendomene subito dopo – Non pensiate che io sia un'arpia, per carità. – e toccò a lui ridere – Non l'ho mai pensato, credo voi abbiate idee molto chiare, tutto qui. – disse - E che riusciate sempre nel vostro intento. – aggiunse poi – Quindi sapete che vi vedrò in volto prima dei tre giorni, vero? – mi avvicinai fulminea immergendomi nel buio dove sapevo di trovarlo, se si fosse sporto sarebbe finito nella parte di sala illuminata dalla luce lunare che filtrava attraverso le grandi vetrate, sentii il suo respiro mozzarsi – Siete in trappola? – chiesi retorica avvicinandomi ancora, non sapevo bene cosa avrei fatto, sapevo solo che avevo una voglia indefinibile di scoprire i tratti del suo volto – Vi prego, non guardatemi in volto. – rimasi basita da quella preghiera così inusuale – Il maestro consigliere di mia nonna era cieco, lei non si fidava di chi poteva guardarla in volto, diceva che gli occhi degli uomini servono solo per immaginare le donne senza abiti ed in atteggiamenti riprovevoli. – allungai le mani verso il volto del ragazzo – Quell'uomo mi ha insegnato a conoscere i tratti delle persone col solo tatto. – passai i miei polpastrelli sul suo naso, era dritto e affusolato, passai alle guance scoprendole lisce, sorrise sotto le mie dita e due piccoli segni apparvero sotto il mio tocco – Avete le fossette. – commentai sorridendo di rimando – E la pelle calda. State per caso arrossendo? – lui si allontanò improvvisamente – Basta così. – improvvisamente la sala fu immersa nel buio, aveva chiuso le tende senza che io avessi la possibilità di vederlo – Non amo il buio. – dissi presa dal panico, ed era vero. Il buio mi terrorizzava, ne avevo così paura da aver dormito fino a qualche anno prima con una piccola luce accanto al letto – Vi prego, prometto di non guardarvi in volto. – brancolavo nel buio con la voce rotta dal terrore – Vi prego! – urlai, sentii le sue mani prendere le mie – Non abbiate paura. – sussurrò, posò una mano sul mio fianco mentre l'altra corse lungo il braccio – Vi insegnerò a camminare nel buio. – disse.

Mossi qualche passo titubante, piccolo ed incerto, sentivo il suo corpo schiacciato contro il mio, sentivo il suo viso così vicino che se avessi strizzato gli occhi forse sarei riuscita a scorgerne qualche dettaglio – Non mi guardate. – intimò lui ed io, come una bambina, obbedii.
- E' molto semplice, non ci sono rumori o suoni a cui stare attenti, dovete solo camminare. – si allontanò da me lasciandomi sola – Dove siete? – chiesi allarmata – Sono qui, seguite la mia voce. – avanzai di qualche passo – Non muovetevi. – dissi – Non lo farò. – rispose lui dolcemente. Allungai il passo notando che non riuscivo mai a raggiungerlo – Voi mi muovete! – dissi, non ottenni risposta. Mi scontrai contro il morbido tessuto delle tende ed istintivamente le spalancai, accogliendo con enorme piacere la luna e la sua luce, il cuore pulsava velocemente e mi resi conto solo allora di aver trattenuto il fiato, le mani tremavano impaurite – Ora siete abile anche nel camminare attraverso il buio. – sentii la sua voce lontana e la porta dalla quale ero entrata chiudersi.

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