Il presentimento

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Rimasi immobile, i sensi all'erta. Tesa, perché il viso dello Sconosciuto aveva assunto un'espressione di preoccupazione, ed io non ero abituata a vederlo così.

Si era avvicinato alla porta e adesso era immobile di fronte a me.

Girò la chiave e, di colpo, la aprì.
Trattenni il fiato per un secondo, poi mi stupii nel rendermi conto che, di fronte a lui, non c'era nessuno.

Fece qualche passo fuori dalla stanza ed io, dopo essermi alzata dal letto, lo seguii, incerta.

Rimanemmo fermi nel corridoio e ci guardammo intorno. Non c'era nessuno. Nulla, nessun rumore.
Solo silenzio.

<<Che cosa avevi sentito?>> gli chiesi, sottovoce.

Lui esitò.

<<C'era qualcuno qui fuori>> disse, scuotendo la testa.
<<Ma chi..>> stavo per chiedere chi potesse averci seguiti fin lì, ma mi interruppi. La risposta era semplice: chiunque. Tutto ciò che mi era successo durante quei giorni era la dimostrazione che non esisteva avvero un posto sicuro per me.
Pensai all'incidente di qualche giorno prima con Alex.
C'era qualcuno che mi cercava, su questo sembravano non esserci più dubbi. E se la vicinanza dello Sconosciuto mi tranquillizzava, non significava che non provassi paura, angoscia.

<<Vieni>> gli dissi, in un sussurro <<torniamo dentro.>>

Lo Sconosciuto sembrava voler fare qualcos'altro, ma poi fece alcuni passi indietro e ritornammo nella nostra stanza.

Mi sedetti sul letto, mentre lui si avvicinò al balcone che dava sulla strada e guardò sotto, rimanendo coperto in parte dal vetro.

<<Non siamo al sicuro, Rose. C'è qualcuno, qui vicino.>>

Scossi la testa, mi passai una mano tra i capelli. Avevo ancora addosso il suo profumo.
Lui si sedette sul letto e si avvicinò a me.

Mi abbracciò, ed io appoggiai la testa sulla sua spalla.

Mi lasciai andare, respirando lentamente, permettendo al mio corpo di provare, per un istante, a rilassarsi. A lasciare che tutta la tensione che mi portavo dentro si allentasse.

Chiusi gli occhi e alla fine mi addormentai addosso a lui, sicura che i suoi sarebbero rimasti aperti per me.

Fu il rumore della pioggia a risvegliarmi il mattino seguente. Continuava a cadere incessante, e l'aria che entrava dal balcone socchiuso era fresca, pulita.

Lo Sconosciuto mi guardava, e sembrava più rilassato di quando mi ero addormentata.

<<Buongiorno>> mi disse.
<<Buongiorno>> risposi, strofinandomi il viso.

Ci pensai.
Era la seconda volta in due giorni che mi svegliavo accanto a lui. Ed era una sensazione nuova, strana.
Pensai al modo in cui mi aveva baciata qualche ora prima. Al calore che ci eravamo scambiati. Aveva smosso qualcosa in me. Sensazioni, odori, colori. Battiti del cuore che fino a poco prima erano rimasti nascosti in profondità.

<<Andiamo, Rose. Voglio lasciare questo posto in fretta.>>
Lo guardai, mentre onde di pensieri mi incedevano la mente.
<<Sei riuscito a dormire, stanotte?>> Mi alzai, mi diressi verso il bagno, poi mi voltai verso di lui: <<Tu dormi, in effetti?>> gli chiesi, sorridendo.

Lui alzò le sopracciglia, fu sul punto di dire qualcosa e poi invece non lo fece.
Alla fine sorrise, si avvicinò a me, mi baciò.

Mi lavai, mangiammo qualcosa e dopo una mezz'ora chiamammo un taxi al quale lo Sconosciuto comunicò un indirizzo.

<<Come sai dove abita il detective Dunn?>>
Mi pentii della mia domanda non appena ebbi finito di parlare. Ogni volta che gli chiedevo qualcosa mi rendevo conto, alla fine, di quanto stupidi a lui dovessero sembrare i miei interrogativi. Non era d'aiuto per quanto riguardava la mia autostima, ma mi veniva spontaneo.

Mentre il taxi continuava ad attraversare la città, sentii il mio cellulare suonare. Lessi sul display "mamma".

<<Pronto, mamma. Ciao. Come stai?>> le chiesi, davvero felice di sentirla.

<<Rose, tesoro. Bene, e tu?>>

<<Tutto bene, mamma.>>

Mi chiesi se Mitch le avesse detto che avevo scoperto di essere stata adottata. Gliene avrei voluto parlare, naturalmente, ma non al telefono.

<<Come va a Saint Claire?>> le chiesi.

<<Così. Non benissimo. È scomparsa un'altra ragazza, Rose. Penso proprio che la scelta di farti tornare a Mainwood sia stata la migliore. La città è sotto controllo, gli uomini dello sceriffo sono ovunque. Soprattutto nei pressi del lago. Ma a quanto pare non è bastato. Non basta.>>

Annuii, mi guardai le mani. Sentii lo sguardo dello Sconosciuto addosso.

<<E tu come stai, mamma?>> Ormai ero sicura che Mitch non le avesse parlato della mia scoperta, altrimenti me l'avrebbe già detto.

<<Io sto bene.>>
<<E lo sceriffo O'Hara?>> le chiesi, in un sussurro.
Cecile rimase qualche istante in silenzio, poi mi rispose.

<<Lui..è ok. Cerca di prendersi cura di me, in realtà. È una brava persona. E poi se non ci fosse lui sarei completamente sola>> si fermò qualche istante, poi riprese <<mi manchi, Rose. Mi manchi tantissimo.>>

Tornai a guardare la pioggia che cadeva sulla strada di Jamestown.

Il taxi svoltò in una stradina sterrata, percorse qualche centinaio di metri ancora e poi rallentò fino a fermarsi. Eravamo arrivati.

<<Anche tu mi manchi, mamma. Adesso... Adesso devo andare. Ma ti prometto che richiamerò presto.>>

La sentii sospirare all'altro lato del telefono.

<<Ciao, Rose. Ti voglio bene anche io. A presto, allora.>>
<<A presto>> le dissi, cercando, senza successo, di allontanare da me quella sensazione di nostalgia che, improvvisa, aveva incominciato ad avvolgermi.

Lo Sconosciuto pagò mentre io infilavo il cellulare nella tasca dei jeans.

Aprii la portiera, pronta a scendere dal taxi.

Poi fu solo un attimo.

Ebbi un presentimento che, nel giro di pochissimi secondi, si trasformò in una sensazione terribile. Qualcosa di imminente e incontrollabile.
Qualcosa che riguardava mia madre.

Cecile.

Rose e lo SconosciutoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora