Risalire l'abisso

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Rimasi paralizzata.

Come se le mie mani, le mie braccia, le mie gambe avessero smesso di far parte del mio corpo.

Lo Sconosciuto adesso mi fissava, senza più parlare.

Nella mia testa le domande si sovrapponevano e si incastravano, dando forma a un labirinto di pensieri che non aveva vie di fuga.

Non so dove trovai le forze per farlo, ma mi alzai di scatto dal prato, indietreggiai  lentamente allontanandomi da lui e poi iniziai a correre.

Lontano, lontanissimo.

Ne avevo avuto abbastanza. Se il suo scopo era quello di farmi lasciare Saint Claire, ce l'aveva fatta.

Attraversai di corsa il giardino dove mi aveva portata, e sorprendendomi di me stessa scavalcai senza fatica  il cancello che soltanto poco prima mi era sembrato così alto.

Continuai a correre senza guardarmi indietro. Senza cercare di trovare una soluzione, una spiegazione. Ero uscita di casa determinata ad ottenere delle risposte,  e adesso che le avevo avute tutto ciò che desideravo era poter tornare indietro.

Perché era troppo.

Ripensai soltanto per una frazione di secondo a ciò che lo Sconosciuto mi aveva appena detto, e ciò fu sufficiente a trascinarmi giù nell'abisso.

Come poteva sapere tutte quelle cose?

Non c'erano ragioni valide, non c'erano teorie.
Soltanto un mondo totalmente nuovo e completamente irrazionale.

Continuai a correre, senza nemmeno conoscere la strada. Senza mai voltarmi indietro. Volevo arrivare il più lontano possibile da lui. E da Saint Claire.

Decisi che una volta tornata a casa avrei detto a mia mamma che non sarebbe stato possibile per me restare lì. Mi sarei inventata qualcosa, qualunque cosa.

Ero troppo spaventata. Ed era una paura di stomaco, viscerale, ingestibile.

A un certo punto sentii che non ce la facevo più. Mi dovevo fermare, non avevo più fiato e le gambe mi facevano male. Non avevo idea di quanta strada avessi percorso.
Mi guardai intorno.

Riconobbi la piazza.

Quella dove il pullman aveva lasciato me e mia mamma il giorno precedente, quando  avevo visto per la prima volta lo Sconosciuto.

Mi diressi verso il muro contro il quale lui era appoggiato. Lo raggiunsi e mi ci appoggiai contro. Ripensai a quel momento e provai una strana sensazione. Rividi il modo in cui lui mi aveva guardato. Come aveva immediatamente fissato gli occhi nei miei. Quel brivido nuovo e inspiegabile che avevo provato.

Mi piegai sulle gambe e rimasi così, appoggiata contro quel muro, a guardarmi intorno.

Chiusi gli occhi e ripensai a tutti gli eventi di quei due giorni.
L'incontro con lo Sconosciuto, le parole del vecchio alla locanda, le ragazze scomparse, le visioni, Desmond. E poi ciò che lo Sconosciuto mi aveva appena detto.

Avrei voluto andarmene, è vero.

Eppure una voce nella mia testa mi chiedeva di rimanere.

Sarebbe stato facile scappare, come avevo intenzione di fare. Come in realtà già stavo facendo. E sarebbe stato anche giusto, logico.

Ma in fondo com'era stata la mia vita prima di quegli ultimi due giorni?

Piatta, scontata, monotona. Priva di emozioni reali, priva di battiti del cuore. Senza amore, se non quello dei miei genitori. Senza amici. Senza sbocchi versi qualcosa di diverso.
Forse scappare sarebbe stato da codarda. Forse, se non altro per concedermi una chance di poter provare a cambiare quello che era il mio mondo, avrei dovuto restare. Cercare di capire, cercare di scoprire la verità. Non per gli altri, ma per me.

Per me e basta.

Mi guardai le mani. Così piccole, così pallide. Con le unghie mangiate. Raccontavano un po' di me, delle mie fragilità. Di tutti quei dubbi e quelle incertezze che da sempre mi portavo dentro.

Pensai all'ultima volta che mio padre le aveva strette nelle sue. Mi venne da sorridere e al tempo stesso un nodo mi si strinse in gola. Mi vedeva come una ragazzina in pericolo, non come una donna. Forse aveva ragione lui, non lo so. Ma se ora avevo anche una sola possibilità di dimostrargli che si sbagliava, forse non avrei dovuto lasciarla cadere lontano.

Sorrisi, mi rialzai. Asciugai una lacrima che senza il mio permesso aveva cominciato a venir giù.

Sarei rimasta, adesso ne ero certa.

Sarei rimasta nonostante tutto.

Ripresi a camminare, con la consapevolezza che sarei stata io, e io sola, a modellare il mio futuro. Avrei voluto tornare dallo Sconosciuto e continuare a porgli domande, e mi chiesi se fosse ancora in quel parco.
Poi pensai a mia madre, al fatto che ancora non avevo trascorso del tempo con lei da quando eravamo arrivate a Saint Claire, così decisi che invece per il momento sarei ritornata a casa.

Se c'era una cosa di cui ero certa, era che l'avrei rivisto.

Lasciai che l'aria entrasse a fondo nei miei polmoni, e mi sentii bene. Sicura, in qualche modo. Io che ero sempre stata il contrario della sicurezza. Era paradossale, lo so, ma forse tutti quegli eventi inspiegabili stavano lentamente modellando qualcosa dentro di me. Aspetti del mio carattere che non avevo mai intuito prima di allora.

Ero arrivata vicino alla foresta ormai, quasi a casa.

Tutti quei pini, sotto la luce del sole adesso, non sembravano più così spaventosi.

Stavo per imboccare il viale che mi avrebbe condotta al cancello d'ingresso quando, improvvisamente, le vidi.

Due ragazze che, comparendo da dietro gli ultimi alberi del bosco, si avvicinavano lentamente alla strada.

Ero ancora troppo lontana da loro, ma riuscii a capire che dovevano avere più o meno la mia età.

Mi fermai, senza smettere di guardarle, e poi incominciai a camminare nella loro direzione.
Sembravano sporche di terra e fango, sia sul corpo che sugli abiti.

<<Ehi>> gridai, ma non mi risposero.

Continuavano a camminare verso la strada che correva parallela al bosco, e mi sembrò che venissero verso di me.

Non mi fermai e continuai ad andar loro incontro.

Ma quando fui vicina abbastanza da poterle guardare in volto, per un attimo lunghissimo rimasi immobile, paralizzata dallo stupore.

Una di loro era Joey Petersen, la fidanzata di Desmond.
La ragazza che, probabilmente, avevo sentito gridare vicino al lago. Riconobbi facilmente il suo viso perché era sulle prime pagine di tutti i fogli di giornale che la notte precedente avevo trovato sul mio letto.
E la persona accanto a lei, ne ero certa, era l'altra ragazza che solo qualche giorno prima era scomparsa da Saint Claire.

I loro occhi sembravano fissare il vuoto, come se ovunque intorno a noi non ci fosse più nulla.

Rose e lo SconosciutoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora