capitolo 19

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Finalmente rieccomi..! Vi consiglio di rileggere il capitolo precedente dato che è da tanto che la storia è bloccata.

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Mi sveglio sudata, ho fatto di nuovo quel sogno. Tiro giù le coperte e mi soffermo a guardare la figura di Andreas, che in questo momento dorme beato. Ieri è stato molto premuroso, non me lo sarei mai aspettata da lui.
Gli squilla il telefono, è un messaggio.
Sono combattuta sul fatto di leggerlo o meno, so che dopo avrò i sensi di colpa, ma la curiosità ha la meglio.
Il mittente è memorizzato sul telefono come " lei", un pronome personale. Che strano! Apro il messaggio:

Chiamami subito, ho bisogno di parlarti! Ricordati abbiamo sbagliato insieme e le conseguenze le pagheremo insieme. Quindi è meglio per entrambi che lui non sappia.

Chi non deve sapere? Che cosa hanno fatto? Che cosa nasconde Andreas? E chi è la donna del messaggio.

<<Perché hai il mio telefono in mano?>> La voce calda di Andreas mi fa sussultare.
<<Ehm...credevo fosse il mio...! Oh...ehm.. ti è arrivato un messaggio>> Mi giustifico mortificata. Lui mi toglie subito il telefono dalle mani.
E quando legge il messaggio, butta il telefono dall'altro capo della stanza facendo un fracasso micidiale.
<<Sei impazzito?>> Lo rimprovero.
<<Chi ti ha dato il diritto di prendere il mio telefono? Fuori di qui!>> Mi sta cacciando? Brutto figlio di una buona donna!
Mi alzo dal letto senza pensarci due volte e esco dalla stanza sbattendo la porta.
Mi gira ancora un po' la testa, sarà per via della febbre, ma sento che devo andarmene via subito. Non posso mettere a repentaglio la vita di mia sorella, di Lucas o di Andreas, è una cosa che devo sbrigarmi da sola.
Mi vesto alla bell'e meglio e prendo il borsone che ho fatto di corsa a casa mia, prima di venire qua. Scendo le scale di corsa senza fare rumore e esco fuori di casa.

Quando sono fuori dal cancello, mi viene una crisi di panico. Sono sola, è ancora buio, dato che sono solo le quattro del mattino e non ho una macchina. Proseguo a piedi, con la speranza che passi qualcuno e che mi dia un passaggio, ma nulla da fare, alla fine dopo aver proseguito per un bel pò a piedi vedo una panchina e ormai senza forze, mi decido a sedermi.

In lontananza vedo i fari di una macchina e istintivamente mi alzo e agito le mani per farmi notare. La macchina accosta e il guidatore abbassa il finestrino.
<<Ehm..mi scusi, potrebbe darmi in passaggio fino ad un albergo qui vicino?>> Chiedo educata.
<<Certo signorina, salga subito, non dovrebbe andare in giro tutta sola a quest'ora della notte.>> Il tizio del passaggio, risulta essere una persona molto gentile, ma ho come l'impressione che io l'abbia visto già da qualche altra parte.
<<Ecco siamo arrivati!>> La macchina di ferma davanti ad un piccolo ostello, mi sembra un luogo perfetto dove poterci passare la notte.
<<Grazie mille!>> Lo ringrazio e scendo dalla macchina.
<<Si figuri Venere!>> Mette in moto e riparte. Che strano, non mi ricordo di avergli detto il mio nome. Sarà la febbre!

Fortunatamente trovo una piccola stanza dove potermi riposare e non pensare a nulla fino a Lunedì, il giorno della partenza.
Il telefono comincia a squillare, è Andreas, non rispondo, ma per non farlo preoccupare decido di mandargli un messaggio per dirgli che sto bene.
Dopo spengo tutto e decido di appisolarmi.

Quando riapro gli occhi ho un dolore martellante alla testa. E mi ricordo di non essere a casa mia.
Accendo il telefono e vedo che sono le 11:00 del mattino, mi alzo, mi rivesto ed esco fuori. Lascio le chiavi della camera alla piccola receptionist e mi incammino. Oggi è una tipica giornata autunnale, il cielo è plumbeo e sembra che tra poco voglia mettersi a piovere.

Entro in un bar e faccio colazione, oggi ho proprio fame. Il telefono comincia a squillare, è di nuovo Andreas, ma non rispondo.
Squilla altre cinque o sei volte, ormai ho perso il conto e poco dopo me lo ritrovo seduto accanto.
<<Dove cazzo sei stata?>> Mi chiede con tono perentorio.
<<Non credo che siano affari tuoi! E come diamine hai fatto a trovarmi?>>
<<Ho i miei mezzi! Finisci di mangiare e andiamo!>> Mi ordina come se fossi una bambina.
<<Con te non vengo da nessuna parte.>> Ribatto acida.
<<Non farmi contare fino a tre Venere, altrimenti ti carico in spalla qui davanti a tutti.>> Lo guardo di sbieco, so che lo farebbe, ma decido di sfidarlo lo stesso.
<<Smettila di dire cazzate!>>

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