Dopo esserci fatti trasportare alla passione, torniamo nel mondo reale, dove io sono la prigioniera e lui è il mio carceriere che si deve sposare.
"Jan, non è giusto nei confronti di Sofia. Se Hund lo venisse a scoprire?" domando io, molto preoccupata.
"Hund non lo scoprirà mai, perché questa volta saremo più cauti. Non preoccuparti di Sofia. So che non dovrei illuderla, ma i miei sentimenti per te sono davvero forti. Non appena ho trovato il modo di uscire da qui, io e te saremo liberi di essere quelli che abbiamo sempre desiderato" dice lui, baciandomi.
Sento dei passi in lontananza che vengono verso la nostra direzione. Poi una voce.
"Tesoro? Dove sei finito?" sento uscire dalla bocca di Sofia con un tono davvero irritante.
"Dammi un pugno Jan" dico io, seria.
"Non ti alzo le mani addosso. Mi sono promesso che non ti avrei mai più alzato le mani. Non me lo perdonerei mai se lo facessi" dice lui.
"Fallo!" dico io, in lacrime.
Per rendere la cosa credibile, io devo piangere, come farebbe una persona nella mia situazione, che sta per essere picchiata."No" dice lui, fermo nella sua decisione, ma nel frattempo Sofia si sta avvicinando alla nostra posizione.
"Mi hai abbandonata qui, in questo posto dimenticato da Dio, dicendomi in lacrime che ti importava di me, ma la verità è che a te di me non è mai importato nulla, volevi solamente farti passare una voglia che stando qui ovviamente non potevi soddisfare. E io che ho creduto che a te importasse qualcosa di me, che mi avresti salvato e che avremo vissuto la vita che ci meritavamo. A te importa solo di te stesso e di quello che pensano gli altri, i tuoi genitori, senza pensare che dall'altro c'è una persona che ha perso tutto il cui unico punto di riferimento era una persona sbagliata. Fallo Jan!" dico all'Ufficiale, cercando si scaturire in lui quella reazione che mi serviva per non farci scoprire dalla sua futura moglie e ciò non tarda ad arrivare.
Prima comincia con un pugno sul viso, poi con un altro, ma con forza maggiore, tanto da farmi cadere a terra, con il sangue che esce dal naso.
Si abbassa e mi sussurra una cosa all'orecchio.
"Mi dispiace di averti fatto del male. Non volevo colpirti, ma non mi hai lasciato scelta. Quelle parole mi hanno ferito, amore mio" dice lui e poi si rialza in piedi accanto a me.
In quel momento quella oca bionda si avvicina al mio Jan.
"Perché ci hai messo così tanto?" domanda la donna, seccata.
"Volevo vedere fino a che punto questa bestia era capace ad arrivare per salvarsi" dice guardando prima la compagna e poi me, che sono ancora stesa a terra a piangere.
Il suo sguardo dice tutto: è devastato.
Heiffen, che dopo qualche secondo raggiunge Sofia, mi viene incontro e mi aiuta ad alzarmi da terra.
"Jan! Ho bisogno di lei! La prossima volta, pensaci bene a dove colpirla, il suo visetto mi serve parecchio per tenere a bada gli altri. Da quando c'è lei, sono meno scorbutici" dice lui, guardando Jan con un'espressione che parla da sola. È contrariato.
Non appena rientriamo nella stanza, lui corre subito verso la cassetta dove tiene le medicazioni e mi cura.
"Che diavolo è successo là fuori?" domanda, arrabbiato Heiffen.
"Sono stata io a chiedere di darmi un pugno a Jan. Doveva sembrare credibile la storia davanti a Sophia" dico io, mentre il Dottore mi cura.
"Vi siete chiariti?" domanda lui, guardandomi con uno sguardo malizioso.
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WIE EINE SCHWARZE ROSE
Ficção HistóricaVarsavia, 24 Gennaio 1942. Johanna, una ragazza ebrea, sta festeggiando il suo compleanno con il padre e il fratello, ma non è un compleanno come tutti gli altri. Da ormai molto tempo Johanna è nascosta nella casa della sua amica Uma perché i tedesc...