Atto sette.

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Atto sette – Mi rende molle, al tatto, quando mi sfiora. E non lo sa nemmeno; è così ingenuo, eppure sembra avere le mani di fuoco.


Nel mezzo della notte, proprio quando sentivo gli occhi farsi più stretti, quando il buio si faceva più scuro mentre sentivo il suo profumo, mi si contraevano le gambe. E il basso ventre faceva giri vorticosi, che dovevo trattenere.

Che mai mi ero trovata in tali posizioni con un uomo, e mai avrei pensato che tutto potesse essere così casto e semplice, come un abbraccio di poca importanza. I pensieri più sporchi colpivano me, alla testa, e a lui nemmeno per sogno.

Dormiva, profondamente. Con il mento sulla mia testa e il fiato a colpire i miei capelli, mentre mi stringeva quel tanto da farmi sentire che c'era. E io ero incastrata non solo tra le sue braccia grandi e robuste, ma pure tra tutto quello che mi gettava addosso: per esempio, il fascino.

Ché Harry era bello da morire, senza scherzare. Era un ragazzo meraviglioso, la creatura più gioiosa e umile che potesse essere mai esistita: la meno maliziosa, la meno propensa a toccarmi con ardore e volere, con possessione.

No, no no. Lui queste parole nemmeno le conosceva. No! Proprio no, lui no. Lui se ne stava ancora incastrato in un passaggio dall'infanzia mai avvenuto, ancora restava stupito dalle cose semplici, ancora s'incantava a sentirmi parlare, raccontare, spiegare. Perché era curioso come poche persone al mondo, Harry.

Tale descrizione dovrebbe – in poche parole – tirar fuori una persona che mai penserebbe a passione e intesa sessuale. Non le conosceva!, era come parlare ad un sasso. S'era fatto lavare da me, si era permesso di guardarmi e l'aveva fatto senza la benché minima intenzione di farci pensieri fuori dalla sua concezione di affetto.

Solo che era nato proprio per farla sentire, l'intesa sessuale.

Pure involontariamente. Che volete, era proprio così. Ci dormivi a fianco e subito ti sudavano le mani, ti si contorceva lo stomaco, le gambe si muovevano in tumulti come scosse, ti veniva da farti sempre più vicino a quel corpo che, Signore mio, urlava toccami ogni volta che lo vedevi.

Lui era così. Ci sono stati istanti, in quella notte, che avrei voluto solo gettarmici addosso. Ficcare le mani nei suoi capelli e guardarlo mentre lambiva il mio corpo come se le sue labbra fossero piume.

Il desiderio sessuale più forte che avessi mai provato nella mia vita: ché di episodi del genere, uno o due ne avevo avuti. Era insopportabile, mi prudevano i palmi delle mani.

"Bo?"

E mi sentii morire. La frustrazione nel sentire la sua voce bassa e roca, graffiante. La contestualità in cui m'ero gettata era diventata una tortura, non riuscivo a chiudere occhio, inoltre, come se già non fosse abbastanza, avevo rovinato tutto: come avrei fatto a stargli vicino, ancora, senza pensare al fatto che mi attraeva fisicamente in un modo molto poco lieve?

Strappargli momenti di grazia nei modi più svariati era una soluzione; sfruttare la sua ingenuità, lo stesso. Ma mi sentivo così in colpa, già prima di farlo.

"Che hai? Non dormi?" – e si alzò un po', guardandomi.

Sentirsi vulnerabili a tal punto da avere la sensazione di sprofondare nel letto maggiormente.

"No, ho- ho solo mal di pancia, eh..." – tubai, cercando di buttar giù un brutto groppo che tenevo nella gola.

"Mica stai scomoda? Forse il letto è troppo piccolo" – e fece per alzarsi, ma io lo fermai subito, trattenendolo da un polso.

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