Lysandros, capitolo 10.

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Cenai dialogando con la donna come se nulla fosse successo – Devo ammetterlo – dissi – inizialmente avevo qualche remora sul vostro conto, ma ora devo ricredermi. – mentii – Probabilmente ero solo gelosa del vostro bellissimo aspetto e del vostro invidiabile senso dello stile. – sorrisi nel modo più vero che riuscissi a fare, mentre nella mia mente immaginavo di conficcarle la forchetta nel bulbo oculare – Mi chiedevo, dato che a breve ci sarà un ballo, potreste darmi una mano? Non so davvero da dove cominciare e voi siete un modello per me! – finsi speranza, finsi di essere elettrizzata e finsi adulazione.
Ermete mi guardava di sottecchi cercando di capire il perché di tanta improvvisa gioia, speravo non si rendesse conto che mentivo spudoratamente.
Lei sorrise dolcemente – Speravo in questa richiesta, sarò felicissima di aiutarvi. -
Megera, pensai – Ho sentito parlare di un sarto giù al paese in grado di fabbricare abiti stupendi – disse lei - E poi c'è un salone di bellezza poco più in là, potrei chiamare le loro migliori acconciatrici per darci una mano! -
Assassina, bugiarda, proseguì la mia mente – Sono sicura che ci divertiremo! – concluse mentre sorrideva soddisfatta, credeva di avermi in pugno e di avere la strada spianata verso il successo, aveva messo fuorigioco il mio rapporto con Lysandros raccontandogli della mia falsa infermità mentale, aveva messo fuorigioco la servitù con qualche parola dolce e credeva di aver messo fuorigioco me.

Ma si sbagliava di grosso.
Aspettavo un solo passo falso, una sola falla e la situazione si sarebbe ribaltata.

- Perdonate – iniziai mentre passeggiavamo fra i viottoli dell'enorme giardino – non ricordo il vostro volto a castello, potreste illuminarmi? – lei sembrò trasalire – Vi sentite poco bene? – chiesi fingendo preoccupazione, lei si schiarì la gola facendo finta di nulla e rispose – Solitamente viaggio fra i castelli degli alleati di vostro padre, sono spesso lontana dal castello. Parliamo di questioni economiche e cose complicate, non potreste capire. – annuii – Strano che una donna abbia una posizione così di rilievo a corte e soprattutto per mio padre, sapete è molto rigido su certe tradizioni. – pronunciai quelle parole con voluta innocenza, ma nascondevano un veleno più potente di quello con il quale avrebbe voluto assassinare il principe.
- Ero la migliore e vostro padre, che è un sovrano bilanciato e giusto, ha scelto me per questo incarico.-
Avrei voluto elencare tutte le qualità che la rendevano "migliore" agli occhi di mio padre, ma mi trattenni.
Sentii un fruscio fra le foglie, la donna accanto a me non parve accorgersene, ma sapevo che assieme a noi c'era una terza persona che stava origliando la nostra conversazione – Che colore pensate mi possa donare per il ballo? – chiesi d'un tratto cercando di sviare l'argomento precedente, se Lysandros avesse capito il mio piano sarebbe fallito ancor prima di esser messo in atto.
- Avete la carnagione chiara ma non troppo ed i vostri capelli sono quasi biondi quindi opterei per un rosa, ma non di quelli che si mettono alle neonate... un rosa chiaro, cremoso come una glassa. – avevo trovato il suo punto debole; era frivola.
- Magari senza spalline, così da accentuare il petto, cosa ne pensate? – chiesi imitando il suo tono – Ci stavo pensando anch'io! – mi fissò per qualche istante, come per studiarmi – Devo ammetterlo, non siete poi così male. – sorrise maligna ritornando in sé – Sono stanca, meglio che vada. Buonanotte principessa. -
- Buonanotte Madame. – mi congedai con un inchino e proseguii la mia passeggiata da sola mentre la donna dandomi le spalle si allontanava
– Cos'hai intenzione di fare? – una voce mi fece sussultare prendendomi di sorpresa – Dovreste smetterla di apparire alle mie spalle d'improvviso o ne andrà della mia salute. – risposi con una mano sul petto, il cuore s'era rallegrato e saltellava felice minacciandomi di uscir fuori – Rispondete alla mia domanda. – il suo tono era serio, ma tradiva una nota di preoccupazione, che avesse riflettuto sulle mie parole? – Soltanto prepararmi per il ballo, visto che è l'ultima occasione che avrò per incontrare i miei amici prima di andare in contro all'impiccagione. – risposi acida, ricordando la promessa che avevo fatto prima di fuggire in lacrime dalla camera da letto del principe – L'ultima volta che l'avete detto non ve ne siete andata. – sorrisi amaramente – L'ultima volta la mia presenza era gradita, ora non più. Perdonate, ma sono stanca... - tentai di dire – Aspettate, lasciate che vi accompagni. – sentii qualcosa muoversi fra le foglie del cespuglio con cui stavo parlando, mi avvicinai e guardai fra i rami: nella notte la sua figura era a malapena distinguibile, ma vidi le sue dita aperte dall'altro lato, come se si aspettasse che prendessi la sua mano – Potete anche chiudere il palmo, non riuscirei a raggiungerlo con questi rovi. – dissi avviandomi verso il castello e lasciando il principe ad aspettarmi dietro la siepe.

Camminai con la voglia irrefrenabile di ritornare indietro e stringergli la mano ma sapevo che l'unico modo per non mandare tutto a monte era mantenere le distanze, almeno fino alla sera del ballo.

Una volta nelle mie stanze indossai la mia vestaglia, questa volta di un candido bianco che accarezzava delicatamente le mie gambe. Mi affacciai alla finestra osservando il giardino notturno senza pensare a nulla in particolare quando sentii un fruscio provenire dalla porta, mi voltai repentinamente e afferrai la lampada da comodino, l'oggetto più vicino a me. Non vidi nessuno ma un biglietto col suo profumo giaceva timido sul pavimento.
Lo raccolsi con un misto di euforia e timore e lessi velocemente il contenuto:

"Mi sarebbe piaciuto dirvi che ho apprezzato tantissimo il vostro quadro e la vostra idea è perfetta. Non vedo l'ora di vedervi indossare la maschera, spero di riconoscervi.
Saluti,
Lysandros"

Pensai che io l'avrei riconosciuto, con o senza maschera, perché il mio cuore avrebbe accelerato anche solo per le sue spalle, per i suoi capelli corvini, per il suo sbuffo prima di un sorriso.

Mancavano una manciata di giorni quando Madame e io ormai avevamo stretto un rapporto d'amicizia, non intimo e neppure vero. Quella mattina il sarto del villaggio era arrivato a castello con i modelli per gli abiti di entrambe – Oh principessa Corin, siete sempre splendida! – mi salutò l'uomo panciuto non appena mi vide, lo abbracciai amichevolmente prima di dirigerci nella sala della vestizione del principe, dove ci attendeva la serva più anziana pronta ad eseguire gli ordini.

L'abito della donna era ancora una volta rosso fuoco, probabilmente un tratto distintivo della sua persona, lunghissimo e così stretto da impedirle quasi il respiro, scollato e ben tagliato all'altezza del seno per evidenziarne la prosperosità – Credo che indosserò questa collana di rubini, non sembra anche a voi essere stata creata solo per il mio collo? – cinguettò giuliva, io sorrisi annuendo. L'istinto omicida era sparito, ma la diffidenza nei suoi confronti non sarebbe mai andata via.
Il sarto mi spedì in camerino con l'abito ancora avvolto nella stoffa di protezione, quando la aprii non potei che ammirare quell'uomo per i magnifici lavori che era in grado di creare, erano delle opere d'arte.
Il mio era molto simile all'abito che nella tradizione veniva cucito per le principesse il giorno della loro incoronazione a regine assieme al loro marito, con maniche leggere che lasciavano scoperte le spalle candide di giovane, la gonna ampia e svolazzante che copriva i piedi lasciandone intravedere a malapena le punte, la vita stretta segnata da un finto bustino e gli orli impreziositi da leggere pietre.
Scostai la tenda del camerino raggiante – Il principe ne sarà entusiasta. – commentò il sarto guardandomi – E perché dovrebbe? – intervenne Madame – E' solo una sua ospite. – proseguì stizzita, sentivo che la crepa nel piano di mio padre stava per aprirsi e sarebbe diventata un'enorme voragine che avrebbe inghiottito quella megera che fingeva di essermi amica. 
- Il principe ha molto a cuore l'arte, adora gli abiti di quest'uomo così capac e questo qui, che è un vero gioiello di sartoria, lo colpirà di sicuro! – intervenni io estasiata, la donna mi sorrise tranquilla e gioviale.
- Oh sì, l'amore per l'arte lo contraddistingue. Ha un quadro di un pianista appeso nella camera da letto. -
Inizialmente mi rallegrai per quella notizia, felice di sapere che aveva apprezzato davvero i miei dipinti, ma il sorriso perfido della donna mi fece rabbrividire.
Perché conosceva la sua camera da letto?

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