XXIX.

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I mesi passano, ma il dolore per quelle parole aumenta ogni volta sempre di più.
Sono passata dall'essere speranzosa e piena di amore all'essere completamente vuota, senza nessun motivo di portare avanti la mia insignificante vita, fatta eccezione per mio figlio.

A proposito, la gravidanza sta procedendo alla grande, anche se il fatto che la pancia non mi sia cresciuta molto mi preoccupa un po', ma penso che sia tutto dovuto al fatto che non mangio come dovrei e il piccolo è meno sviluppato rispetto alla media.

Parlo del piccolo sempre al maschile, ma spero vivamente sia una femmina.
Non che se avrò un maschio non lo voglia più, ma una bambina mi darebbe una connessione maggiore, come quella che avevamo io e mia madre.

Ripensando a lei, non penso che sarò così brava e buona come lei, perché non sono affatto come lei. Mi hanno sempre paragonata a lei anche nei modi di fare di quando aveva la mia età, ma la verità è che se mi vedesse in questo stato, stenterebbe a riconoscermi.

La sua bambina, quella piena di vita e voglia di amare non esiste più. Al posto suo c'è un essere senza vita e senza anima che cammina.

Oggi vado a lavorare da Heiffen, anche se lavorare con lui non penso mi sia molto più di aiuto ormai. Sta cominciando a diventare una vera e propria tortura, come è giusto che sia nel Campo.

"Johanna, sono davvero preoccupato per te. Non mangi la tua razione ormai da mesi e questo non fa bene al bambino" dice lui, non appena metto piede nella stanza.

"A te che importa?" domando io, arrabbiata.

"Non solo io sono preoccupato per la tua situazione. Ti prego, mangia almeno questo" dice, porgendomi un pezzo di pane, ma io lo getto a terra.

"Chi altro è preoccupato? Jan? Dubito che lo sia, altrimenti non mi avrebbe abbandonata dicendomi che era per il mio bene, quando in realtà le cose sono diverse" dico io, arrabbiata sempre di più.

"Si, Jan è molto preoccupato. Sai benissimo che per lui non è stato facile fare tutto quello che ha fatto, ma non aveva scelta. Ti vuole bene ed è per questo che lo ha fatto. Per te non sarebbe stato sano" dice lui e io mi metto a ridere.

"Ma davvero ha detto questo? Quindi, secondo lui, abbandonarmi in questo posto dimenticato da Dio e andare a spassarsela con una tedesca che non gli crea problemi significa proteggermi e volermi bene? Voi tedeschi avete un concetto un pochino contorto di voler bene ad una persona. Non voglio nemmeno più sentire le sue scuse" dico io, mettendomi il solito camice bianco.

"Ne riparliamo dopo ok?" dice Heiffen, mentre dei passi si avvicinano alla porta.

"Non ne riparliamo più perché è indifendibile" dico io, mentre la porta di apre.

Entra una donna sulla ventina, o forse poco più, bionda e molto sicura di sé.
Dai lineamenti, capisco che è tedesca.

Sarà la compagna di una delle guardie?

Appena incrocia il mio sguardo, l'odio che prova per me e per la mia gente si nota in maniera molto forte.
Il suo odio per me sembra avere una cosa di diverso: sembra che sia una cosa personale, oppure è solo una mia paranoia. Il fatto è che questa donna non l'ho mai vista.

"Salve, Dottore. Mi chiamo Sofia e sono appena arrivata da Berlino. Io e il mio futuro marito stiamo facendo il giro di tutto il Campo per salutare e presentarci" dice, con un tono di voce molto irritante.
Già non la sopporto.

"Benvenuta al Capo di Auschwitz, Sofia. Spero abbia un buon soggiorno. A quando le nozze?" domanda Heiffen, curioso.
In questo momento assomiglia molto alle donne zitelle che abitavano vicino a me a Varsavia prima del Nazismo. Chissà se sono ancora lì!

"Il mio compagno vuole aspettare il rientro a Berlino, dopo la Guerra, ma io spero che cambi idea. Non mi interessa se ci sposiamo in questa discarica, l'importante è che lui diventi mio, che alla bella cerimonia possiamo pensarci più avanti" dice lei e io non so come mi riesco a trattenere davanti a questa oca giuliva.

Il suo compagno deve avere avuto una sbronza colossale quando le ha fatto la proposta! Nessuno con un minimo di sanità mentale si sarebbe messo con una del genere, eccetto Hund: questa donna sembra proprio fare al caso suo!

"Sono convinto che cambierà presto idea" dice lui, sorridendole.

"Questa che ci fa qui? Non dovrebbe essere tra il carbone con il resto dei prigionieri?" domanda lei, con tono sprezzante.

"Lei è la mia assistente. Il precedente prigioniero non è stato come mi aspettavo ed è stato punito per la sua indolenza da parte del mio Capo, il Dottor Mengele" dice lui, indicandomi.

"Benvenuta ad Auschwitz, signora. Spero abbia una buona permanenza" dico io, cercando non solo di essere buona ed educata con quella strega, ma anche cercando di nascondere l'odio mio nei suoi confronti.

"Guardi che modi dottore! Parla senza  che le abbiamo dato il permesso! E poi mi ha chiamato signora! Non ho mica settant'anni!" dice lei, come se le mie parole fossero un affronto.

Questa non ha mica tutti i neuroni a posto.

"Quando arriva il suo compagno?" domanda Heiffen, impaziente di conoscerlo.

"Sta parlando con Peter Hund, uno dei responsabili. Ha detto che avevano una questione ancora in sospeso con lui" dice Sofia, con un tono scocciato.

Lei viene da Berlino, il suo compagno è nuovo ad Auschwitz e ha un conto in sospeso con Hund?

Non può essere lui. Non può essere.

Se fosse così, non so come potrei reagire una volta che è qua dentro.
Le emozioni che provo ora sono un misto tra rabbia, amore e paura.
Rivederlo dopo mesi potrebbe essere molto diverso da come mi aspettavo, come se davanti a me si presentasse una persona qualunque, ma la verità è che non è una persona qualunque: è l'amore della mia vita e il padre di mio figlio.

"Non appena arriva, darà una bella lezione a questa bestia. Così impara a parlare quando non le è concesso" dice, guardandomi con lo stesso sguardo di quando è entrata, avvalorando così la mia teoria.

Heiffen non le dice nulla, forse perché sa chi si presenterà a quella porta e penso che abbia finto di Jon saperlo da quando quella donna è entrata.

Probabilmente lui sapeva anche del matrimonio e quando mi ha chiamata per abbandonarmi forse le aveva già fatto la proposta.

Non passa molto, prima che la porta si apra.

Accanto alla donna si mette accanto un Ufficiale, che faccio quasi fatica a riconoscere.
Il viso, l'espressione e la barba lo hanno molto cambiato, ma lo sguardo, quando incrocia il mio, non è cambiato di una virgola.

"Dottore, lui è l'Ufficiale Jan Kessler, il nuovo responsabile delle miniere del Campo. Si dice che quello prima non stesse facendo un buon lavoro" dice lei, attaccandosi a lui come una cozza.

Il mondo mi è appena crollato addosso.
Spero che questo sia un incubo e che qualcuno mi svegli presto.

WIE EINE SCHWARZE ROSE Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora