31. Una chiamata inaspettata.

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PoV Will.

Per un momento pensai davvero che a bussare alla mia porta fu mio padre, ormai era un incubo costante, tuttavia quando andai ad aprire mi accorsi che era Nico. Indossava gli stessi vestiti di prima, solo che questa volta aveva il viso leggermente più rosso.

«Ehm, ciao.» mi disse con aria timida, abbassando lo sguardo e tenendo le braccia incrociate.

«Nico... che ci fai qui?» lo guardai, preoccupato.

«Ehm, posso entrare?» mi disse allora, mordendosi il labbro.

«Oh, certo. Entra.» risposi, spostandomi di lato per lasciarlo passare.

Entrò, rabbrividendo, in casa mia, prima di sedersi sul divano e portarsi le ginocchia al petto.

«Grazie...» disse infine, con voce cupa.

Restai a fissarlo per un momento, prima di andare a prendere una coperta. Tornai in salotto poco dopo, poggiando la coperta sulle sue spalle per scaldarlo e sedendomi accanto a lui. «Tutto okay?»

Non mi rispose. I suoi occhi, notai, in quel momento erano leggermente più lucidi.

«Nico...» dissi allora, e quando cominciò a piangere sentii un nodo in gola incredibile. Lo strinsi forte, dandogli alcuni baci sulla guancia. «Che hai?»

Scosse appena il capo, staccandosi dal mio abbraccio ed asciugandosi le guance bagnate. «Niente, sciocchezze.»

«Hai di nuovo litigato con i tuoi genitori?»

Il corvino annuì. «Non mi va di stare a casa, vorrei passare un po' di tempo con te.»

«I tuoi lo sanno?» dissi allora, poggiando una mano sul suo ginocchio.

Scosse il capo, e io sospirai. «Nico, stare con te mi farebbe piacere, ma credo che sia meglio se tu vada dai tuoi e cerchi di chiarire.»

«Ci ho già provato.» disse, esasperato.

«Così staranno in pensiero per te.»

«Non m'importa.»

«Nico...» sbuffai. «Non essere testardo.«

«Senti, Will, tu non sei nessuno per dirmi cosa devo o non devo fare.» roteò gli occhi, visibilmente irritato. «Se vuoi che me ne vada lo faccio volentieri, ma a casa non ci torno.»

Si alzò, e io restai a fissarlo per un po', prima di dire:« Non voglio che tu te ne vada. Dai, siediti.»

Indugiò un attimo, prima di sedersi accanto a me e stringersi nelle coperte, sbuffando.
Sembrava davvero giù di morale, potevo notarlo dalla sua espressione, inoltre fuori faceva davvero freddo.
Così, decisi di alzarmi e andare a preparare qualcosa di caldo da bere per entrambi.

Tornai in salotto con due tazze fumanti di cioccolata calda e un vassoio su cui erano poggiati dei biscotti, quando porsi la seconda tazza a Nico, il minore subito cominciò a bere.

«Attento, che è bollente.» dissi allora, sorridendo dolcemente.

Il corvino non parlava affatto, e io, spinto dalla curiosità, gli domandai: «Come mai avete litigato?»

Si morse il labbro, cominciando poi a mangiare un biscotto. «È che se la prendono con me per ogni cosa, e mi dà fastidio. » alzò le spalle.

«Mh..» decisi di non dire altro, anche perché non volevo innervosirlo ancor di più.

Continuai a bere la mia cioccolata, quando ad un certo punto Nico, dopo aver posato la tazza vuota sul tavolino, poggiò la testa sulla mia spalla e socchiuse gli occhi.

Solangelo || Una mattina d'inverno.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora