Rientrai in casa e mi resi conto soltanto in quel momento che avevo davvero trascorso trascorso la notte senza chiudere occhio. Eppure, d'un tratto, non mi sentivo più stanca.
Salii le scale e passai accanto alla camera di mia mamma. Non si era ancora svegliata.
Controllai poi che nella mia stanza fosse tutto in ordine; quindi salii ancora le scale per raggiungere la zona della mansarda e, soprattutto, della terrazza. Avevamo una terrazza che ancora non ero riuscita a vedere.Feci un po' di fatica ad aprire la porta, ma quando vi riuscii mi trovai di fronte ad uno spettacolo straordinario.
L'alba, rossa come il fuoco, incendiava alberi e cielo. Potevo vedere il bosco e il lago in lontananza, e la città dalla parte opposta.
Era bellissimo.
Chiusi gli occhi per qualche istante e respirai a fondo l'aria limpida del mattino.
Pensai agli eventi di quei giorni, a Desmond e allo Sconosciuto. Al vecchio Jackoson e a Joey e Susan. A mia madre, a mio padre. A quanto la vita mi sembrasse diversa da ciò che era sempre stata.
Pensai alla mia ultima visione. Mi aveva spaventata. Il parco.. Non avevo idea di quale posto potesse essere. Non avevo nemmeno idea del perché avessi incominciato ad avere quelle visioni, d'altronde, né di come fosse possibile. Ero certa che avessero in qualche modo a che fare con lo Sconosciuto, ma sapevo anche che continuare a cercare spiegazioni logiche non sarebbe servito a niente. Soltanto lui avrebbe potuto darmi delle risposte e, per il momento, non l'aveva fatto.D'un tratto, mentre due passerotti continuavano a parlarsi nella loro lingua accanto a me, ebbi un'idea.
Presi il telefono e scorsi la rubrica fino al nome di Desmond.
Ci pensai qualche istante, e poi lo chiamai.Lui rispose dopo il secondo squillo.
<<Chi parla?>> chiese.
<<Sono Rose. Ciao, Desmond.>>
<<Rose... Va tutto bene?>>
<<Sì, va tutto bene. Ho bisogno di vederti, Desmond.>>
Ci fu un silenzio abbastanza lungo da inquietarmi un po', poi mi rispose.
<<Perché?>>
<<Ti devo parlare. Raggiungimi, sono a casa.>>
<<Va bene, sto arrivando.>>Non ci mise molto. Mi richiamò, ed io scesi. Lo trovai fuori dal cancello ad aspettarmi. Aveva l'aria stanca, e immaginai che anche lui non dormisse da tante ore.
<<Stavi dormendo?>> gli chiesi, per sembrare gentile più che altro, perché conoscevo la risposta.
<<No, ero appena arrivato alla locanda.>>
Mi guardò con aria incerta.
<<Perché mi hai chiamato, Rose? Pensavo fossi con lui.>>Annuii.
<<Lo ero. Ti va di fare due passi?>>
<<Va bene>> mi rispose <<ma niente bosco, ok?>>
Sorrisi, e per un attimo mi sembrò di ritrovare sul suo viso un barlume di luce.Cominciammo a camminare senza una meta precisa in testa. In realtà trovammo una panchina poco distante dalla mia nuova casa e alla fine decidemmo di sederci.
<<Desmond.. Mi dispiace averti aggredito stanotte nel bosco. Soltanto che... Mi servono delle risposte.>>
Lui scosse la testa, pensieroso.
<<È per questo che mi hai chiamato?>>
<<Sì, anche. Mettiti nei miei panni. Non avresti fatto lo stesso?>>
<<Forse sì, Rose. Non lo so. Tutta questa storia... È tutto nuovo anche per me.>>
<<Perché mi hai parlato così di lui? Perché mi hai detto di stare attenta? Non può aver ucciso Joey e Susan. Sei stato testimone di quella scena così come lo sono stata io.>>
Mi guardò negli occhi, e sembrò esitare per qualche secondo.
<<Lo so, Rose. Credo di essermi sbagliato per quanto riguarda la morte di Joey e Susan. Ma ero scosso. Mi sembrava tutto così irreale. E lui è comparso tra noi così all'improvviso.>>
<<Hai detto allo sceriffo che ero al lago con voi? Con lui?>>
Scosse la testa, poi fissò un punto indistinto all'orizzonte.
