I.

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Fin da piccola, sono sempre stata una bambina eccentrica, piena di vita e molto socievole.
Ho sempre avuto quella voglia di esplorare il mondo, di andare fuori dalle mura di casa e di fare un bel giro per la città, all'aria aperta.

Le strade di Varsavia mi hanno sempre affascinata, specialmente d'inverno. È la cosa che ho amato si da piccola: l'inverno.

Non per le temperature rigide e le nevicate intense che si verificavano quasi ogni giorno, ma per il Natale e le stradine tutte decorate per la grande festa che si sarebbe svolta il 25 Dicembre.

Mi piaceva molto andare a scuola e studiare, a differenza di tutte le mie compagne di classe. Si, eravamo una classe completamente al femminile.
Nel mio quartiere, le classi delle varie tipologie di scuole sono sempre state o solo maschili o solo femminili.

Uso il passato, perché ora la mia città è sempre grigia, cupa e senza movimento.

Mio padre non mi lascia più uscire per le mie amate stradine della città perché ha paura.

Il clima che si respira ora a Varsavia è questo: clima di terrore.

Questo dopo che i Nazisti di Hitler hanno invaso la mia terra facendola propria, senza alcuna pietà per la povera gente come me.

Dico così perché io sono ebrea.
Vado sempre in giro con la stella di David ricamata su ogni mio vestito perché, se non mostravo a tutti il fatto che ero una giudea, diceva mio padre, che mi avrebbero fatto fare la fine delle bestie al macello, ovvero mi avrebbero giustiziata e lasciata lì, in mezzo alla strada come un animale.

Non ho fatto le dovute presentazioni.

Mi chiamo Joannah, ho ventidue anni e sono sempre stata a Varsavia, la città che amo.

Mio padre, Isaiah, è un banchiere di quarantadue anni. Lui non è originario della Polonia. Lui è nato a Mosca ma, dopo la Rivoluzione del 1917 si è trasferito a Varsavia con mia nonna Ruth e mio nonno Jeremiah.
I miei nonni paterni sono morti due anni fa e ci sono rimasta davvero male.
Ero molto legata a loro, in particolare a mia nonna Ruth. Era la mia roccia, la donna più coraggiosa e gentile del mondo.

Mia mamma di chiamava Eddith e, quando è morta, aveva poco più di trent'anni.
È morta partirendo il mio fratellino Jeremiah, che ora ha 12 anni.

Aveva avuto delle complicanze in gravidanza e, purtroppo, non è riuscita a tenere duro fino alla fine.

Ad un certo punto, sarà stata al settimo mese di gestazione, mia mamma è svenuta e mio papà è corso subito nell'ambulatorio più vicino che, a nostro malgrado, non aveva le attrezzature adatte e mia mamma è deceduta qualche ora dopo, nel momento in cui Jeremiah ha emanato il suo primissimo pianto.

Lui non si ricorda della mamma. Non l'ha mai vista, né conosciuta.

Gli racconto sempre alcune storielle che ritraevano mia mamma e mio papà. Mentre le racconto tuttora, mi metto a piangere perché mi manca.

Voglio che ritorni da me, che mi culli fra le sue braccia, voglio che mi canti le canzoni che, prima della guerra, sentivo sempre in chiesa, voglio che mi legga le storie..

Voglio indietro mia mamma.

Vedo spesso papà che, quando torna dal lavoro, si fa vedere felice ma io so che non lo è. A lui manca la sua migliore amica, la sua anima gemella, l'amore della sua vita, la madre dei suoi figli.

Non sono stata la figlia che tutti vorrebbero, totalmente il contrario della ragazzina ebrea tutta composta, che si vestiva bene femminile.

Ero completamente un maschiaccio, avevo un comportamento molto allegro, esuberante e ero molto iperattiva, non stavo mai ferma.

Siamo in questo rifugio a Varsavia dal 1940, ben due anni.
Quando abbiamo saputo che i Nazisti avevano conquistato il territorio polacco e che le leggi antisemite di Norimberga erano state attuate anche qui, abbiamo deciso di nasconderci a casa della mia migliore amica Uma.

Lei non è ebrea. Ha origini tedesche ma, verso gli anni '20 si è trasferita in Polonia perché il padre aveva perso il lavoro e sua madre aveva tutta la famiglia qui.

Poi alcuni miei amici ebrei, mi ha detto Uma, sono spariti, senza un motivo, dal Ghetto della città e, a queste parole, mio padre ebbe ancora più paura di quella che aveva prima, si è intensificata.

Anche io ebbi paura, perché non volevo che mi staccassero da mio fratello e mio padre. Non voglio lasciarli.
Sento una voce dentro di me che dice che devo proteggerli, non devo abbandonarli.

Non pensavo che la mia paura più grande si sarebbe materializzata qualche giorno dopo.

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