<<No, non l'ho fatto. Sarebbe stato difficile anche giustificare la mia presenza. L'ho chiamato senza presentarmi, poi ho atteso l'arrivo degli agenti e quando mi sono assicurato che le ragazze fossero al sicuro sono scappato.>>Annuii. Aveva ragione. Spiegare allo sceriffo per quale motivo si trovasse lì non sarebbe stato semplice.
<<E allora perché eri li, Desmond?>>
Si alzò, si infilò le mani nelle tasche, fece qualche passo in avanti.
<<Ho parlato con mio nonno, dopo quanto è successo alla locanda. Come ti ho già detto, lui ha origini indiane. Navajo, per l'esattezza. E io... Ho sempre avuto la capacità di sentire in qualche modo le persone.>
Scossi la testa, incerta.
<<Non capisco. Sentire le persone?>>
Lui si avvicinò a me, mi guardò nuovamente negli occhi.
<<Sentire se sono buone o no. Sentire se hanno paura. Se sono felici. È come una sorta di empatia all'ennesima potenza. È difficile da spiegare. Però non è così soltanto con le persone, lo è anche con i luoghi. Con la natura. Con le circostanze.>>
<<Cioè?>>Esitò, poi fece qualche passo in avanti. Indicò l'area ricoperta dal bosco.
<<Laggiù c'è qualcosa di terribile, Rose. Di diverso. E di mortale. E io riesco a sentirlo. Ho sempre avuto delle sensazioni brutte su quel posto, ma non mi sono mai reso conto di ciò che fosse davvero. E ancora non lo so, ad essere sincero. Ma negli ultimi giorni quelle stesse sensazioni si sono amplificate al massimo. Poi ho parlato con mio nonno, e lui ha cercato di darmi alcune spiegazioni.>>
<<Che cosa ti ha detto?>>
<<Ha detto che io sono così per il sangue che mi scorre nelle vene. Perché lui stesso discende da una famiglia di stregoni. Gente strana, che aveva a che fare in qualche modo con la magia, con il sovrannaturale. E a quanto pare mi hanno lasciato qualcosa in eredità. Però...>>
<<Però?>> gli chiesi, senza smettere di guardarlo negli occhi.
<<Si tratta di qualcosa che ancora non so sfruttare. È come se fosse fuori dal mio controllo. Io riesco soltanto a sentire, ma non ho spiegazioni o risposte.>>Rabbrividii. Era sincero, ne ero certa.
<<È per questo che mi hai messa in guardia da lui? Che cosa hai sentito?>>
Si avvicinò a me, mi strinse una mano.
<<Con lui... Le due volte che lui c'era e voi due eravate insieme, quelle sensazioni terribili si sono quadruplicate. O forse di più. Hanno raggiunto l'apice. Per questo alla locanda sono rimasto immobile, come se il sangue mi si fosse gelato nelle vene. Era la prima volta che mi succedeva in maniera così ingestibile.>>
Feci un passo indietro, sconvolta. Aveva paura, ed era una paura nuova, diversa. Perché era legata a ciò che io provavo per lo Sconosciuto.
<<Che cosa hai sentito, Desmond? Riesci a descrivermelo?>>
Lui esitò, poi ancora una volta mi guardò dritto negli occhi.
<<Ho sentito che devi andartene da lui, Rose. Devi restargli lontana, il più possibile e per sempre.>>
Rimasi immobile, paralizzata. Non solo per ciò che mi aveva detto, ma per il modo in cui l'aveva detto.
Come se quella fosse davvero l'unica soluzione possibile.
Desmond fece ancora un passo verso di me.
<<La sensazione che ho avuto quando poche ore fa ti ho rivista nel bosco con lui è stata quella della fine.
La fine di tutto.>>
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Rose e lo Sconosciuto
Mystery / ThrillerRose Dwight Anderson, diciotto anni e tante insicurezze, si trasferisce insieme alla madre nella piccola cittadina di Saint Claire: tremila abitanti, un grande bosco e un lago al confine tra Canada e Stati Uniti. Inizialmente felice e piena di sper...